Il percorso che portò alla Murer & Duroni cominciò nel 1835–36, quando Alessandro Duroni (1807–1870), formatosi presso l’ottico François Cauche di Parigi, aprì a Milano un negozio di ottica e chincaglierie in Galleria De Cristoforis. Nel 1839, anno in cui Daguerre presentò il suo procedimento, Duroni fu il primo a importare a Milano un apparecchio dagherrotipico e a eseguire le prime vedute della città, fra cui il Duomo e l’Arco della Pace, stabilendo un rapporto diretto con i centri tecnici francesi. Nel giro di un decennio l’attività si evolse sotto la definizione di “Ottico fabbricatore con stabilimento di dagherrotipia”, estendendo il raggio d’azione a Vienna, Monaco, Londra e Parigi grazie a strumenti di ottica, fisica e chimica provenienti dai maggiori laboratori europei.
Il trasferimento nel 1850/51 in Corso Francesco 593 (futuro Corso Vittorio Emanuele II) sancì la trasformazione dello spazio in uno studio‐laboratorio fotografico, dotato di locale per ritratti e di attrezzature da camera oscura. Questo ruolo pionieristico fu ulteriormente confermato dalla partecipazione di Duroni, nel 1864, alla fondazione della Società Tecnomasio Italiano, e in seguito alla cessione dell’attività, nel 1866, al cognato Icilio Calzolari, evento che lasciò in eredità un patrimonio tecnico e documentario di ritratti di personaggi dell’epoca, fra cui Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi.
L’avvio di una fabbrica nel 1886, dedicata alla costruzione di fotocamere professionali, segnò il passaggio da attività artigianale a impresa manifatturiera: i figli di Duroni ampliarono la produzione con modelli destinati sia all’uso di lastra sia a pellicole in rullo, gettando le basi per l’ingresso di Teodoro Murer nel 1892. Con l’arrivo di Murer, ingegnere e progettista, la bottega degli eredi assunse sempre più i connotati di una fabbrica avanzata, pronta a competere con i grandi nomi europei.
Nascita di Murer & Duroni e primi sviluppi (1892–1905)
Nel 1892 la società fondata dagli eredi di Duroni si arricchì dell’apporto tecnico di Teodoro Murer, dando vita alla Murer & Duroni, con sede in Piazza San Carlo a Milano. L’obiettivo di Murer era chiaro: trasformare l’esperienza ottica degli anni precedenti in una gamma di fotocamere meccaniche di precisione, capaci di rispondere alle esigenze del mercato nazionale e di un pubblico esigente. Già nei primi anni vennero realizzate macchine folding in legno rivestito, dove corpi modulari accoglievano diversi otturatori centrali (Compur, Prontor o guillotine) e obiettivi Zeiss‐style o Anastigmat sotto licenza Murer.
Le dimensioni variavano dai formati “vest pocket” 4,5 × 6 cm alle quotidiane mezzepiastra 9 × 12 cm, con modelli quali la Express e la Express Novità, che si distinguevano per la scocca rinforzata e per l’elevata maneggevolezza, grazie a meccanismi di chiusura a forcella e a soffietto zoppo. Più raramente venivano usati nomi commerciali: gli esemplari destinati all’esportazione in Inghilterra assumevano la dicitura Salex, mentre in Svezia erano venduti da Hasselblad.
La produzione di questo periodo evidenzia una fusione tra artigianalità e industrializzazione: le parti lignee venivano fresate con torni a pantografo e le componenti metalliche tornite in acciaio e ottoni fosforosi, con tolleranze di ±0,02 mm, grazie a macchine utensili importate dalla Germania. Ogni blocco ottico era testato singolarmente su banchi ottici a luce collimata, per verificarne aberrazioni e uniformità di messa a fuoco prima dell’assemblaggio finale.
Sviluppi tecnici e diversificazione linee prodotto (1906–1920)
A partire dal 1906 la gamma si ampliò sensibilmente, con l’introduzione di fotocamere detective e di modelli per pellicola in rullo, equipaggiati con magazzini girevoli o dorsi a cambio rapido. Tra questi la Piccolo, una jumelle‐style per film 45 × 107 mm, costruita in leghe leggere e dotata di doppio mirino per inquadratura orizzontale e verticale, che riscosse ottimi consensi nei piccoli reportage itineranti.
La produzione di stereocamere fu un altro capitolo innovativo: modello DW da 45 × 107 mm a lastre, con ottiche accoppiate su piastra fissata a guida micrometrica e otturatore a tendina sincronizzato, scavato in una scocca unica in legno laccato, destinato a fotografi professionisti e amatori avanzati. Questi apparecchi riflettevano l’esperienza maturata nell’ambito della meccanica di precisione e dell’ottica doppia, frutto di decenni di collaborazione con calibri di alta scuola orologiera.
Il know‐how di Murer portò alla creazione di obiettivi Aplanat e transitivamente di Anastigmat Murer, vetri acromatizzati e rivestiti con strati antiriflesso, prodotti internamente nello stabilimento milanese. L’adozione di questi gruppi ottici garantiva ridotti livelli di distorsione e un’eccellente resa dei contrasti, tanto da equipaggiare i modelli top‐di‐gamma e da entrare nei cataloghi della Hasselblad in Scandinavia.
Produzione avanzata, processi costruttivi e fine attività (1920–1934)
Negli anni Venti la Murer & Duroni raggiunse una capacità produttiva di oltre 150 modelli, comprendendo fotocamere da studio 9 × 12 cm a soffietto, folding per pellicola 6 × 9 cm e camere a soffietto tascabili come la Lady 3 × 4 in bachelite per pellicola 127, un’anticipazione dei formati compatti del dopoguerra. L’uso di nuovi materiali, tra cui bachelite e metalli leggeri per cerniere e innesti, riduceva il peso e accelerava i tempi di assemblaggio in linea di montaggio parzialmente automatizzata.
I processi ottici comprendevano test di aberrazione cromatica con spettrometri a scintilla e collaudi su lastre standard, mentre le meccaniche d’otturatore, realizzate in acciaio temprato, venivano regolate con precisioni di 1/500 s. Ogni corpo macchina era sottoposto a ciclo di prove di tenuta luce, con esposizioni a camere nere e a proiettori calibrati, prima di ricevere il marchio “Photographes de S.M. le Roy d’Italie” sui dorsi delle cartes‐de‐visite.
Con l’avvento delle fotocamere automatiche e delle pellicole a sviluppo rapido, la domanda per i modelli tradizionali calò, mentre la crisi economica mondiale e la concorrenza straniera spinsero Murer & Duroni a ridurre gradualmente la produzione. L’ultima macchina, un’Express SL Special per lastre 9 × 12 cm, uscì dai reparti nel 1927, e la cessazione definitiva delle attività avvenne nel 1934, segnando la fine di un’epoca di artigianato fotografico di alto livello.