Mert Alaş nacque a Istanbul, Turchia, nel 1971, mentre Marcus Piggott vide la luce a Carmarthen, Galles, nel 1970. La loro provenienza geografica e culturale molto diversa rappresenta uno degli elementi che ha alimentato la loro collaborazione, fondata su una costante dialettica tra estetiche differenti. Alaş crebbe in un contesto cosmopolita come quello turco, segnato da una stratificazione culturale millenaria, mentre Piggott sviluppò la propria sensibilità in un ambiente più periferico e tradizionale come quello gallese.
Entrambi, però, ebbero un percorso che li portò a interessarsi alle arti visive e alla fotografia attraverso strade non convenzionali. Mert Alaş studiò inizialmente design e architettura, ambiti che gli fornirono una formazione solida sulla composizione, sulle proporzioni e sul rapporto tra spazio e forma. Marcus Piggott, invece, mosse i primi passi nel campo della grafica e delle arti applicate, prima di avvicinarsi all’immagine fotografica come linguaggio artistico e comunicativo.
Il loro incontro avvenne a Londra, nel 1994, all’interno di una scena creativa in pieno fermento. Erano gli anni della Cool Britannia, con il boom delle arti visive, della moda e della musica. Londra era diventata un crocevia internazionale, dove stilisti, fotografi e artisti si incontravano in un dialogo continuo. Alaş e Piggott si riconobbero immediatamente in una sensibilità comune, fatta di attrazione per l’immagine forte, glamour e artificiale, ma anche di desiderio di sperimentare con le nuove tecnologie digitali che iniziavano a diffondersi.
La loro decisione di lavorare insieme nacque quasi spontaneamente. Iniziarono scattando immagini con attrezzatura presa in prestito e improvvisando set fotografici in spazi minimi, mescolando fotografia analogica e ritocco digitale, che all’epoca era ancora una pratica pionieristica. Fin dai primi lavori, ciò che li distingueva era la volontà di superare i limiti del realismo, creando immagini che apparivano più simili a quadri che a fotografie tradizionali.
Il loro primo grande riconoscimento arrivò nel 1997, quando furono notati da Katie Grand, direttrice creativa di The Face e poi di Pop e Love Magazine. Le loro fotografie, caratterizzate da colori saturi e da un erotismo esplicito ma elegante, catturarono immediatamente l’attenzione dell’industria della moda. A partire da quel momento, la loro carriera decollò rapidamente, portandoli a collaborare con i più grandi marchi e con le riviste più prestigiose.
La scelta di lavorare come duo fu determinante: Mert si concentrava maggiormente sull’aspetto tecnico e sulla manipolazione digitale, mentre Marcus sviluppava il rapporto con i soggetti e la costruzione narrativa. Questa divisione dei ruoli, pur flessibile, permise loro di mantenere un equilibrio costante tra l’approccio tecnico e quello concettuale.
Oggi, Mert & Marcus sono riconosciuti come due dei fotografi più influenti nel panorama della fotografia di moda contemporanea, capaci di ridefinire gli standard estetici e di coniugare glamour, provocazione e innovazione tecnologica.
Stile e tecnica fotografica
L’estetica di Mert & Marcus si fonda su un uso magistrale della fotografia digitale e della post-produzione, elementi che hanno contribuito a rivoluzionare l’immagine di moda tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila. Mentre molti fotografi del periodo erano ancora legati ai processi analogici, Mert & Marcus abbracciarono subito il digitale come strumento creativo, sfruttandone le potenzialità per creare immagini iperrealistiche, costruite e intensamente teatrali.
Uno degli elementi distintivi del loro stile è l’uso di colori saturi e luminosità esasperate. Le tonalità sono spesso spinte oltre la percezione naturale, trasformando la pelle dei soggetti in superfici lucide e quasi artificiali, i tessuti in campiture vibranti e gli sfondi in scenari onirici. Questo approccio li distingue nettamente da fotografi come Helmut Newton o Peter Lindbergh, più legati a un’estetica realista e cinematografica.
Dal punto di vista tecnico, la loro fotografia unisce una cura estrema della luce in studio – spesso dura, direzionale e teatrale – a una manipolazione digitale che rifinisce e amplifica i dettagli. L’uso di programmi di editing e ritocco digitale diventa parte integrante del processo creativo, non un semplice strumento di correzione. In questo senso, Mert & Marcus hanno anticipato una tendenza che avrebbe dominato la fotografia di moda negli anni successivi, dove il confine tra fotografia e illustrazione digitale diventa sempre più sottile.
Il corpo umano occupa una posizione centrale nella loro produzione, rappresentato in maniera altamente erotizzata, ma mai priva di ironia o di distanza estetica. I corpi appaiono spesso lucidi, scolpiti, trasformati in superfici ideali che richiamano tanto la scultura classica quanto il feticismo contemporaneo. L’erotismo esplicito viene così nobilitato dall’eleganza formale e dalla costruzione estetica, creando un cortocircuito tra provocazione e bellezza.
Un altro tratto distintivo è la loro capacità di creare immagini iconiche attraverso la teatralità della posa. Le modelle e i modelli diventano figure mitiche, quasi sovrumane, in scenografie che oscillano tra il glamour hollywoodiano e il kitsch contemporaneo. L’artificio è sempre dichiarato: non c’è mai la pretesa di naturalismo, ma piuttosto la volontà di esibire la costruzione dell’immagine come parte integrante della sua potenza seduttiva.
Dal punto di vista della produzione, Mert & Marcus hanno introdotto un metodo di lavoro fortemente collaborativo, che coinvolge stilisti, make-up artist e direttori creativi in un processo corale. Le loro fotografie non sono mai il risultato di un singolo gesto, ma di una costruzione collettiva in cui la fotografia diventa il punto di sintesi di una serie di linguaggi visivi.
Questa estetica ha influenzato profondamente l’industria della moda e dell’advertising. Se negli anni Novanta la fotografia di moda tendeva verso il minimalismo e l’estetica grunge – basti pensare a Juergen Teller o Corinne Day – Mert & Marcus hanno riportato al centro l’idea di glamour spettacolare, in linea con le esigenze dei grandi brand globali che puntavano a una comunicazione visiva più potente e immediata.
Carriera e opere principali
La carriera di Mert & Marcus è costellata di collaborazioni con i più grandi nomi della moda, dell’editoria e della musica. Dopo le prime pubblicazioni su Dazed & Confused e The Face, la loro consacrazione avvenne grazie a riviste come Vogue (nelle sue edizioni americana, francese, italiana e britannica), W Magazine e Interview.
Tra le loro collaborazioni più celebri si ricordano quelle con Madonna, per la quale realizzarono immagini diventate parte integrante della costruzione iconica della cantante. Il libro Sex (1992), a cui non parteciparono ma che li ispirò profondamente, trovò in loro dei successori ideali: gli scatti per Confessions on a Dance Floor (2005) e Hard Candy (2008) mostrano Madonna in pose fortemente erotizzate, filtrate da un’estetica digitale iperrealista.
Anche con Lady Gaga, Mert & Marcus hanno sviluppato un linguaggio coerente: le immagini promozionali di Born This Way (2011) si inscrivono perfettamente nella loro poetica, trasformando la cantante in una figura ibrida tra diva e creatura postumana.
Oltre alla musica, la moda rimane il loro campo privilegiato. Hanno collaborato con marchi come Gucci, Yves Saint Laurent, Givenchy, Dior, Versace, Miu Miu, Giorgio Armani, Valentino, Fendi, Bottega Veneta, ridefinendo i codici estetici della pubblicità di lusso. Una delle campagne più celebri resta quella per Gucci by Tom Ford a fine anni Novanta, che incarnava l’idea di erotismo patinato e glamour provocatorio che avrebbe segnato l’intero decennio successivo.
Parallelamente alle campagne pubblicitarie, hanno realizzato numerosi editoriali destinati a diventare pietre miliari della fotografia di moda. Scatti come quelli dedicati a Kate Moss, Gisele Bündchen, Naomi Campbell o Rihanna hanno contribuito a costruire immagini iconiche che trascendono il semplice ritratto.
Dal punto di vista espositivo, le loro opere sono state presentate in mostre personali e collettive in gallerie e musei internazionali, consolidando la loro posizione non solo come fotografi commerciali, ma anche come artisti. Nel 2018 il National Portrait Gallery di Londra dedicò loro una grande retrospettiva, confermando la rilevanza storica della loro produzione.
Una parte fondamentale del loro lavoro è rappresentata dai libri fotografici. Il volume Mert Alas & Marcus Piggott (2007), pubblicato da Taschen, raccoglie i momenti più significativi della loro carriera, con immagini che sintetizzano il loro stile iperrealista e glamour. Più di recente, pubblicazioni come Mert & Marcus: Works 2001–2014 hanno documentato il loro percorso attraverso un approccio curatoriale, evidenziando l’impatto delle loro immagini sulla cultura visiva contemporanea.
L’impatto sulla fotografia di moda contemporanea
Mert & Marcus hanno avuto un impatto decisivo sulla trasformazione della fotografia di moda negli ultimi trent’anni. La loro estetica, basata sull’artificio, sul digitale e sull’esasperazione del glamour, ha contribuito a definire gli standard visivi dell’industria globale del lusso.
In un’epoca in cui la fotografia di moda oscillava tra la spontaneità del reportage e la ricerca di autenticità tipica degli anni Novanta, Mert & Marcus hanno proposto un ritorno alla messa in scena teatrale, ma in chiave aggiornata grazie alle possibilità tecnologiche. La loro influenza è visibile in numerosi fotografi contemporanei, che hanno adottato il linguaggio del digitale come strumento creativo piuttosto che come semplice mezzo tecnico.
Un aspetto centrale della loro eredità è la capacità di ibridare fotografia e arte digitale. Le loro immagini non si limitano a registrare la realtà, ma la ricreano interamente, proponendo corpi e ambienti che appartengono a una dimensione artificiale e iper-costruita. In questo senso, anticipano le estetiche post-internet e la diffusione dell’immagine digitale manipolata come linguaggio dominante dell’era contemporanea.
Allo stesso tempo, la loro opera ha suscitato discussioni e critiche. Alcuni osservatori hanno sottolineato il rischio di un’estetica eccessivamente patinata, distante dalla realtà e incapace di rappresentare la diversità. Tuttavia, proprio la loro radicale artificiosità rappresenta il loro contributo più originale: l’idea che la fotografia di moda non debba necessariamente imitare la vita, ma possa creare un mondo autonomo di icone e visioni.
Mi chiamo Marco Americi, ho circa 45 anni e da sempre coltivo una profonda passione per la fotografia, intesa non solo come mezzo espressivo ma anche come testimonianza storica e culturale. Nel corso degli anni ho studiato e collezionato fotocamere, riviste, stampe e documenti, sviluppando un forte interesse per tutto ciò che riguarda l’evoluzione tecnica e stilistica della fotografia. Amo scavare nel passato per riportare alla luce autori, correnti e apparecchiature spesso dimenticate, convinto che ogni dettaglio, anche il più piccolo, contribuisca a comporre il grande mosaico della storia dell’immagine. Su storiadellafotografia.com condivido ricerche, approfondimenti e riflessioni, con l’obiettivo di trasmettere il valore documentale e umano della fotografia a un pubblico curioso e appassionato, come me.


