La Tovarna na Kabele AKC – traducibile dal serbo-croato come “Fabbrica di Cavi AKC” – fu un’impresa situata nella ex Jugoslavia socialista, attiva tra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento. Sebbene il nome dell’azienda lasci intendere un’attività legata alla produzione elettrica, la AKC è ricordata dagli storici della fotografia per la sua limitata ma significativa incursione nel settore delle fotocamere compatte e degli accessori fotografici, in particolare nel contesto dell’economia pianificata dell’Europa orientale.
Fondata attorno al 1953 a Subotica, città nel nord della Serbia (allora parte della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia), la Tovarna na Kabele AKC nacque come stabilimento elettromeccanico statale specializzato in componenti per telecomunicazioni e infrastrutture ferroviarie. Tuttavia, grazie a una divisione meccanico-ottica interna, e in un periodo in cui diversi Paesi socialisti tentavano di dotarsi di una produzione fotografica autonoma, AKC fu incaricata dal Ministero delle Tecnologie di sviluppare dispositivi fotografici economici destinati al mercato civile.
La spinta verso l’autarchia tecnologica in Jugoslavia seguiva un modello ibrido tra quello sovietico e quello non allineato. Tito, in quegli anni, aveva infatti avviato politiche di apertura nei confronti dei mercati occidentali, senza però abbandonare completamente il sistema produttivo pianificato. In questo contesto, AKC si trovò a operare come produttore secondario, specializzato nella fornitura di componenti per camere fotografiche e, in casi limitati, nella realizzazione di modelli completi a basso costo, destinati sia all’uso familiare che scolastico.
Nonostante non fosse una casa costruttrice di fotocamere in senso pieno come FÉV di Budapest o BelOMO in Bielorussia, Tovarna na Kabele AKC svolse un ruolo tecnico cruciale all’interno della filiera jugoslava della fotografia. Le sue fotocamere e i suoi accessori, oggi rari e poco documentati, rappresentano una testimonianza concreta delle intersezioni fra industria civile, fotografia e politica in Europa orientale durante la Guerra Fredda.
Produzione fotografica e caratteristiche tecniche degli apparecchi
Il comparto fotografico della AKC si strutturò nei primi anni Sessanta, in parte come divisione parallela rispetto a quella per la produzione di spine elettriche, interruttori e cavi isolati. I primi dispositivi riconosciuti come prodotti integralmente da AKC erano fotocamere compatte in plastica termoindurente, costruite in serie ridotte e pensate per un pubblico popolare. Le fotocamere non avevano nomi commerciali diffusi ma venivano indicate con codici interni e riportavano sul retro o sulla base la dicitura “AKC Subotica“.
La costruzione era volutamente semplificata: corpo in bachelite nera, ottica fissa da 45 mm, messa a fuoco presettata da circa 3 metri all’infinito, e otturatore centrale a due velocità, di solito 1/50 e 1/100 di secondo. L’apertura era fissa o variabile tra f/8 e f/11. La lente frontale era generalmente in vetro semplice, a singolo elemento, oppure in plastica ottica stampata, con un’aberrazione ben visibile ai bordi dell’immagine.
Il mirino era di tipo galileiano, privo di qualsiasi sistema di parallasse o correzione automatica, mentre il trascinamento della pellicola avveniva manualmente mediante una manopola dentata posta nella parte superiore del dorso. Queste fotocamere erano compatibili con il formato 135 (35 mm), anche se in alcuni casi sperimentarono la produzione di apparecchi per pellicola tipo 120, ridotta in maschera 6×4,5. Le ghiere erano marcate in cirillico e includevano semplici pittogrammi per la distanza e l’esposizione approssimativa, facilitando l’uso anche in contesti didattici.
Alcune varianti prodotte in piccolissime quantità vennero dotate di innesto flash a slitta fredda e contatto sincrono laterale, compatibile con flash esterni via cavo. Tuttavia, la resa dell’otturatore era soggetta a difetti di sincronizzazione, e molti modelli non garantivano affidabilità costante nel tempo. Nonostante ciò, queste camere ebbero una loro diffusione locale nelle scuole e negli istituti statali, dove erano impiegate per corsi di base di fotografia analogica.
Parallelamente, AKC realizzò componenti per altre aziende jugoslave, in particolare copriobiettivi, manopole di riavvolgimento, dorsi metallici e chassis interni, alcuni dei quali destinati ad apparecchi marchiati Fotokamera Zagreb o FOTON Beograd. Questa produzione sussidiaria costituiva una parte fondamentale del bilancio dell’azienda e testimoniava una forma di industrializzazione cooperativa tra i diversi centri produttivi della Federazione Jugoslava.
La Tovarna na Kabele AKC non operò mai sul mercato fotografico occidentale e la sua distribuzione fu esclusivamente interna alla Jugoslavia o, in rari casi, estesa ai Paesi limitrofi dell’Europa dell’Est. La commercializzazione avveniva tramite negozi di tecnologia statali e cooperative fotografiche scolastiche, che distribuivano i modelli AKC come strumento introduttivo alla pratica fotografica.
L’azienda si distinse per la produzione estremamente economica, e le fotocamere venivano spesso vendute in confezioni abbinate a rullini di pellicola e liquidi per sviluppo, in kit destinati a studenti o famiglie. Il prezzo medio di una fotocamera AKC negli anni Sessanta era pari a meno di un decimo di quello di una Zorki o di una Praktica, rendendola una delle opzioni più economiche sul mercato jugoslavo.
Una caratteristica distintiva fu l’integrazione con la rete educativa pubblica. Diverse versioni furono fornite gratuitamente agli istituti tecnici e ai centri giovanili per laboratori di fotografia, e non è raro trovare esemplari marchiati “školska oprema” (dotazione scolastica) sul dorso. Alcune fonti indicano che, nella seconda metà degli anni Sessanta, AKC ricevette una commessa da parte del Ministero della Cultura per produrre un lotto speciale di camere con rivestimento colorato (verde oliva o blu opaco), destinate a corsi di formazione visiva per insegnanti delle scuole elementari.
Le fotocamere AKC non furono mai oggetto di esportazione commerciale. Tuttavia, alcuni esemplari giunsero in Ungheria e Bulgaria grazie a scambi interni al blocco socialista, e oggi rappresentano oggetti di collezione rari anche tra i collezionisti di fotocamere dell’Europa orientale. Il design semplice, l’estetica utilitaria e la scarsissima reperibilità contribuiscono a rendere ogni pezzo un documento storico-industriale piuttosto che un oggetto da performance fotografica.
Dalla fine degli anni Settanta, in seguito a una riorganizzazione del settore industriale jugoslavo, la divisione fotografica venne chiusa, e AKC tornò a concentrarsi esclusivamente sulla produzione di materiale elettrico e cavi industriali. La fabbrica venne parzialmente privatizzata negli anni Novanta, ma la sezione ottica non venne mai più riattivata.

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