Nel panorama fotografico italiano di fine Ottocento, caratterizzato da una progressiva diffusione della pratica grazie alla miniaturizzazione delle attrezzature e alla semplificazione dei processi, si assistette alla nascita di numerose piccole aziende dedite alla produzione di apparecchi fotografici. Molte di queste realtà , spesso a conduzione artigianale, ebbero una vita effimera, lasciando poche tracce documentali della loro attività . Tra queste, merita di essere recuperata la storia della Albini di Milano.
Fondata nel 1896 nel quartiere di Niguarda, la Albini si specializzò nella costruzione di apparecchi fotografici del tipo “detective”, ovvero macchine portatili e di semplice utilizzo, adatte alla fotografia a mano libera. Si trattava prevalentemente di “box a lastre” in legno, capaci di contenere da sei a dodici chassis. La produzione, di tipo artigianale, consentiva una certa flessibilità nella realizzazione di diversi modelli, spesso personalizzati con soluzioni tecniche particolari o varianti nel formato e nell’ottica.
In pochi anni, la Albini realizzò un’ampia gamma di apparecchi, sia “box” che “folding” (a soffietto). Tutti i modelli recavano il nome “Alba”, accompagnato da un numero identificativo o da una combinazione di numero e lettera per indicare versioni differenti dello stesso modello.
Nel 1905, l’azienda fu acquisita dalla Ganzini & Namias, fondata dal commerciante di materiale fotografico Mario Ganzini e dal chimico professor Rodolfo Namias, figura autorevole della fotografia italiana e fondatore della rivista “Il Progresso Fotografico”. La nuova proprietà non modificò la denominazione e l’orientamento produttivo dell’azienda. Nel 1910, il catalogo Albini offriva oltre venti modelli, suddivisi tra le “detective” di tipo “box” e le “folding” a lastre, con formati dal 6,5 x 9 al 9 x 12 cm, e un solo modello “folding” nel formato 10 x 15 cm.
Le “Alba box” erano numerate in progressione, in relazione alle dotazioni ottiche e alle prestazioni. Gli obiettivi utilizzati erano prevalentemente il doppietto acromatico o il “rapid rectilinear”. Nelle fotocamere “folding”, invece, venivano impiegati anche obiettivi anastigmatici o schemi ottici di pregio, come l’Eurynar della Rodenstock, il Dagor della Goerz e il Tessar della Carl Zeiss.
Negli anni immediatamente precedenti la Prima Guerra Mondiale, la produzione di modelli “folding”, sia a lastre che a pellicola, crebbe costantemente. La numerazione dei modelli, iniziata con la N° 1, raggiunse nel 1915 la Alba N° 64, in alcuni casi con varianti dello stesso tipo di apparecchio. La produzione delle “Alba” cessò nel 1924, e successivamente Mario Ganzini abbandonò l’attività commerciale.
La Albini, con i suoi apparecchi destinati principalmente a una clientela amatoriale, seppe coniugare una relativa semplicità d’uso con prestazioni adeguate. Alcuni modelli “folding” furono apprezzati anche da professionisti e utilizzati come prodotti d’esportazione.
Oggi, le fotocamere Albini sono considerate oggetti rari e ricercati dai collezionisti. Questa azienda milanese rappresenta una piccola ma significativa testimonianza della storia della fotografia italiana, contribuendo a illustrare un periodo di grande fermento e innovazione nel settore.