La denominazione Buisson, J. si riferisce a Jean Buisson, costruttore e inventore attivo in Francia nella seconda metà del XIX secolo, e precisamente a Parigi, città che in quel periodo era uno dei principali poli mondiali per l’innovazione fotografica e ottica. Il nome Buisson compare in numerose fonti tecniche, cataloghi, riviste specializzate e atti di esposizioni industriali francesi, associato alla produzione e alla sperimentazione di fotocamere, ottiche e dispositivi accessori destinati sia all’ambito amatoriale avanzato che a quello scientifico e documentario.
Nato probabilmente tra il 1830 e il 1840, Jean Buisson fu allievo dell’École des Arts et Métiers, e operò inizialmente come meccanico di precisione e tornitore, prima di avviare una propria officina nel 1868 nella zona di Rue des Bernardins, nel V arrondissement di Parigi. Da qui cominciò a produrre camere fotografiche a cassetta e a soffietto, otturatori, obiettivi semplici e accessori per camera oscura, distinguendosi per l’attenzione al dettaglio e per la costante attività brevettuale.
Il contesto parigino dell’epoca era particolarmente fertile per figure come Buisson. La presenza di giganti come Darlot, Hermagis, Derogy, Dubroni, e Jamin, non impediva a piccoli produttori di affermarsi, soprattutto se capaci di proporre soluzioni tecniche nuove o se in grado di rispondere a bisogni specifici. Buisson si impose presto come artigiano costruttore indipendente, capace di progettare sistemi fotografici completi o accessori per il perfezionamento di fotocamere esistenti, tra cui regolatori meccanici di esposizione, telai da contatto, torce di sviluppo e sistemi per la riproduzione di documenti.
Nel Salon de la Photographie del 1874, Buisson ottenne una menzione d’onore per una fotocamera a doppia estensione con guida a cremagliera e bloccaggi indipendenti per basculaggio e decentramento, che anticipava soluzioni adottate solo anni dopo da marchi industriali. La sua attività si protrasse fino agli inizi degli anni ’90 dell’Ottocento, come risulta dai registri della Chambre Syndicale de la Photographie, e si estinse probabilmente con la sua morte, avvenuta poco prima del 1900.
La produzione della Buisson, J. fu ampia ma mai seriale. Non si trattava di una fabbrica ma di un atelier tecnico specializzato, in grado di costruire fotocamere su ordinazione, con componenti personalizzati e impostazioni adattate alle esigenze dei clienti. Il modello di lavoro seguito da Jean Buisson era quello della bottega artigiana di alta gamma, molto vicino a quello di costruttori come Bourquin o Bissonnet, piuttosto che all’industria vera e propria.
Tra i modelli più rappresentativi vi è la Buisson Universelle 13×18, una camera a soffietto per lastre in vetro, costruita in noce lucidato a gommalacca, dotata di piastre mobili anteriori e posteriori, con basculaggio indipendente e sistema di estensione a doppia cremagliera. Il soffietto, realizzato in pelle naturale cerata, era cucito a mano e montato su telaio scorrevole con serrature in ottone brunito. Il piano di messa a fuoco era collegato a una vite elicoidale di regolazione fine, mentre il piano ottico anteriore consentiva l’uso di obiettivi di diverse lunghezze focali tramite un anello filettato universale.
La compatibilità con ottiche Darlot, Derogy, e Bérthiot era garantita, ma Buisson proponeva anche obiettivi propri, tra cui spicca il Buisson Achromatique 200mm f/8, un obiettivo a due lenti con trattamento antiriflesso elementare (secondo i metodi pre-Tessar), pensato per fotografia architettonica e scientifica. L’otturatore veniva fornito su richiesta, con opzioni a guillotine, a doppio pistone o manuale a scatto ritardato. Le versioni più sofisticate erano dotate di otturatore rotante con tempo variabile, calibrato tramite una scala graduata visibile sul lato sinistro del corpo macchina.
Accanto alle fotocamere Buisson sviluppò anche strumentazione ausiliaria, come lampade a petrolio per sviluppo controllato, visori per lastre positive, telai per emulsione a bagno e dispositivi ottici per la microfotografia, destinati ad ambienti universitari e medici. Alcuni dispositivi firmati “J. Buisson – Paris” sono stati ritrovati in collezioni di strumenti ottici appartenenti all’Université de Paris e al Conservatoire des Arts et Métiers.
Un’innovazione significativa fu la “Buisson Réflexographe”, un sistema ibrido tra fotocamera a lastre e camera reflex da banco, in grado di proiettare l’immagine su uno specchio inclinato regolabile tramite leva esterna. Questo strumento, pur rimanendo in fase prototipale, fu presentato al Salon del 1882 e descritto in articoli tecnici della Photographie Française Illustrée. È oggi considerato un precursore dei sistemi reflex per riproduzione industriale.
La finitura degli apparecchi Buisson era sempre curata nei minimi dettagli. I componenti metallici erano torniti a mano, le ghiere numerate al bulino, e ciascuna fotocamera riportava una placca identificativa in smalto bianco con firma e numero di produzione. Non esistono due fotocamere Buisson identiche, e proprio per questo ogni esemplare sopravvissuto rappresenta una testimonianza diretta dell’artigianato fotografico francese tardo-ottocentesco.
La clientela di Buisson era formata da un pubblico selezionato: fotografi professionisti, illustratori, accademici, tecnici del mondo scientifico, e in alcuni casi anche viaggiatori e disegnatori topografici. La produzione limitata e la cura nella realizzazione rendevano le sue fotocamere inadatte a una diffusione massiva, ma altamente desiderabili per ambienti di prestigio. Non mancano tracce di commesse istituzionali, in particolare da parte della Société Française de Photographie, della quale Buisson fu membro occasionale, come risulta dagli elenchi degli associati del 1879.
L’atelier ebbe clienti anche fuori dalla Francia, specialmente in Svizzera, Belgio e Italia settentrionale, dove le fotocamere Buisson erano distribuite attraverso case commerciali come Maison Gaudin e J. Geiser & Cie. Alcune spedizioni risultano documentate nei registri doganali del porto di Marsiglia, con destinazione verso l’Algeria e la Tunisia, segno che alcuni suoi apparecchi furono impiegati in ambito coloniale per scopi scientifici o etnografici.
Dopo il 1890 l’attività di Buisson rallentò, sia per questioni anagrafiche che per la crescente industrializzazione del settore. I grandi marchi come Kodak, Voigtländer, Thornton-Pickard e ICA stavano imponendo un nuovo paradigma produttivo, fondato su volumi elevati e macchine pronte all’uso, con formati rollfilm e meno necessità di manutenzione. Jean Buisson non si adattò a questa trasformazione, e non tentò mai una vera espansione industriale. Le ultime notizie relative all’atelier risalgono al 1896, quando venne registrata una cessione di attività al figlio minore, il cui nome tuttavia non compare nei documenti successivi.
Oggi le fotocamere Buisson, J. sono estremamente rare, sia per la loro fragilità intrinseca che per la scarsa produzione originaria. Esistono meno di trenta esemplari noti in collezioni pubbliche e private, di cui almeno quattro conservati in musei tecnici francesi, come il Musée Nicéphore Niépce e il Musée des Arts et Métiers di Parigi. Alcuni modelli da campo sono apparsi in aste internazionali, raggiungendo cifre superiori ai 4.000 euro, specialmente se accompagnati da manuali d’uso manoscritti o lastre originali.
Il marchio “Buisson, J. – Constructeur – Paris” è oggi riconosciuto come emblema della fotografia scientifica e tecnica dell’Ottocento, e i suoi apparecchi, pur poco noti al grande pubblico, sono considerati un patrimonio dell’ingegneria ottico-fotografica francese.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
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