Erwin Blumenfeld nacque il 26 gennaio 1897 a Berlino in una famiglia ebraica della media borghesia. Crebbe in un contesto culturale vivace e cosmopolita, segnato dalla ricca tradizione artistica e intellettuale della capitale tedesca. Fin da giovane mostrò un forte interesse per le arti visive, la letteratura e la musica, elementi che avrebbero influenzato in modo determinante il suo stile fotografico.
Durante la Prima guerra mondiale, Blumenfeld venne arruolato nell’esercito tedesco, esperienza traumatica che lo segnò profondamente e lo portò a maturare una visione critica e disillusa della società del suo tempo. Dopo il conflitto, si trasferì a Berlino, dove entrò in contatto con i circoli d’avanguardia vicini al Dadaismo e al Surrealismo, movimenti che in seguito avrebbero lasciato tracce evidenti nella sua produzione fotografica.
Nel corso degli anni Venti si spostò ad Amsterdam, dove iniziò a lavorare come commerciante di pelli e successivamente come fotografo amatoriale, realizzando i suoi primi esperimenti con la fotografia di ritratto e con le tecniche di collage fotografico. Nel 1921 sposò Lena Citroen, con cui condivise sia la vita privata che l’avventura artistica.
Con l’ascesa del nazismo e le crescenti persecuzioni contro gli ebrei, la sua carriera subì un’interruzione. Trasferitosi a Parigi nel 1936, entrò rapidamente in contatto con il mondo della moda e della fotografia commerciale, lavorando per riviste come Vogue e Harper’s Bazaar. Negli anni della guerra fu internato in diversi campi di concentramento francesi, ma riuscì a fuggire e nel 1941 emigrò negli Stati Uniti, stabilendosi a New York.
Negli Stati Uniti raggiunse l’apice del successo: le sue fotografie apparvero regolarmente sulle copertine delle più prestigiose riviste di moda, e il suo nome divenne sinonimo di eleganza e sperimentazione visiva. Morì il 4 luglio 1969 a Roma, lasciando un patrimonio di immagini che segnarono in modo indelebile la storia della fotografia del Novecento.
Formazione e prime sperimentazioni artistiche
Gli anni della giovinezza di Erwin Blumenfeld furono caratterizzati da una forte curiosità intellettuale e da un interesse trasversale per le arti. Non ricevette una formazione accademica specifica in fotografia, ma si formò come autodidatta, ispirandosi ai linguaggi pittorici e ai movimenti d’avanguardia della sua epoca.
Negli anni Venti, ad Amsterdam, iniziò a utilizzare la fotografia come strumento di espressione personale. I suoi primi lavori, realizzati in modo sperimentale, mostravano già un’attitudine all’uso creativo della luce e dell’ombra, e un gusto per la manipolazione visiva che lo avvicinava alle ricerche dadaiste e surrealiste. Spesso realizzava fotomontaggi e collage, combinando più immagini per ottenere composizioni surreali e ironiche.
Uno degli aspetti fondamentali della sua formazione fu il contatto con la cultura visiva di Weimar e con artisti come George Grosz e Hannah Höch, che esploravano il potere del collage come forma di critica sociale. Blumenfeld trasferì queste intuizioni nel medium fotografico, creando immagini che mettevano in discussione l’idea stessa di realismo fotografico.
Dal punto di vista tecnico, negli anni Venti e Trenta Blumenfeld iniziò a sperimentare con la solarizzazione, l’uso di specchi e superfici riflettenti, e le sovrimpressioni, tecniche che in seguito sarebbero diventate la sua cifra stilistica. Giocava con il corpo umano, spesso frammentandolo o moltiplicandolo attraverso effetti ottici, trasformando la figura femminile in un simbolo enigmatico e astratto.
Il trasferimento a Parigi nel 1936 segnò un punto di svolta. Qui entrò in contatto con l’ambiente artistico cosmopolita e con la nascente fotografia di moda. Pur non avendo alle spalle un percorso professionale tradizionale, riuscì rapidamente a imporsi grazie al suo stile innovativo. La sua capacità di combinare rigore estetico e audacia sperimentale attirò l’attenzione delle riviste più influenti, che videro in lui un autore capace di portare la fotografia di moda oltre i confini della mera rappresentazione del vestito.
Innovazioni tecniche e linguaggio fotografico
Il contributo più duraturo di Erwin Blumenfeld alla storia della fotografia risiede nelle sue sperimentazioni tecniche. Fin dai primi lavori, dimostrò un approccio libero e irriverente, non limitandosi a registrare la realtà ma trasformandola in immagini di grande potere visivo.
Uno degli aspetti centrali della sua ricerca fu l’uso della solarizzazione, tecnica che consiste nell’esporre parzialmente un negativo o una stampa fotografica alla luce durante lo sviluppo, ottenendo contorni luminosi e un effetto di inversione tonale. Blumenfeld impiegò questa tecnica non solo come effetto decorativo, ma come strumento per dare alle sue immagini un carattere onirico e surreale.
Un altro elemento distintivo fu l’impiego di specchi e superfici riflettenti, che gli permettevano di moltiplicare e frammentare l’immagine, creando composizioni di forte impatto grafico. Queste soluzioni tecniche si rivelarono particolarmente efficaci nella fotografia di moda, dove il corpo delle modelle veniva trasformato in una costruzione astratta, sospesa tra eleganza e artificio.
Blumenfeld fu anche maestro nell’uso delle sovrimpressioni e della doppia esposizione, che gli consentivano di combinare elementi diversi in un’unica immagine, generando simboli e metafore visive. Questo approccio derivava direttamente dalle suggestioni surrealiste, ma trovava una nuova applicazione nella fotografia commerciale, aprendo strade inedite all’industria editoriale.
Dal punto di vista tecnico-operativo, Blumenfeld lavorava con apparecchi di medio formato come la Rolleiflex, molto diffusa tra i fotografi di moda dell’epoca, e utilizzava pellicole ad alta definizione che gli consentivano di ottenere immagini nitide anche in condizioni di luce complesse. La sua abilità nel gestire la luce naturale e artificiale era notevole: spesso creava contrasti netti, con fondali bianchi o neri che mettevano in risalto le figure, ma al tempo stesso sperimentava con luci colorate e filtri ottici per introdurre variazioni cromatiche inattese.
Blumenfeld portò la fotografia di moda a un livello di sofisticazione estetica mai raggiunto prima, trasformando le modelle in icone enigmatiche e sofisticate. La sua capacità di unire rigore compositivo, sperimentazione tecnica e sensibilità grafica lo rese uno dei protagonisti assoluti del settore.
Le opere principali
Tra le opere più significative di Erwin Blumenfeld spiccano i suoi lavori di ritratto sperimentale e le iconiche copertine di moda realizzate per Harper’s Bazaar e Vogue.
Negli anni Trenta e Quaranta, Blumenfeld realizzò una serie di ritratti caratterizzati da un forte sperimentalismo tecnico. Tra questi si ricordano i ritratti femminili in cui il volto veniva parzialmente oscurato da ombre geometriche o riflessi, trasformandosi in un gioco astratto di forme e volumi. Queste immagini, spesso ottenute con il sapiente uso della luce radente e di filtri, anticipavano soluzioni che sarebbero state adottate decenni più tardi nella fotografia contemporanea.
Uno dei lavori più celebri è la fotografia intitolata Nude Under Wet Silk (1937), in cui una figura femminile appare avvolta in un tessuto trasparente bagnato. L’immagine, sensuale ma al tempo stesso astratta, rivela l’abilità di Blumenfeld nel trattare il corpo non come oggetto di desiderio esplicito, ma come superficie su cui la luce e la materia creano un disegno.
Durante la sua permanenza a New York, a partire dagli anni Quaranta, realizzò alcune delle copertine più celebri della fotografia di moda. Per Vogue, ad esempio, creò immagini caratterizzate da composizioni minimaliste, colori saturi e contrasti netti. Una delle sue copertine più note, quella del gennaio 1950, raffigura un volto femminile ridotto a pochi elementi essenziali – labbra rosse, un occhio e un profilo stilizzato – anticipando il linguaggio della grafica pubblicitaria moderna.
Accanto alla moda, Blumenfeld si cimentò anche con la fotografia pubblicitaria e artistica, sperimentando con collage fotografici e tecniche di manipolazione in camera oscura. Molte di queste opere sono oggi considerate anticipatrici della fotografia digitale, poiché mostrano un approccio alla manipolazione dell’immagine che superava i limiti della tecnologia del tempo.
Evoluzione della carriera e riconoscimento internazionale
L’arrivo negli Stati Uniti nel 1941 segnò l’inizio della fase di maggior successo della carriera di Erwin Blumenfeld. A New York divenne rapidamente uno dei fotografi più richiesti nel settore della moda, collaborando con stilisti e riviste di prestigio. La sua capacità di coniugare eleganza commerciale e sperimentazione artistica lo rese una figura di riferimento per l’editoria internazionale.
Durante gli anni Quaranta e Cinquanta realizzò centinaia di copertine e servizi fotografici, contribuendo a ridefinire l’immagine della donna nell’immaginario collettivo. Le sue modelle non erano mai rappresentate come figure passive, ma come presenze enigmatiche, sofisticate e spesso frammentate, quasi a voler sottolineare la complessità della loro identità.
Parallelamente alla carriera commerciale, Blumenfeld continuò a coltivare una produzione più intima e sperimentale, che solo in parte fu conosciuta durante la sua vita. Molte delle sue fotografie più audaci, caratterizzate da nudi femminili e da manipolazioni visive ardite, furono pubblicate soltanto postume, rivelando la portata radicale del suo lavoro.
Negli ultimi anni della sua vita, Blumenfeld visse tra New York, Parigi e Roma, continuando a lavorare ma anche dedicandosi alla scrittura. Lasciò un’autobiografia intitolata Eye to I, pubblicata postuma nel 1975, in cui raccontò la propria vita con lo stesso spirito ironico e visionario che caratterizzava le sue fotografie.
Oggi le sue opere sono conservate in importanti collezioni internazionali, tra cui il Museum of Modern Art di New York, il Victoria and Albert Museum di Londra e il Centre Pompidou di Parigi. La sua eredità è riconosciuta come una delle più innovative e influenti della fotografia del XX secolo.
Mi chiamo Marco Americi, ho circa 45 anni e da sempre coltivo una profonda passione per la fotografia, intesa non solo come mezzo espressivo ma anche come testimonianza storica e culturale. Nel corso degli anni ho studiato e collezionato fotocamere, riviste, stampe e documenti, sviluppando un forte interesse per tutto ciò che riguarda l’evoluzione tecnica e stilistica della fotografia. Amo scavare nel passato per riportare alla luce autori, correnti e apparecchiature spesso dimenticate, convinto che ogni dettaglio, anche il più piccolo, contribuisca a comporre il grande mosaico della storia dell’immagine. Su storiadellafotografia.com condivido ricerche, approfondimenti e riflessioni, con l’obiettivo di trasmettere il valore documentale e umano della fotografia a un pubblico curioso e appassionato, come me.


