La Benson Dry Plate & Camera Company fu un’azienda americana attiva nella seconda metà del XIX secolo, specializzata nella produzione di lastre a secco e apparecchi fotografici. Fondata attorno al 1882 da Charles A. Benson, chimico e imprenditore con un marcato interesse per le tecnologie fotografiche emergenti, l’azienda si inserì in un momento di profonda trasformazione del settore, quando la fotografia stava passando dalla complessità dei processi al collodio umido verso metodi più pratici, rapidi e stabili.
Charles A. Benson, originario del Vermont e laureato in scienze applicate, aveva maturato esperienze nel campo della chimica industriale, in particolare nello studio dei sali d’argento e dei supporti fotosensibili. Nel momento in cui le lastre asciutte all’emulsione di gelatina iniziarono a diffondersi in Inghilterra e successivamente negli Stati Uniti, Benson intuì il potenziale commerciale di questo nuovo supporto, che offriva una sensibilità più elevata, una maggiore stabilità nel tempo e la possibilità di essere preparato in fabbrica, trasportato e utilizzato anche a distanza dal laboratorio di sviluppo.
La Benson Dry Plate & Camera Co. venne fondata inizialmente come produttore esclusivo di lastre secche, ma ben presto allargò il proprio catalogo per includere anche fotocamere progettate specificamente per sfruttare le caratteristiche delle sue emulsioni. La sede operativa fu stabilita a New York, un centro nevralgico della produzione e distribuzione fotografica americana, dotato di un’infrastruttura logistica efficiente e di una comunità scientifica attiva.
Il contesto storico in cui si sviluppò la Benson Co. era segnato da una crescente domanda di tecnologie fotografiche portatili, capaci di adattarsi sia agli usi amatoriali che a quelli professionali. Le lastre secche permisero per la prima volta ai fotografi di scattare immagini senza la necessità di sviluppare immediatamente il negativo sul posto, rendendo più semplice la fotografia di viaggio, quella scientifica sul campo e l’attività dei fotografi ambulanti. Benson fu tra i primi negli Stati Uniti a industrializzare il processo produttivo delle lastre asciutte con standard di purezza e controllo qualità rigorosi, e questo fu uno dei punti di forza dell’azienda nei primi anni di attività.
Lastre secche all’emulsione di gelatina: caratteristiche tecniche e innovazioni
Il prodotto di punta della Benson Dry Plate & Camera Co. fu senza dubbio la lastra secca fotografica. Rispetto al collodio umido, che doveva essere preparato pochi minuti prima dello scatto, esposto e sviluppato nell’arco di un tempo molto breve, la lastra secca offriva un enorme vantaggio pratico. L’emulsione a base di gelatina bromuro d’argento, applicata su vetro lucidato chimicamente, poteva essere preparata industrialmente, confezionata in contenitori sigillati e venduta pronta all’uso.
Le emulsioni Benson si distinguevano per la loro stabilità chimica, il basso livello di impurità e una sensibilità luminosa superiore alla media del tempo. La fabbrica disponeva di camere oscure a temperatura e umidità controllata, in cui venivano trattati i vetri ottici secondo cicli di pulizia e polimerizzazione rigorosi. L’applicazione della gelatina sensibilizzata avveniva su piastre di vetro trattate con una soluzione di bicromato e acido per garantire l’aderenza ottimale. I bagni successivi prevedevano una serie di lavaggi e asciugature in ambiente filtrato, così da evitare depositi di polvere o muffe.
Tra le innovazioni tecniche sviluppate internamente si annoverano sistemi di calibrazione dell’uniformità dell’emulsione, ottenuti tramite bilance a contrappeso e spatole oscillanti automatizzate. Ciò permetteva una distribuzione omogenea della gelatina fotosensibile su tutta la superficie della lastra, migliorando la definizione delle immagini e riducendo le aberrazioni dovute a variazioni di densità.
L’azienda produsse lastre in formati standardizzati, da 4×5 pollici fino a 10×12 pollici, compatibili con i principali chassis in commercio. Le lastre venivano vendute in confezioni rigide in cartone cerato, sigillate con nastro gommato per impedire l’ingresso di umidità e luce. Ogni scatola conteneva istruzioni dettagliate, suggerimenti per lo sviluppo e indicazioni sulle curve di sensibilità, calibrate per diversi tipi di esposizione.
Dal punto di vista fotografico, le lastre Benson offrivano un equilibrio cromatico ideale per l’epoca, con una spiccata resa nei toni medi e una discreta resistenza alla sovraesposizione. Questo le rese popolari sia per i ritratti da studio, sia per la fotografia scientifica e paesaggistica. Numerosi fotografi di spedizioni geografiche ne fecero uso, apprezzando la resistenza meccanica del supporto e la possibilità di archiviare le lastre non sviluppate per lunghi periodi senza deterioramento.
Le fotocamere Benson: design, ingegneria e materiali
A partire dal 1884, la Benson Dry Plate & Camera Co. cominciò a produrre anche camere fotografiche, inizialmente pensate per dimostrare le qualità delle proprie lastre ma rapidamente divenute una linea commerciale autonoma. La decisione di integrare l’offerta con apparecchi completi si rivelò strategica in un mercato in rapida espansione, dove i fotografi cercavano soluzioni “chiavi in mano” per poter operare in mobilità.
Le fotocamere Benson si distinguevano per un approccio funzionale ma elegante, con una particolare attenzione alla trasportabilità, alla precisione meccanica e alla modularità dei componenti. I modelli principali erano camere a soffietto rigido o telescopico, con corpo in legno pregiato (acero, ciliegio, noce) trattato a olio e lucidato a tampone. Le finiture erano in ottone massiccio, lucidato e protetto con vernici trasparenti a base di gommalacca.
Ogni fotocamera era progettata per ospitare le lastre secche Benson, e integrava telai portalastre con blocco di sicurezza e guarnizioni in pelle per garantire la tenuta alla luce. I modelli superiori offrivano movimenti micrometrici di basculaggio e decentramento, ideali per la fotografia architettonica e tecnica. Alcuni modelli avanzati includevano anche una scala millimetrata incisa a mano sulla cremagliera di messa a fuoco.
Le ottiche utilizzate provenivano principalmente da produttori americani o inglesi, tra cui Bausch & Lomb, Ross, e Taylor, Taylor & Hobson. In alcuni casi, la Benson Co. forniva direttamente obiettivi marcati col proprio nome, realizzati su specifiche interne da terzisti specializzati. I diaframmi erano a sistema Waterhouse nei primi modelli, poi progressivamente sostituiti da otturatori a ghigliottina centrale o a iris rotante, montati esternamente all’obiettivo.
La gamma includeva anche versioni da viaggio con meccanismo a chiusura rapida, dotate di valigia rigida in pelle e accessori come filtri, esposimetri meccanici, vetri smerigliati per la composizione e teli oscuranti. Alcune camere vennero impiegate anche in ambito medico, archeologico e per la documentazione scientifica da parte di istituzioni accademiche.
Distribuzione, mercato e destino dell’azienda
La Benson Dry Plate & Camera Co. costruì una rete distributiva capillare attraverso rivenditori locali, pubblicazioni di settore e corrispondenza postale. I suoi prodotti venivano pubblicizzati in riviste come The Philadelphia Photographer e The American Amateur Photographer, con un linguaggio tecnico preciso e un tono rassicurante. La corrispondenza avveniva tramite cataloghi illustrati inviati su richiesta, spesso accompagnati da campioni di emulsione o lastre dimostrative.
Grazie alla qualità dei materiali e a un servizio clienti meticoloso, l’azienda si guadagnò la fiducia dei fotografi professionisti dell’epoca. Tra i suoi clienti vi furono numerosi ritrattisti urbani, fotografi di cronaca e studiosi naturalisti. Non mancano testimonianze di fotografi che preferivano Benson per l’affidabilità delle sue lastre anche in condizioni ambientali estreme.
Tuttavia, l’evoluzione tecnologica fu rapidissima. L’introduzione della pellicola flessibile da parte di Kodak nel 1888 cambiò drasticamente le regole del gioco, portando a una progressiva obsolescenza delle lastre in vetro e delle camere a banco. La Benson Co., pur mantenendo una nicchia professionale, non riuscì a riconvertire in tempo la propria produzione.
Le ultime tracce certe dell’attività dell’azienda risalgono al 1895, anno in cui fu probabilmente assorbita o liquidata, come accadde a molte piccole realtà del settore. Alcuni archivi aziendali andarono dispersi, ma parte delle lastre e delle fotocamere sono oggi conservate in musei, collezioni private e fondazioni fotografiche.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
Attraverso il mio sito, offro una panoramica completa delle tappe fondamentali della fotografia, dai primi esperimenti ottocenteschi alle tecnologie digitali contemporanee. La mia missione è educare e ispirare, sottolineando l’importanza della fotografia come linguaggio universale.
Sono anche una sostenitrice della conservazione della memoria visiva. Ritengo che le immagini abbiano il potere di raccontare storie e preservare momenti significativi. Con un approccio critico e riflessivo, invito i miei lettori a considerare il valore estetico e l’impatto culturale delle fotografie.
Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.