L’avventura industriale della Montanus Kamerafabrik ebbe inizio nel cuore della Renania settentrionale, a Solingen, negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale. Il nucleo originario dell’impresa affonda le radici nel 1920, quando la società Potthoff & Co., specializzata in lavorazioni plastiche, avviò una produzione parallela per componenti fotografici. La scelta di Solingen come sede non fu casuale: la città era già allora rinomata per l’altissima specializzazione meccanica, in particolare per la produzione di coltelleria e strumenti di precisione.
Proprio da questa tradizione artigiana nacque l’idea di diversificare la produzione, sfruttando il know‐how metallurgico e la crescente domanda di fotocamere economiche ma funzionali. I primi anni videro un’attenzione particolare allo stampaggio di materiali termoindurenti, in primis la Bakelite, usata per realizzare corpi macchina economici, ma dotati di una resistenza fisica adeguata e di una forma replicabile in serie.
Intorno al 1952, la divisione fotografica della Potthoff & Co. si staccò formalmente dalla casa madre, dando origine al marchio Montanus, nome evocativo della geografia montuosa circostante. Il nuovo brand si concentrò su macchine fotografiche per il largo consumo, sfruttando una sinergia tra materiali plastici stampati, componentistica in leghe leggere, e ottiche prodotte da fornitori esterni. Questo modello produttivo, al tempo innovativo, permise a Montanus di collocarsi tra i produttori emergenti nel mercato tedesco post-bellico.
La capacità industriale iniziale comprendeva presse meccaniche per la Bakelite, torni paralleli per l’assemblaggio dei componenti metallici e strumenti ottici per il controllo delle lenti. Le prime commesse riguardarono fotocamere semplici, prive di telemetro, con otturatori centrali montati frontalmente e pronte per essere distribuite nei mercati di massa.
Produzione delle fotocamere Plascaflex e primi modelli (1952–1956)
Nel 1952 vide la luce la prima linea produttiva significativa: le fotocamere Plascaflex, realizzate quasi interamente in Bakelite, con linee arrotondate e comandi meccanici essenziali. Le versioni PS35 e V45, ad esempio, montavano ottiche semplici da 45 mm con apertura massima f/3.5, affiancate da otturatori centrali capaci di tempi da 1 secondo a 1/300 di secondo.
L’assemblaggio prevedeva la rifinitura manuale delle superfici ottiche e il collaudo tramite esposizioni multiple con tavole testate alla luce diurna. Nonostante l’apparente semplicità, le Plascaflex furono progettate per garantire la massima compatibilità con i formati più diffusi (35 mm e 127), mantenendo pesi e ingombri minimi.
Il successo iniziale incoraggiò Montanus a diversificare. Nel 1954 venne introdotta la Super Reflex, una TLR (Twin Lens Reflex) con specchi accoppiati e meccanismo di avanzamento film a cremagliera. L’uso di lenti parallele per visione e ripresa consentiva una composizione più accurata rispetto ai modelli box. Il mirino reflex, seppur piccolo, era sufficientemente luminoso per la fotografia amatoriale in esterni.
Questo modello si distinse per l’originalità strutturale: alla base della fotocamera era stato integrato un vano per un mini-ingranditore portatile, utilizzabile per controlli rapidi delle pellicole sviluppate. Un’idea tecnica raffinata, che rappresentava l’intento di Montanus di elevare le proprie macchine dalla fascia base a quella intermedia, pur mantenendo una produzione a basso costo.
Introduzione delle linee Montana e Rocca e sviluppo avanzato (1956–1960)
Con il consolidamento dell’esperienza produttiva, Montanus decise di espandere il proprio catalogo lanciando nel 1956 le fotocamere Montana e, poco dopo, le Montana Luxus. Questi apparecchi per pellicola 35 mm vennero sviluppati come fotocamere compatte e portatili, pensate per l’utente urbano. La costruzione in lega di zinco, la copertura in similpelle e le ottiche da 45 mm f/3.5 rappresentavano un significativo salto qualitativo rispetto ai modelli in sola Bakelite.
Le meccaniche interne erano basate su otturatori Prontor, con scala dei tempi fino a 1/200 di secondo, e diaframmi a iride da tre a cinque lamelle. Le versioni “Luxus” offrivano una maggiore cura estetica: cromature lucidate, incisioni decorative e, in alcuni casi, vetrini correttivi integrati nei mirini a correzione di parallasse.
Nel 1958 fu introdotto il modello Rocca 35, destinato a un pubblico più esigente. La macchina venne dotata di un sistema a mirino ottico luminoso con trattamento antiriflesso e di una slitta portaflash sincrona a contatto caldo. Le varianti successive, tra cui la Roccamatic SLK, si arricchirono di ottiche Enna a 4 elementi (Ennit o Ennagon) e di esposimetri al selenio, accoppiati all’otturatore con scala EV.
Le soluzioni adottate nel Rocca 35, tra cui il sistema di compensazione manuale per la luce incidente e la presenza di guarnizioni interne in feltro trattato, mostrarono una notevole attenzione all’affidabilità nel tempo. Il telaio della fotocamera, realizzato in fusione di alluminio pressofuso, veniva lavorato con tolleranze inferiori ai 0,02 mm. Questa precisione era rara in fotocamere di fascia media, e testimoniava un impegno tecnico che andava ben oltre la logica dell’assemblaggio economico.
Il cuore dell’innovazione Montanus risiedeva nella capacità di unire tecnologie plastiche e micro-meccanica con un controllo qualità elevato, spesso manuale. Il processo produttivo cominciava dallo stampaggio a compressione della Bakelite, che richiedeva stampi in acciaio temprato a sei cavità, lavorati su rettifiche cilindriche. Il controllo dimensionale avveniva con calibri e micrometri, e ogni 50 unità prodotte veniva effettuato un collaudo di planarità e resistenza agli urti.
L’assemblaggio degli otturatori veniva effettuato in celle antistatiche, con lubrificazione puntuale mediante oli siliconici a basso attrito, mentre la filettatura degli anelli di messa a fuoco era realizzata su torni verticali dotati di utensili a gradiente variabile, per assicurare la dolcezza del movimento. L’adozione di baionette semplificate e la standardizzazione dei tiraggi ottici permettevano la compatibilità con molte ottiche tedesche coeve.
Il trattamento ottico dei gruppi lente comprendeva rivestimenti antiriflesso monostrato al fluoro di magnesio, applicati sotto vuoto tramite evaporazione termoassistita. Questo accorgimento garantiva un miglior contrasto e una riduzione significativa delle immagini fantasma in condizioni di forte controluce.
Particolarmente notevole fu il lavoro svolto sul modello Super Reflex, dove venne implementato un meccanismo sincronizzato a doppio specchio, movimentato da una leva dentata in acciaio armonico. Il design compatto e il peso contenuto vennero ottenuti utilizzando alluminio pressofuso per la struttura e ingranaggi in ottone con dentatura elicoidale, silenziata per l’utilizzo in ambienti discreti.
Con l’avvento delle fotocamere giapponesi e l’elettrificazione dei sistemi di misura, la Montanus Kamerafabrik si trovò impreparata a competere su scala industriale globale. L’azienda chiuse la produzione all’inizio degli anni Sessanta, ma il suo catalogo resta tutt’oggi oggetto di studio per l’ingegnosità costruttiva e per l’originalità tecnica nel panorama delle fotocamere tedesche minori.