La figura di E. Enjalbert si inserisce in un contesto vivace e frammentato della fotografia europea della seconda metà del XIX secolo. Si trattava di un’epoca segnata da invenzioni continue, da una proliferazione di brevetti e da una spinta generale verso la miniaturizzazione e la portabilità delle apparecchiature fotografiche. Mentre in Inghilterra e Germania l’industria si stava organizzando secondo logiche industriali più sistematiche, in Francia rimanevano ancora molto attivi i piccoli inventori e costruttori indipendenti. Enjalbert apparteneva a questa seconda categoria: un artigiano, un tecnico e, probabilmente, anche un fotografo praticante, che si è distinto per alcune innovazioni tecniche significative legate alla progettazione di otturatori e dispositivi per la messa a fuoco.
La documentazione archivistica su E. Enjalbert è frammentaria ma indicativa. Le prime notizie certe lo localizzano a Parigi intorno al 1880, attivo probabilmente come costruttore indipendente o affiliato a un laboratorio ottico. In quel periodo, la capitale francese rappresentava un centro di eccezionale fermento fotografico. Erano gli anni in cui Richard e Jules Richard sviluppavano le loro fotocamere stereo, mentre il mercato si affollava di dispositivi a lastra sempre più compatti. Enjalbert si ritagliò un proprio spazio grazie alla progettazione e produzione di apparecchi caratterizzati da soluzioni ingegnose per la gestione dell’esposizione, un aspetto ancora in fase sperimentale in quegli anni.
Le poche pubblicità e menzioni nei cataloghi dell’epoca indicano che i suoi prodotti non venivano commercializzati su larga scala, ma piuttosto in cerchie specialistiche, probabilmente per una clientela di amatori esperti e professionisti esigenti. Il marchio non raggiunse mai un successo commerciale paragonabile a quello dei fratelli Lumière o della Maison Gaumont, ma esercitò una certa influenza nei circoli tecnici parigini, dove si apprezzavano particolarmente le sue soluzioni meccaniche precise e affidabili.
Il contributo più significativo di E. Enjalbert alla storia della tecnica fotografica riguarda probabilmente il campo degli otturatori a tempo regolabile, ambito nel quale brevettò almeno una soluzione molto apprezzata dagli operatori dell’epoca. A differenza degli otturatori a caduta o a sportello, ancora molto diffusi nei primi decenni del XX secolo, il dispositivo progettato da Enjalbert integrava un meccanismo a tamburo con molla a spirale e regolazione a camme, che permetteva tempi di esposizione più precisi e ripetibili.
Uno degli esempi più interessanti è un otturatore Enjalbert a comando pneumatico che apparve in un catalogo francese del 1892, accoppiabile a fotocamere da studio e da esterni. Questo sistema era composto da una capsula di gomma, collegata a un piccolo pistone che rilasciava la leva dell’otturatore con una leggera pressione, riducendo il rischio di vibrazioni al momento dello scatto. Questa soluzione anticipava, in modo rudimentale ma efficace, alcuni principi che verranno ripresi nei cavi di scatto flessibili e nei successivi sistemi di scatto pneumatici a distanza.
Sul fronte della messa a fuoco, Enjalbert introdusse almeno due sistemi degni di nota. Il primo era un meccanismo elicoidale interno che permetteva di regolare con estrema precisione la posizione del piano focale, utile soprattutto in condizioni di ripresa macro o in studio. Il secondo, più interessante per i fotografi itineranti, prevedeva un telescopio ausiliario con reticolo incrociato, montabile su slitta, che consentiva un pre-focus molto accurato prima dell’inserimento della lastra.
Queste soluzioni, sebbene oggi appaiano rudimentali, dimostrano l’orientamento fortemente tecnico e sperimentale del lavoro di Enjalbert. Non si trattava di dispositivi pensati per la massa, ma piuttosto per una elite tecnica capace di comprendere e sfruttare appieno la raffinatezza delle sue invenzioni.
Oltre ai dispositivi ottici e meccanici, Enjalbert mise in commercio anche almeno due modelli completi di fotocamera, entrambi probabilmente in tiratura limitata e rivolti a un pubblico esperto. Il primo, noto come “Photographe Universel Enjalbert”, era una fotocamera da campo pieghevole a soffietto, costruita in mogano con finiture in ottone nichelato. Il dorso era reversibile, permettendo l’uso sia di lastre piane che di pellicole avvolgibili, e il corpo includeva un supporto interno per il montaggio di obiettivi intercambiabili.
Il secondo modello, apparentemente più raro, prendeva il nome di “Appareil de Voyage à Mise Rapide” e prevedeva un sistema a basculamento anteriore del piano ottico, facilitando la correzione delle linee prospettiche in architettura. È probabile che tale dispositivo fosse pensato per architetti, ingegneri e topografi, una nicchia tecnica molto attiva in Francia tra il 1885 e il 1900. La macchina era accompagnata da uno schema illustrato e da un libretto tecnico, entrambi oggi estremamente rari.
Alcuni cataloghi conservati presso la Bibliothèque nationale de France menzionano la partecipazione di Enjalbert a due esposizioni industriali parigine, nel 1889 e nel 1893. In entrambe, i suoi dispositivi furono elogiati per la precisione meccanica e per la robustezza costruttiva, due qualità che compensavano la scarsa ergonomia rispetto ai modelli tascabili che iniziavano a farsi strada proprio in quegli anni.
Dal punto di vista del mercato, tuttavia, l’attività di Enjalbert rimase confinata a un ambito parigino o francofono, senza mai trovare un canale distributivo strutturato all’estero. Non risultano infatti suoi apparecchi in cataloghi inglesi, tedeschi o americani coevi, segno che il suo lavoro, per quanto apprezzato, non ebbe una penetrazione commerciale su vasta scala.
Scomparsa del marchio e rarità odierna
Non si hanno notizie certe sull’attività di E. Enjalbert dopo il 1895. Alcuni studiosi ipotizzano che sia rientrato nell’anonimato oppure che abbia venduto i suoi brevetti a case più strutturate, come Debrie o Maison Gaumont, ipotesi supportata dalla somiglianza meccanica tra alcuni suoi dispositivi e quelli prodotti da queste aziende a partire dal 1898. La mancanza di un’eredità industriale diretta rende oggi i suoi apparecchi estremamente rari, quasi assenti sul mercato antiquario internazionale.
Oggi si conoscono non più di una decina di esemplari firmati Enjalbert, la maggior parte conservati in collezioni private francesi o presso istituzioni come il Musée Français de la Photographie a Bièvres. I collezionisti attribuiscono a questi apparecchi un grande valore tecnico e storico, anche per la rarità con cui emergono sul mercato.
Dal punto di vista filologico, gli apparecchi Enjalbert rappresentano un’importante testimonianza della fotografia di transizione, quella fase in cui l’artigianato tecnico conviveva ancora con le prime forme di produzione industriale. Le sue macchine sono oggi oggetto di studio da parte di restauratori e storici della tecnica, anche per via dei meccanismi interni ancora in buone condizioni di funzionamento, segno di una costruzione attenta e scrupolosa.
L’assenza di documentazione fotografica diretta sull’inventore – non ci sono ritratti noti – contribuisce al fascino della figura, rendendola quasi mitica all’interno della storia delle invenzioni fotografiche. Un tecnico raffinato, probabilmente poco interessato alla pubblicità o alla diffusione di massa, ma capace di lasciare un’impronta nei meccanismi e nei dispositivi che ancora oggi affascinano per la loro logica ingegneristica.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
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