La Escopette camera, concepita e prodotta da Albert Darier nella seconda metà del XIX secolo, rappresenta uno degli esempi più singolari e innovativi nel panorama della fotografia portatile ad assetto rapido. Realizzata in Svizzera, con documentazione produttiva a partire almeno dal 1882, l’Escopette – termine che in francese significa “fucile da caccia” – si distingue tanto per la forma quanto per la funzione. Il dispositivo nasceva per rispondere a una sfida precisa: rendere possibile la fotografia istantanea di soggetti mobili, in particolare nella fotografia di strada, nella zoologia e nel contesto del reportage.
Albert Darier, ingegnere e appassionato fotografo, operava in un’epoca in cui la fotografia stava passando da procedimenti statici e da studio verso approcci più dinamici, mobili e flessibili. L’invenzione dell’Escopette va letta in questo quadro: una fotocamera che non solo potesse essere trasportata agevolmente, ma che potesse essere puntata e attivata come un’arma da fuoco, agevolando la cattura rapida di soggetti in movimento.
Ciò che rende l’Escopette particolarmente rilevante nella storia della fotografia è l’integrazione di meccanica, ottica e design ergonomico in un’unica piattaforma portatile. L’approccio adottato da Darier anticipa, per certi versi, concetti oggi associati alla fotografia istintiva, alla “cattura del momento” e alla necessità di fondere rapidità operativa con precisione tecnica.
Struttura meccanica e specifiche costruttive
Dal punto di vista tecnico, la Escopette camera era costruita con una struttura in legno di noce levigato, internamente foderata in velluto nero o carta opaca per evitare riflessi e dispersioni di luce. L’elemento centrale dell’apparato era un obiettivo a fuoco fisso, generalmente di apertura f/8 o f/11, inserito in una canna tubolare metallica che fungeva anche da mirino di puntamento. La lunghezza focale variava tra i 120 e i 180 mm a seconda dei modelli, con una distanza iperfocale ottimizzata per la messa a fuoco da circa 2 metri a infinito.
Il corpo macchina ricordava effettivamente l’impugnatura di un fucile: un’asta principale orizzontale fungeva da supporto per la camera e da mirino, mentre un grilletto meccanico collegato tramite una leva al sistema otturatore permetteva di scattare la fotografia con un semplice movimento del dito indice. Questa ergonomia, per quanto anomala per una fotocamera, consentiva all’operatore di scattare immagini senza bisogno di treppiedi o supporti, mantenendo la macchina in posizione orizzontale e stabile.
Il meccanismo di scatto era di tipo meccanico a molla, con tempi di posa variabili tra 1/30 e 1/100 di secondo, valori che, per l’epoca, rappresentavano una soglia accettabile per la cattura di soggetti in movimento. La camera accoglieva generalmente lastre fotografiche in formato 6×9 cm o 9×12 cm, inserite tramite un dorso a sportello posteriore. Alcuni esemplari successivi furono modificati per accettare chassis multipli a scorrimento, per favorire scatti consecutivi sul campo.
Il design era completato da una slitta metallica superiore per l’installazione di un mirino ottico aggiuntivo e da un otturatore centrale a lamelle, talvolta intercambiabile con modelli più avanzati costruiti su licenza da fornitori svizzeri come Leitz e Suter. L’intero sistema era concepito per minimizzare i tempi di preparazione allo scatto, un obiettivo particolarmente sentito nei contesti di documentazione sul campo e fotografia naturalistica.
L’Escopette venne accolta con curiosità e favore tra i fotografi dilettanti evoluti, ma trovò applicazioni specifiche in ambiti professionali come la zoologia, l’etnografia e il giornalismo illustrato. Il Museo di Storia Naturale di Ginevra, ad esempio, ne documenta l’uso da parte dei ricercatori sul campo durante le spedizioni alpine e nell’osservazione dei volatili. La possibilità di puntare rapidamente la fotocamera e catturare l’immagine con un singolo gesto era particolarmente utile per soggetti che non potevano essere previsti o avvicinati facilmente.
Anche in ambito urbano, la Escopette permise ai fotografi di catturare scene spontanee, dando luogo a una forma embrionale di street photography ante litteram. La forma stessa della fotocamera – vagamente simile a un’arma – attirò attenzione ma generò anche preoccupazione tra le autorità, tanto che in alcune città, come Parigi e Zurigo, venne richiesto che l’apparecchio non fosse utilizzato in aree pubbliche affollate senza autorizzazione.
La produzione rimase artigianale e limitata, eppure l’Escopette raggiunse anche mercati esteri, in particolare la Francia, il Regno Unito e, in misura minore, gli Stati Uniti. Veniva venduta attraverso canali specializzati e riviste fotografiche dell’epoca, che ne celebravano la portabilità e l’efficienza. La pubblicazione “La Photographie Pratique” ne recensì più volte le versioni successive, evidenziando la qualità dell’obiettivo e l’affidabilità del sistema di scatto.
Un’interessante evoluzione fu rappresentata dalla versione stereoscopica, realizzata a partire dal 1890 circa, che consentiva la produzione di immagini tridimensionali su doppia lastra. Questa variante trovò impiego soprattutto in contesti educativi e nella produzione di vedute naturalistiche destinate a musei e istituzioni accademiche.
Fine della produzione e sopravvivenza storica
Con l’inizio del XX secolo e l’avvento delle prime fotocamere portatili a pellicola come la Kodak Folding Pocket o le Voigtländer a soffietto, l’Escopette perse rapidamente terreno. Il suo sistema a lastra rigida e la forma non convenzionale divennero ostacoli in un mercato sempre più orientato verso soluzioni compatte, tascabili e ad alta capacità di esposizione. Tuttavia, l’interesse nei confronti del dispositivo non venne mai meno del tutto, grazie anche alla sua originalità formale e funzionale.
Albert Darier si ritirò dalla produzione fotografica attorno al 1905, dedicandosi successivamente a studi ottici teorici e collaborazioni con università svizzere. Gli ultimi modelli Escopette vennero probabilmente assemblati su ordinazione fino al 1910 circa, spesso arricchiti da personalizzazioni richieste dagli acquirenti, come ottiche su specifica o impugnature rinforzate in metallo cromato.
Oggi, la Escopette è un oggetto da collezione rarissimo. Ne sopravvivono pochissimi esemplari documentati, la maggior parte dei quali conservati in musei fotografici europei o in collezioni private di storia della tecnica. La particolarità dell’Escopette camera non sta solo nella sua funzione, ma nel suo approccio radicale all’ergonomia fotografica, in un’epoca in cui la fotografia stava ancora cercando la sua forma definitiva.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
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