Edoardo Lepage avviò la sua attività nel 1889 con l’apertura di un negozio specializzato in attrezzature fotografiche a Milano, città allora in piena espansione industriale. La scelta del capoluogo lombardo non fu casuale: Milano era un crocevia commerciale e culturale, con una nascente borghesia interessata alla fotografia come hobby e strumento di documentazione. Già nel 1890, Lepage fondò la rivista Il dilettante di fotografia, diretta da Luigi Gioppi, figura di spicco nel panorama fotografico italiano e autore nel 1892 del Dizionario Fotografico, manuale di riferimento per decenni.
La rivista non era solo un mezzo promozionale, ma un vero e proprio strumento didattico. Articoli su tecniche di sviluppo, recensioni di attrezzature e consigli pratici rendevano accessibile la fotografia a un pubblico non professionista. Parallelamente, Lepage stabilì partnership con produttori europei per importare obiettivi, otturatori e carte sensibili, posizionandosi come intermediario tra le grandi aziende straniere e il mercato italiano.
Il successo della Lepage & C. si basò su una strategia commerciale aggressiva e inclusiva. I cataloghi, distribuiti gratuitamente su richiesta, includevano centinaia di prodotti: dalle lastre al collodio umido alle carte al bromuro d’argento, dai chimici per lo sviluppo ai manuali illustrati. L’azienda vendeva anche accessori per la camera oscura, come bacinelle in porcellana, pinze in legno e termometri di precisione, oltre a strumenti per la riproduzione del suono, tra cui grammofoni a cilindro.
Nel 1901, la partecipazione all’Esposizione Internazionale di Parigi valse alla Lepage & C. una medaglia d’oro, riconoscimento che ne legittimò il ruolo a livello internazionale. Nello stesso anno, l’azienda aprì un secondo punto vendita in Piazza del Duomo, segno tangibile dell’espansione del mercato fotografico milanese. Il negozio era organizzato come un “deposito generale”, dove i clienti potevano trovare attrezzature per ogni fase del processo fotografico, dallo scatto alla stampa.
Un aspetto innovativo fu l’inclusione di kit per principianti, contenenti fotocamere basiche, lastre preconfezionate e manuali semplificati. Questi kit, spesso associati a corsi pratici promossi dalla rivista, democratizzarono ulteriormente l’accesso alla fotografia, riducendo la barriera tecnica ed economica.
Sebbene la Lepage & C. non avesse una produzione interna, a partire dal 1895 commercializzò fotocamere costruite da laboratori artigianali milanesi, marchiate con il nome dell’azienda. I modelli, come Il Fotografo, Artista e Moderno, erano semplici fotocamere a lastra per formati 6×9 cm e 9×12 cm, equipaggiate con obiettivi anastoscopici a menisco singolo e otturatori a scatto unico.
Il modello più emblematico fu la Mefisto, lanciata nel 1904. Questa fotocamera box in legno di noce rivestito in pelle nera si distingueva per il design eccentrico: sul dorso era impressa in oro un’illustrazione di un demone che fotografava con una Leica ante litteram, sullo sfondo di una luna piena. Il richiamo iconografico al folklore e all’esoterismo rispondeva alla moda dell’epoca, attirando una clientela alla ricerca di strumenti dal carattere distintivo.
La Mefisto era disponibile in cinque formati (4,5×6 cm, 6,5×9 cm, 9×12 cm, 13×18 cm, 9×18 cm) e montava un obiettivo anastigmatico con otturatore a due tempi (istantaneo e posa B). Le versioni successive introdussero lenti aggiuntive per la messa a fuoco regolabile e otturatori multilama con tempi fino a 1/50s. Una variante folding del 1910 permetteva di utilizzare pellicola in rullo 118 per formati 8×10,5 cm, segnando l’adattamento dell’azienda alle nuove tecnologie.
Le fotocamere Lepage, pur non essendo tecnicamente rivoluzionarie, incorporavano soluzioni pragmatiche per l’uso amatoriale. Il sistema di caricamento a lastre multiple, ad esempio, prevedeva un magazine interno con molla a spirale che avanzava automaticamente la lastra dopo ogni scatto, evitando di aprire la fotocamera in condizioni di luce ambientale. Questo meccanismo, sebbene rudimentale, riduceva il rischio di velature e semplificava le operazioni per i dilettanti.
Gli obiettivi anastoscopici, forniti da produttori locali come Koristka o Murer & Duroni, erano ottimizzati per una nitidezza accettabile a pieno diaframma (f/11–f/16), sacrificando la luminosità per contenere costi e aberrazioni. L’assenza di un mirino integrato era compensata da un traguardo metallico sul tetto della fotocamera, mentre il vetro smerigliato opzionale permetteva una composizione più precisa in studio.
L’attività della Lepage & C. è documentata fino al 1913, con sporadiche apparizioni pubblicitarie negli anni ’20. La concorrenza di marchi tedeschi come Agfa e Zeiss Ikon, insieme all’avvento delle fotocamere a pellicola 35mm, rese obsoleti i modelli a lastra. La mancata transizione verso una produzione industriale e la dipendenza da fornitori esterni ne accelerarono il declino.
Tuttavia, la Lepage & C. rimane un caso di studio per comprendere il ruolo dei distributori nella diffusione della fotografia amatoriale. I suoi cataloghi e la rivista Il dilettante di fotografia sono oggi documenti storici preziosi, testimoni di un’epoca in cui la fotografia diveniva pratica accessibile e culturalmente rilevante.