Herb Ritts nacque a Los Angeles nel 1952 in una famiglia appartenente alla classe medio-alta californiana. La sua crescita avvenne nel cuore di una società che negli anni Sessanta e Settanta vedeva la California diventare il crocevia tra il glamour hollywoodiano e l’emergere di nuove forme di cultura giovanile. Ritts frequentò la Bard College a New York, dove studiò economia e storia dell’arte, acquisendo una sensibilità che, pur non formalmente orientata verso la fotografia, avrebbe inciso profondamente sul suo modo di concepire l’immagine. Tornato a Los Angeles dopo la laurea, iniziò a lavorare nell’impresa di famiglia nel settore dell’arredamento, ma fu proprio in quegli anni che maturò una passione crescente per la fotografia, coltivata in modo autodidatta.
Il contesto in cui Ritts si formò non fu quello accademico tradizionale. Non frequentò scuole di fotografia né corsi specifici, ma si immerse nelle possibilità tecniche offerte dalle reflex 35mm, sperimentando con il bianco e nero ad alto contrasto e studiando da vicino il lavoro di autori come Richard Avedon e Irving Penn. Ciò che lo distingueva fin dall’inizio era la capacità di combinare il rigore formale con un senso innato per la bellezza classica, che reinterpretava in chiave contemporanea. Il giovane Ritts viveva in un’epoca in cui la fotografia di moda stava subendo mutamenti profondi: da una parte la tradizione del glamour raffinato, dall’altra l’emergere di linguaggi più diretti e realistici. La sua carriera si inserì precisamente in questa dialettica, trovando un linguaggio personale che avrebbe segnato gli anni Ottanta e Novanta.
L’episodio che lanciò Ritts nel panorama internazionale fu quasi fortuito. Nel 1978 scattò alcune fotografie a Richard Gere, allora attore emergente, in una stazione di servizio del deserto californiano. Quegli scatti, caratterizzati da un bianco e nero intenso e da una composizione che univa spontaneità e perfezione plastica, fecero rapidamente il giro delle redazioni di moda. In breve tempo Ritts iniziò a ricevere commissioni da riviste prestigiose come Vogue, Vanity Fair e Rolling Stone. In un’epoca in cui l’immagine fotografica stava diventando il linguaggio dominante della cultura popolare, il suo stile si impose come una delle nuove icone del decennio.
Il legame con Los Angeles e con la luce della California divenne una cifra essenziale del suo lavoro. Ritts prediligeva le sessioni fotografiche all’aperto, spesso nel deserto o su fondali naturali ridotti all’essenziale, sfruttando la durezza della luce solare per scolpire i corpi. Questa predilezione per la natura californiana non fu un semplice contesto scenografico, ma un vero laboratorio di estetica. La luce del deserto, capace di produrre ombre nette e superfici levigate, divenne per Ritts lo strumento con cui fondere fotografia e scultura.
Negli anni Ottanta la sua carriera decollò in modo definitivo. Ritts cominciò a collaborare stabilmente con grandi case di moda e con l’industria musicale, realizzando ritratti di star come Madonna, Michael Jackson, Elton John e Cindy Crawford. La sua abilità consisteva nel coniugare l’immagine promozionale con una forza estetica autonoma, capace di elevare il ritratto pubblicitario a opera d’arte. Questa fusione tra mondo commerciale e linguaggio artistico lo rese una delle figure più influenti del periodo, capace di spostarsi senza soluzione di continuità tra riviste patinate, campagne pubblicitarie e gallerie d’arte.
La vita privata di Ritts rimase sempre piuttosto riservata, ma il suo impegno nella lotta contro l’AIDS e la sua vicinanza alle comunità artistiche LGBTQ+ furono parte integrante del suo percorso umano. Morì prematuramente nel 2002, a soli cinquanta anni, a causa di complicazioni legate a una polmonite. La sua scomparsa lasciò un vuoto profondo nel mondo della fotografia di moda e del ritratto, ma la sua influenza continua a essere percepita nelle generazioni successive di fotografi che hanno attinto alla sua estetica classica e senza tempo.
Linguaggio visivo e tecniche fotografiche
Il linguaggio fotografico di Herb Ritts si caratterizza per la sua apparente semplicità formale che, a un’analisi più approfondita, rivela una sofisticata padronanza tecnica. Uno degli elementi chiave è l’uso magistrale del bianco e nero, che egli considerava lo strumento più adatto per astrarre la realtà e conferire alle immagini un’aura senza tempo. Le sue fotografie non erano mai semplici documenti: erano costruzioni formali in cui il corpo umano, i tessuti e gli oggetti venivano trattati come elementi scultorei. Ritts parlava spesso della fotografia come di un processo che avvicina l’immagine bidimensionale alla tridimensionalità della scultura, e questa idea si rifletteva nelle sue scelte compositive.
Dal punto di vista tecnico, Ritts lavorava con formati medio-grandi, preferendo la nitidezza e la ricchezza tonale della pellicola rispetto alle prime sperimentazioni digitali che cominciavano a diffondersi negli anni Novanta. L’uso di macchine fotografiche come la Mamiya RZ67 gli consentiva di ottenere immagini di altissima definizione, perfette per la stampa editoriale e per le grandi esposizioni museali. La scelta delle ottiche, spesso grandangolari moderati o normali, contribuiva a restituire proporzioni realistiche senza distorsioni eccessive, mantenendo intatta la monumentalità dei corpi.
Un tratto distintivo era la predilezione per la luce naturale. Ritts scattava frequentemente in esterni, soprattutto in ambienti desertici o costieri della California. La luce diretta del sole, con la sua intensità e la sua durezza, gli permetteva di modellare i corpi con ombre nette, creando contrasti che ricordano il chiaroscuro della scultura classica. Questo approccio lo distingueva da molti altri fotografi di moda che, nello stesso periodo, privilegiavano l’uso di set complessi e di luci artificiali. La sua capacità di trasformare ambienti spogli e naturali in scenari di potenza visiva straordinaria rimane uno degli aspetti più riconoscibili della sua poetica.
L’attenzione al corpo umano è centrale nella fotografia di Ritts. I suoi nudi, maschili e femminili, non avevano nulla di voyeuristico o scandaloso: erano studi di forma e movimento, in cui la pelle diventava superficie scultorea. I corpi erano spesso posizionati in posture che richiamavano l’arte classica greca e rinascimentale, reinterpretata attraverso la sensibilità contemporanea. In questo senso, Ritts portò avanti un dialogo costante tra la tradizione artistica e il linguaggio della fotografia di moda, facendo della bellezza classica un elemento accessibile al grande pubblico.
Altro elemento tecnico è la gestione della sequenza fotografica. Pur lavorando principalmente per l’editoria e la pubblicità, Ritts concepiva spesso i suoi servizi come narrazioni visive coese. Le serie fotografiche non erano semplici collezioni di immagini, ma racconti costruiti con un ritmo interno, con alternanza di dettagli e campi lunghi, con variazioni di posa e di luce che creavano un flusso visivo coerente. Questa capacità narrativa gli permise di distinguersi come autore completo, capace di andare oltre il singolo scatto iconico per costruire interi immaginari visivi.
La sua estetica, apparentemente priva di imperfezioni, fu talvolta criticata per eccesso di bellezza e per mancanza di conflitto. Tuttavia, proprio questa ricerca di perfezione e di armonia collocò Ritts in una posizione unica nella fotografia contemporanea. In un’epoca segnata da linguaggi più crudi e documentari, la sua fotografia celebrava la bellezza in forma pura, senza temere l’accusa di idealizzazione. In questo equilibrio tra classicismo e contemporaneità risiede la sua eredità tecnica e stilistica, che ancora oggi influenza la fotografia di moda e di ritratto.
Opere principali e riconoscimenti
Le opere di Herb Ritts si collocano a metà strada tra la fotografia di moda, il ritratto di celebrità e l’arte espositiva. Il suo primo libro importante, Herb Ritts: Pictures (1988), raccoglieva alcune delle sue immagini più iconiche, consolidando la sua reputazione internazionale. Seguirono volumi come Men/Women (1989) e Africa (1994), in cui l’autore esplorava rispettivamente la rappresentazione del corpo maschile e femminile e l’impatto visivo dei paesaggi e delle culture africane. Questi libri non erano semplici cataloghi di immagini, ma veri e propri manifesti estetici che ridefinivano il concetto stesso di libro fotografico di moda.
Tra le immagini più celebri si ricordano i ritratti di Madonna durante gli anni Ottanta, che contribuirono a consolidare l’icona pop della cantante, e le campagne pubblicitarie per marchi come Calvin Klein e Giorgio Armani, che trasformarono il linguaggio della moda in un’esperienza visiva di straordinaria eleganza. Le fotografie di Ritts di top model come Cindy Crawford, Naomi Campbell, Stephanie Seymour e Christy Turlington segnarono in modo indelebile l’immaginario collettivo del decennio delle supermodelle.
Oltre al lavoro editoriale, Ritts si cimentò anche nella regia di videoclip musicali, tra cui quello di Cherish di Madonna (1989) e Love Will Never Do (Without You) di Janet Jackson (1990). Anche in questo campo traspose la sua estetica visiva, con un’attenzione particolare al corpo, al movimento e alla luce naturale. I videoclip diretti da Ritts si distinguono per la stessa purezza formale che caratterizza le sue fotografie, confermando la sua coerenza stilistica attraverso diversi media.
Dal punto di vista dei riconoscimenti, Herb Ritts ottenne un successo che travalicava il mondo commerciale. Le sue fotografie furono esposte in importanti istituzioni come il Museum of Modern Art di San Francisco, il Getty Museum di Los Angeles e il Museum of Fine Arts di Boston. Queste retrospettive dimostrarono come la sua opera, pur nascendo in gran parte da commissioni commerciali, possedesse una forza artistica capace di reggere il confronto con la grande fotografia d’arte. L’inclusione nei musei consolidò la sua posizione come ponte tra fotografia commerciale e fotografia artistica.
Ritts ricevette numerosi premi, tra cui il Lifetime Achievement Award dell’International Center of Photography di New York. La sua influenza continuò anche dopo la sua morte: il Herb Ritts Foundation, creata nel 2002, sostiene programmi educativi e mostre che mantengono viva la sua eredità. La fondazione ha finanziato importanti esposizioni che hanno permesso di rileggere il suo lavoro alla luce della storia della fotografia, sottraendolo alla dimensione esclusivamente commerciale per inserirlo a pieno titolo nel canone artistico.
Le sue opere principali, oggi, sono considerate icone della fotografia contemporanea. Le immagini di Ritts hanno contribuito a creare un’idea di bellezza universale, accessibile e al tempo stesso sofisticata. La loro influenza è evidente non solo nella moda e nella pubblicità, ma anche nel modo in cui la fotografia artistica ha saputo dialogare con la cultura popolare. L’eredità di Ritts consiste nell’aver dimostrato che la fotografia commerciale, se condotta con rigore tecnico e con visione estetica, può raggiungere una dignità artistica pari alle forme più tradizionali di espressione visiva.
Mi chiamo Marco Americi, ho circa 45 anni e da sempre coltivo una profonda passione per la fotografia, intesa non solo come mezzo espressivo ma anche come testimonianza storica e culturale. Nel corso degli anni ho studiato e collezionato fotocamere, riviste, stampe e documenti, sviluppando un forte interesse per tutto ciò che riguarda l’evoluzione tecnica e stilistica della fotografia. Amo scavare nel passato per riportare alla luce autori, correnti e apparecchiature spesso dimenticate, convinto che ogni dettaglio, anche il più piccolo, contribuisca a comporre il grande mosaico della storia dell’immagine. Su storiadellafotografia.com condivido ricerche, approfondimenti e riflessioni, con l’obiettivo di trasmettere il valore documentale e umano della fotografia a un pubblico curioso e appassionato, come me.


