La nascita delle Officine Galileo si colloca in un preciso contesto storico e scientifico della Firenze post-unitaria. L’eredità scientifica di Galileo Galilei e l’impulso dato dalla famiglia Medici alla ricerca scientifica e alla costruzione di strumenti di precisione con la fondazione dell’Accademia del Cimento nel XVII secolo avevano posto solide basi alla tradizione ottica fiorentina. Un passaggio fondamentale per la costituzione delle future Officine Galileo avvenne nel 1831, quando lo scienziato Giovanni Battista Amici venne chiamato a dirigere il museo fiorentino della Specola. Amici, riconosciuto come un “abile ottico e meccanico”, diede un forte impulso alla costruzione di strumentazione ottica di alta precisione come telescopi, cannocchiali e microscopi.
Nel 1862, Amici avanzò la proposta di fondare una società in grado di produrre a livello industriale strumentazione scientifica di precisione, ma la sua morte avvenuta l’anno successivo non gli permise di vedere realizzato il progetto6. Fu grazie all’impegno del professor Giovanni Battista Donati e del professor Angelo Vegni, con il supporto tecnico di Giuseppe Poggiali, che l’idea di Amici venne portata avanti. Il primo documento ufficiale che porta la dicitura “Officina Galileo” (al singolare) risale al 1870 e riguarda la richiesta al Comune di Firenze di un terreno dove costruire un fabbricato nel quale trasferire l’attività produttiva, che all’epoca si trovava presso alcuni locali dell’Istituto Tecnico di Firenze.
Nel 1875 le Officine Galileo risultavano essere di proprietà di Angelo Vegni e contavano una quarantina di addetti. La produzione iniziale si concentrava su strumentazione scientifica di precisione per geodesia ed astronomia, bilance e teodoliti. Un passaggio cruciale nella storia dell’azienda avvenne attorno al 1880, quando iniziò la costruzione di telemetri per la Marina Militare Italiana1. Questo segnò l’inizio di una lunga e proficua collaborazione con le forze armate che avrebbe rappresentato per molti anni la principale fonte di entrate per l’azienda. Negli anni successivi la produzione si ampliò per includere anche apparecchiature elettriche come galvanometri e amperometri, nonché orologi da torre e componenti ottici.
Alla morte del professor Vegni, la proprietà dell’azienda passò all’Istituto Agrario Vegni. Dopo un periodo di relativa crisi dovuto alla cessazione delle commesse militari, nel 1896 si costituì la Società in Accomandita “Ing. G. Martinez & C.”, con socio accomandatario l’ingegner Giulio Martinez, un giovane proveniente dalla Marina Militare, e con la Fondazione Vegni come accomandante con i due terzi del capitale, ma senza responsabilità gestionale. Sotto la guida di Martinez, ripresero le forniture militari, in particolare di periscopi e proiettori. La qualità dei prodotti delle Officine Galileo raggiunse una fama tale che sul finire del XIX secolo i telemetri venivano forniti anche alla Marina Imperiale giapponese.
L’inizio del XX secolo vide l’espansione della produzione verso apparecchiature per il puntamento e il comando delle artiglierie nonché per la telegrafia ottica. In questo periodo venne stipulato un accordo commerciale con la statunitense Weston Electrical Instrument Co. di Newark, che permise all’azienda di ampliare ulteriormente il proprio mercato. Tuttavia, nel 1906, a causa di nuove difficoltà finanziarie, la società fu messa in liquidazione e acquisita da un gruppo di cui facevano parte anche la S.A.D.E. (Società Adriatica Di Elettricità) e i Cantieri Navali di Livorno. La nuova azienda che nacque da questa operazione assunse il nome di Officine Galileo SA (ora al plurale) e contava circa duecento dipendenti, tra cui lo stesso ingegner Martinez, che andò ad affiancare la nuova direzione aziendale.
Fu in questo periodo che venne avviata la costruzione del nuovo stabilimento fiorentino di Rifredi, dove si concentrò la produzione soprattutto di apparecchi di misurazione elettrica e attrezzature militari per il puntamento e il tiro, includendo anche apparecchi fotografici specificamente dedicati alla fotografia aerea. Queste apparecchiature fotografiche rappresentarono uno dei primi contatti dell’azienda con il mondo della fotografia, sebbene in un contesto prettamente militare e non ancora orientato al mercato civile.
Lo sviluppo e l’espansione (1910-1945)
Il periodo che va dal 1910 al 1945 fu caratterizzato da alti e bassi per le Officine Galileo, con momenti di grande sviluppo alternati a crisi profonde, spesso legate agli eventi bellici e alle loro conseguenze. La guerra di Libia (1911-1912) e il successivo primo conflitto mondiale (1915-1918) rappresentarono per l’azienda un periodo di intensa attività produttiva, con le forze armate che assorbivano gran parte della produzione1. Gli apparecchi ottici per uso militare, dai telemetri ai periscopi, dai binocoli agli strumenti di puntamento, costituivano il cuore della produzione delle Officine Galileo, che si erano ormai affermate come uno dei principali fornitori di tecnologia ottica avanzata per l’esercito e la marina italiana.
Tuttavia, la fine della Prima Guerra Mondiale comportò un drastico calo delle commesse militari, portando l’azienda a un altro periodo di crisi con una temporanea messa in liquidazione della società1. Fu l’avvento del regime fascista a determinare un nuovo impulso e nuove commesse nel settore bellico, permettendo alle Officine Galileo di superare la fase critica e tornare a crescere. La produzione si diversificò ulteriormente, interessando i più diversi campi, dall’ottica all’elettricità, dagli strumenti di misura alla meccanica di precisione, pur mantenendo sempre una forte specializzazione nel settore degli strumenti ottici di alta precisione.
Un passaggio cruciale nella storia dell’azienda si verificò nel 1929, quando le Officine Galileo acquisirono la Koristka di Milano, un’azienda attiva fin dal 1881 e molto nota nel campo dei microscopi e delle ottiche da ripresa. La Koristka, che fin dai primi anni del secolo realizzava anche alcuni prodotti su licenza della Carl Zeiss di Jena, rappresentava un’acquisizione strategica che permetteva alle Officine Galileo di espandere la propria produzione nel campo dell’ottica per uso civile. Nello stabilimento di Milano la produzione si concentrò principalmente su strumenti ottici per uso non militare e nei cataloghi dell’epoca iniziarono ad apparire anche obiettivi fotografici, segnando l’ingresso più deciso dell’azienda nel mondo della fotografia2.
Nel 1931 le Officine Galileo disponevano di ben cinque stabilimenti: due a Firenze, uno a Milano (la Koristka), uno a Trieste e uno a La Spezia, tutti fortemente impegnati nella produzione di attrezzature per le forze armate italiane e di altri paesi, mentre i prodotti per il mercato civile rappresentavano ancora una parte minoritaria della produzione complessiva1. La crescita dell’azienda proseguì durante gli anni Trenta, sostenuta dalle politiche di riarmo del regime fascista e dalla preparazione alla guerra che si andava delineando all’orizzonte.
L’avvento della Seconda Guerra Mondiale rappresentò per le Officine Galileo un periodo di intensa attività produttiva, ma anche di grandi difficoltà logistiche e operative. Durante gli anni del conflitto, precisamente nel periodo 1943-1945, per ragioni strategiche l’azienda fu costretta a trasferire parte della propria produzione a Pordenone, lontano dai bombardamenti alleati che colpivano le grandi città industriali del nord Italia. Fu proprio a Pordenone che uno dei dipendenti dell’azienda, il cavalier Antonio Gatto, avrebbe in seguito avviato, nell’immediato dopoguerra, una piccola produzione di fotocamere “modello Leica” denominate Sonne, utilizzando anche macchinari rilevati dalla Galileo nel momento in cui quest’ultima fece ritorno a Firenze.
Un fatto interessante da notare è che durante il periodo bellico, nonostante le evidenti difficoltà, le Officine Galileo non interruppero mai completamente la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti. Fu proprio in pieno periodo bellico che ebbe inizio la progettazione di quella che sarebbe diventata una delle più straordinarie fotocamere mai realizzate: la GaMi 16, un apparecchio subminiatura di eccezionale raffinatezza che avrebbe visto la produzione di serie solo nel dopoguerra, a partire dal 1953.
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale e la firma dei trattati di pace, il governo italiano fu costretto a sottoscrivere accordi che impedivano qualsiasi attività nel settore delle costruzioni belliche, privando così le Officine Galileo del loro sbocco produttivo più importante e costringendo l’azienda a una forzata conversione della produzione verso il mercato civile. A differenza di quanto accaduto dopo la Prima Guerra Mondiale, questa volta l’azienda si fece trovare meglio preparata ad affrontare la transizione, grazie anche all’esperienza accumulata con l’acquisizione della Koristka e alla progettazione di nuovi prodotti già avviata durante il conflitto.
La produzione fotografica nel dopoguerra
Il periodo immediatamente successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale rappresentò per le Officine Galileo un momento di profonda trasformazione. La riconversione della produzione bellica verso il mercato civile divenne una necessità impellente, imposta non solo dalle condizioni economiche del dopoguerra ma anche dai trattati di pace che limitavano le attività italiane nel settore degli armamenti1. Fu in questo contesto che l’azienda decise di rafforzare il proprio impegno nel settore fotografico, un ambito nel quale aveva già maturato competenze significative grazie alla produzione di strumenti ottici e alla precedente acquisizione della Koristka di Milano.
Nel 1946, le Officine Galileo iniziarono una collaborazione commerciale con la Ferrania, azienda italiana leader nella produzione di pellicole e materiale fotografico. Questa partnership strategica consentì a entrambe le aziende di beneficiare delle rispettive competenze: Ferrania apportava la sua esperienza nel campo dei materiali sensibili e la sua rete commerciale, mentre le Officine Galileo contribuivano con il loro know-how tecnico nella produzione di strumenti ottici di precisione. La ripresa dell’attività nel dopoguerra fu caratterizzata da un’ampia diversificazione della produzione che, oltre a mantenere in catalogo i prodotti per uso civile già presenti, si estese verso settori molto diversi, dai telai per la tessitura agli accendini, dai frigoriferi alle fotocamere.
Sebbene le Officine Galileo avessero già realizzato in passato apparecchi per aerofotogrammetria e rilevamento, fu dal 1948 che iniziò la costruzione di una fotocamera a telemetro “modello Leica” destinata al mercato consumer, che venne commercializzata da Ferrania con il nome di Condor I. Questo apparecchio, che mostrava evidenti somiglianze con la Leica tedesca, presentava tre finestre frontali (di cui due per il telemetro) ed era dotato di un obiettivo Eliog 3,5/50 mm montato su un cannotto rientrante e di un otturatore Iscus Rapid con tempi fino a 1/500 di secondo3. La qualità costruttiva della Condor I era notevole, riflettendo la tradizione di precisione ingegneristica delle Officine Galileo.
A partire dal 1950, il modello base fu seguito in breve tempo da altre tre versioni successive che si differenziavano per caratteristiche tecniche sempre più avanzate. La Condor Ib introdusse la sincronizzazione per il flash e un diverso attacco per lo scatto flessibile; la Condor Ic si distingueva per il piedino di appoggio ripiegabile sotto la base, per l’otturatore Aplon Rapid e per l’autoscatto; infine, la Condor Id portò un significativo miglioramento dell’obiettivo, con un Eliog con apertura massima f/2,8. Ogni versione successiva manteneva le caratteristiche migliorative della precedente, creando una linea di prodotti in continua evoluzione.
Un aspetto curioso della storia della Condor I riguarda la sua commercializzazione sul mercato australiano. L’accordo commerciale stipulato con Ferrania aveva escluso l’Australia, ma le Officine Galileo non volevano rinunciare a quel mercato. Non potendo utilizzare il termine “Condor” per evidenti motivi di copyright, il nome venne parzialmente modificato in “Candog I”, consentendo così all’azienda di distribuire il prodotto anche in Australia senza violare gli accordi con Ferrania.
Dal 1951 apparvero due versioni più economiche della Condor I: la Condor Junior e la Condoretta. La Condor Junior era essenzialmente una Condor I senza il telemetro, mantenendo gran parte delle altre caratteristiche del modello originale. La Condoretta, anch’essa priva di telemetro, rappresentava invece un progetto in parte innovativo, dotata nella parte superiore della slitta portaccessori e con un obiettivo leggermente grandangolare privo del cannotto rientrante: nella prima versione l’ottica era un Terog 4/40 mm, mentre nella seconda versione fu montato un Eliog 3,5/40 mm.
Nello stesso periodo, le Officine Galileo fornivano alla Ferrania ottiche ed otturatori destinati ad altre fotocamere, quali la folding Falco e le medio formato Astor ed Elioflex. Questa collaborazione testimoniava la versatilità produttiva dell’azienda e la sua capacità di adattarsi alle diverse esigenze del mercato fotografico dell’epoca.
Nel 1952 fu introdotta sul mercato la Condor II, un apparecchio con caratteristiche tecniche molto avanzate che rappresentava l’apice della produzione fotografica delle Officine Galileo. La Condor II era dotata di un obiettivo Esaog da 50 mm a sei lenti trattate antiriflesso con un’impressionante apertura massima di f/2, un telemetro accoppiato e una leva di carica rapida che armava contemporaneamente l’otturatore Iscus Rapid (montato su cannotto rientrante) dotato di tempi da 1 secondo fino a 1/500. Nella seconda versione fu aggiunto anche un indicatore di sensibilità della pellicola utilizzata, una caratteristica all’avanguardia per l’epoca.
Per questa serie di apparecchi tipo Leica, prodotti nello stabilimento di Firenze, furono realizzati anche numerosi accessori, come filtri, lenti addizionali, paraluce e treppiedi, ma anche stativi per riproduzione, attacchi per microscopio e proiettori. Un accessorio particolarmente innovativo era lo Stereografo Galil, un aggiuntivo prodotto in tre diverse versioni dedicate ai vari modelli di Condor I e Condor II, che permetteva di realizzare fotografie stereoscopiche. A supporto di questo accessorio furono naturalmente sviluppati anche i relativi mirini, stereovisori da tavolo e sistemi di proiezione.
La GaMi 16 e le innovazioni ottiche
Tra tutte le realizzazioni fotografiche delle Officine Galileo, la GaMi 16 rappresenta senza dubbio il culmine dell’ingegnosità tecnica e della precisione costruttiva dell’azienda. Progettata durante gli anni della guerra e messa in produzione solo nel 1953, la GaMi 16 è considerata la microcamera più raffinata ed accessoriata mai realizzata nell’intera storia degli apparecchi fotografici analogici. Utilizzava pellicola da 16 mm per realizzare fotogrammi di 12×17 mm, un formato subminiatura che richiedeva una precisione costruttiva eccezionale.
La GaMi 16 si distingueva per diverse caratteristiche tecniche d’avanguardia. L’intera costruzione era in metallo, con finiture di altissima qualità. Il corpo macchina presentava dimensioni estremamente compatte (circa 75×50×35 mm) e pesava solo 310 grammi, ma all’interno di questo spazio ridotto i progettisti delle Officine Galileo erano riusciti a inserire un meccanismo di avanzamento pellicola preciso e affidabile, un otturatore a tendina con tempi da 1 secondo a 1/500 più posa B, un telemetro accoppiato all’obiettivo di precisione millimetrica e un mirino luminoso.
L’obiettivo standard della GaMi 16 era un Eliog 2,8/25 mm, ma era disponibile una gamma completa di ottiche intercambiabili che includeva il Tesog 4/20 mm (grandangolare), l’Esaog 2/25 mm (standard luminoso a sei lenti), il Telelog 3,5/35 mm (medio tele) e il Telelog 3,5/50 mm (teleobiettivo). Tutte queste ottiche erano caratterizzate da una qualità costruttiva e da prestazioni ottiche eccezionali, specialmente considerando le dimensioni ridotte e le sfide tecniche poste dal formato subminiatura.
La produzione della GaMi 16 continuò per circa dieci anni, fino ai primi anni ’60, e nel corso di questo periodo furono introdotte diverse varianti e miglioramenti. La quantità di accessori disponibili per questo sistema era straordinaria: dai filtri ai paraluce, dagli esposimetri dedicati ai flash specifici, dai dispositivi per la macro e microfotografia ai sistemi di proiezione e ingrandimento. Era disponibile persino un dorso speciale che consentiva di utilizzare pellicola in rullo tipo 127, ampliando ulteriormente la versatilità del sistema.
Parallelamente alla produzione di fotocamere complete, le Officine Galileo si distinsero anche nella realizzazione di componenti ottici di alta qualità per uso fotografico. Gli obiettivi delle serie Eliog (tre lenti), Tesog e Telelog (quattro lenti), Esaog (sei lenti) erano prodotti anche nella versione con attacco a vite M39 x 1 in svariate focali che andavano dai grandangoli da 35 mm fino ai tele da 135 mm. Molti di questi obiettivi venivano forniti a diverse aziende, italiane e internazionali, che producevano apparecchi tipo Leica6.
Con il medesimo attacco M39 x 1, nello stabilimento di Milano (ex Koristka) furono costruite due ottiche particolarmente interessanti: l’Ogmar da 90 mm con apertura f/4, specificamente progettato per il ritratto, e l’Eptamitar (sette lenti) da 50 mm con apertura f/2, un obiettivo dalle notevolissime prestazioni che rappresentava il massimo della tecnologia ottica dell’epoca. La produzione di ottiche era completata da una vasta gamma di obiettivi per proiezione cinematografica, confermando la versatilità dell’azienda nel campo dell’ottica applicata.
La produzione della serie Condor terminò verso la fine degli anni ’50, mentre la GaMi 16 continuò ad essere prodotta fino ai primi anni ’60. Nel 1964, la produzione ottica di Milano fu trasferita a Firenze e nel 1972 lo stabilimento ex-Koristka venne definitivamente chiuso. La sede centrale dell’azienda si trasferì successivamente nella zona di Campi Bisenzio, dove si trova tuttora. Attualmente, sotto il nome di Selex Galileo (dal 2010) e come parte del gruppo Leonardo (ex Finmeccanica), l’azienda produce attrezzature d’avanguardia per ottica ed elettronica e fornisce strumentazione scientifica molto avanzata per satelliti e sonde spaziali.
Il patrimonio tecnico e produttivo
Il contributo delle Officine Galileo alla storia della tecnologia ottica e fotografica italiana è stato di fondamentale importanza. L’azienda ha saputo coniugare la tradizione artigianale italiana con l’approccio industriale moderno, realizzando prodotti di altissima qualità che spesso non avevano nulla da invidiare alle più blasonate produzioni tedesche o giapponesi. La capacità di adattarsi ai cambiamenti del mercato e di convertire la produzione da militare a civile nei momenti di necessità ha dimostrato la flessibilità e la lungimiranza della dirigenza aziendale nel corso dei decenni.
Gli apparecchi fotografici da studio rappresentano un altro capitolo interessante della produzione delle Officine Galileo. Un esempio significativo è rappresentato da un apparecchio fotografico da studio in legno, costituito da un cavalletto ligneo dotato di due guide orizzontali lungo le quali scorrevano la macchina fotografica vera e propria e un porta lastra per formati 40×45 cm. L’apparecchiatura fotografica era costituita da due telai in legno a sezione quadrata uniti da un soffietto in cartone ricoperto di tela che, attraverso una coppia di rotelle posizionate lateralmente, poteva essere avvicinato o allontanato permettendo così la messa a fuoco. Sul telaio anteriore era montato un obiettivo Officine Galileo Anastig. Siderani 6,8 f=18 cm, mentre quello posteriore era costituito da un porta lastra con saracinesca in legno5.
Le camerette fotografiche prodotte dalle Officine Galileo rappresentavano un altro esempio della versatilità produttiva dell’azienda. Questi strumenti ottici consentivano di eseguire microfotografie su lastre di formato 6,5 x 9 cm e potevano essere utilizzati con qualsiasi microscopio. Le camerette erano dotate di un oculare laterale e venivano fornite con tutti gli accessori necessari, contenuti in apposite cassettine di legno con levette di chiusura e marchio di fabbrica sul coperchio.
La produzione di strumenti ottici per la fotografia scientifica e tecnica rappresentava un settore in cui le Officine Galileo potevano sfruttare appieno la loro lunga esperienza nella realizzazione di strumenti di precisione. Questi apparecchi, meno noti al grande pubblico rispetto alle fotocamere Condor o alla GaMi 16, erano comunque fondamentali in ambiti specifici come la medicina, la biologia, l’astronomia e l’ingegneria.
Per quanto riguarda la qualità dei componenti ottici per fotografia, le Officine Galileo si collocavano tra i più quotati produttori a livello mondiale. La loro capacità di realizzare obiettivi con diverse configurazioni ottiche (da tre a sette elementi) e con trattamenti antiriflesso all’avanguardia dimostrava un livello di competenza tecnica paragonabile a quello dei maggiori produttori internazionali dell’epoca, come Zeiss, Leitz o Nikon.
Le tecnologie e le competenze sviluppate dalle Officine Galileo nel campo dell’ottica fotografica hanno avuto ricadute positive anche in altri settori, come l’astronomia, la microscopia e la strumentazione scientifica in generale. La capacità di progettare e realizzare sistemi ottici complessi ha permesso all’azienda di contribuire in modo significativo allo sviluppo tecnologico italiano, fornendo strumenti avanzati per la ricerca scientifica e l’industria.
Nel campo dell’industria fotografica italiana del dopoguerra, le Officine Galileo hanno rappresentato un caso quasi unico di azienda capace di realizzare prodotti di fascia alta, in grado di competere con i migliori marchi internazionali. Se consideriamo che la maggior parte della produzione fotografica italiana dell’epoca era orientata verso apparecchi economici e di fascia media, l’impegno delle Officine Galileo nel settore delle fotocamere di precisione e degli obiettivi di alta qualità appare ancora più significativo.
L’eredità delle Officine Galileo nel campo della fotografia vive ancora oggi attraverso i molti esemplari di Condor, GaMi 16 e obiettivi vari che sono diventati oggetti ricercati dai collezionisti di tutto il mondo. La raffinatezza costruttiva, la precisione meccanica e la qualità ottica di questi prodotti continuano a testimoniare l’eccellenza dell’industria ottica italiana e rappresentano un patrimonio storico e culturale di grande valore.
La capacità delle Officine Galileo di adattarsi ai cambiamenti del mercato e di evolversi nel tempo, passando dalla produzione di strumenti scientifici all’ottica militare, alla fotografia e infine all’elettronica avanzata e alle tecnologie spaziali, dimostra una flessibilità e una visione strategica che hanno permesso all’azienda di sopravvivere e prosperare attraverso oltre un secolo e mezzo di storia, superando guerre, crisi economiche e rivoluzioni tecnologiche.