Il nome Bloch si affaccia nella storia della fotografia europea come espressione di un’industria franco-tedesca attiva tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, in un periodo cruciale per la standardizzazione e la diffusione della pratica fotografica nel continente. L’azienda Bloch Frères, fondata a Parigi nel 1887 da Henri e Émile Bloch, si configurava come una manifattura specializzata nella produzione di macchine fotografiche in legno e ottone, lastre a secco e strumenti da camera oscura, oltre che in dispositivi ottici per uso scientifico e didattico.
Il contesto parigino dell’epoca era quello di una capitale europea al centro di un fermento artistico e tecnico senza precedenti, in cui fotografia, pittura e scienza condividevano spesso gli stessi spazi produttivi e intellettuali. Henri Bloch, ingegnere ottico formatosi alla École des Arts et Métiers, e il fratello Émile, di formazione chimica, decisero di unire competenze complementari per dare vita a una maison tecnica che potesse servire tanto il fotografo dilettante quanto il professionista itinerante.
Lo stabilimento principale fu costruito nella zona industriale di Montreuil-sous-Bois, a est di Parigi, ma la sede commerciale e il punto vendita al dettaglio si trovavano in Rue des Petites-Écuries, vicino ai grandi boulevard. Nonostante l’aspetto contenuto della produzione, la ditta Bloch fu capace, in pochi anni, di ritagliarsi un ruolo significativo nell’industria ottico-fotografica francese, in particolare grazie alla qualità costruttiva e alla flessibilità del catalogo, che includeva anche la possibilità di ordinare modelli personalizzati su richiesta.
Tecnologie e produzione
I prodotti firmati Bloch si distinguevano per l’attenzione quasi ossessiva ai materiali. Il corpo delle macchine fotografiche era generalmente realizzato in mogano lucidato a mano, con giunzioni a coda di rondine e finiture in ottone massiccio, lavorato a lima e lucidato fino a ottenere una resa satinata. Il soffietto, pieghevole o fisso a seconda del modello, era costruito in cuoio cerato o tela gommata a doppio strato, spesso disponibile in colori alternativi come il rosso bordeaux o il verde scuro.
Dal punto di vista ottico, Bloch non produsse inizialmente obiettivi proprietari, ma collaborò strettamente con produttori come Derogy, Darlot, e successivamente con la Société des Lunetiers (S.L.), commissionando lenti achromatiche e anastigmatiche con focali variabili. Alcuni modelli di fascia alta erano dotati di obiettivi Triplet f/6.3, montati su otturatori pneumatici con scatto a bulbo, sistema che consentiva esposizioni lunghe controllate da uno stantuffo manuale. Altri modelli più accessibili utilizzavano un semplice otturatore a ghigliottina.
Tra le fotocamere più iconiche si annovera la “Bloch Excelsior”, destinata al mercato dei fotografi itineranti e dei ritrattisti ambulanti. Era una camera a lastre 18×24 cm, dotata di supporto basculante, guida micrometrica e sistema a doppio standardo per il controllo dei piani di messa a fuoco. Il dorso era reversibile e permetteva sia l’utilizzo con lastre secche sia con pellicole flessibili in caricatori adattabili. Il vetro smerigliato era removibile, e l’apertura posteriore era protetta da un telaio in ottone a serraggio a vite.
Bloch produceva anche strumenti da laboratorio fotografico, tra cui vasche in vetro smaltato, pinze in legno, ingranditori a condensatore, e armadi ventilati per l’asciugatura delle stampe. La qualità costruttiva era tale da essere apprezzata in ambito accademico e museale, tanto che alcune università francesi adottarono strumentazione Bloch per i propri corsi di chimica ottica e fisica sperimentale.
Tra il 1895 e il 1910 la maison tentò un’espansione anche nel mercato tedesco, aprendo una filiale a Strasburgo (allora parte dell’Impero tedesco). La sigla “Bloch & Cie – Strasbourg” compare su alcune targhette di modelli destinati all’esportazione, che spesso presentano caratteristiche ibride: corpo francese, ma ottiche tedesche Goerz o Voigtländer. Questo ibridismo produttivo fu un tratto distintivo della casa, che cercava sempre di proporre soluzioni modulari personalizzabili.
Il pubblico di riferimento per i prodotti Bloch era ampio e diversificato. La ditta serviva tanto il fotografo professionista da studio quanto l’amatore borghese appassionato di paesaggio o viaggi. I cataloghi promozionali erano stampati in francese, tedesco e inglese, e riportavano fotografie illustrative dei prodotti in uso nei contesti più disparati: safari africani, spedizioni archeologiche, ritratti familiari borghesi, riprese scientifiche da laboratorio.
Le vendite avvenivano prevalentemente per corrispondenza e tramite agenti regionali, ma Bloch fu anche una delle prime aziende fotografiche francesi a esporre in maniera continuativa presso i Salons de Photographie, in particolare al Salon de la Société Française de Photographie, e alle Esposizioni Universali (Parigi 1900). L’azienda ricevette una medaglia d’oro alla Exposition Internationale de Bruxelles del 1897, per “perfezione meccanica e sobrietà funzionale” dei propri modelli a soffietto.
La fascia di prezzo delle macchine Bloch la collocava al di sopra dei modelli commerciali di massa, ma al di sotto dei grandi produttori d’élite come Alphonse Giroux o Gaumont. Era una scelta di compromesso tra artigianato e industria, apprezzata da molti fotografi che non potevano permettersi prodotti di lusso ma non volevano rinunciare alla qualità.
Al di fuori della Francia, la Bloch raggiunse clienti in Svizzera, Belgio, Germania e Nord Africa, in particolare grazie alla comunità coloniale francese in Algeria e Tunisia, dove le fotocamere Bloch venivano spesso utilizzate per realizzare cartoline illustrate o per documentare edifici, paesaggi e scene quotidiane. Alcuni scatti realizzati con apparecchi Bloch sono oggi conservati nella Bibliothèque nationale de France e nell’archivio della Mission Photographique d’Afrique du Nord.
Come accadde a molte imprese ottico-fotografiche nate in ambito artigianale, anche Bloch entrò in crisi con l’arrivo del XX secolo e della produzione industriale di massa. L’introduzione delle fotocamere a rullino (notoriamente più semplici da usare e più economiche da produrre) e la massificazione dell’offerta americana (con Kodak in prima linea) erose rapidamente il mercato delle fotocamere a lastre.
A partire dal 1910, la produzione Bloch rallentò drasticamente. Le richieste calarono, e la ditta cominciò a vendere accessori e strumenti di precisione piuttosto che macchine complete. L’ultimo catalogo completo datato è del 1912; successivamente si ha notizia solo di vendite residuali o di liquidazione.
Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ogni traccia dell’azienda scompare. Non si conosce con esattezza se la ditta sia stata chiusa, fusa con altre società o assorbita dal nascente comparto militare francese. Alcuni documenti doganali del 1915 parlano di “Bloch Instruments” come fornitrice di ottiche per l’esercito, ma nessuna certezza documentaria è stata finora reperita.
Oggi gli esemplari Bloch sono estremamente rari, anche nei circuiti collezionistici più specializzati. La qualità costruttiva, la rarità e l’estetica classica ne fanno oggetti molto ambiti dai collezionisti di macchine a lastre del periodo prebellico. La presenza del marchio inciso, della numerazione di serie e del certificato originale può far salire il valore anche oltre i 4.000 euro per le versioni complete Excelsior o Artist. Nei musei europei sono presenti pochi esemplari, spesso mal documentati.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
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