Nel cuore della Sassonia, in una delle aree più dinamiche per la meccanica di precisione e la lavorazione del legno, nacque intorno al 1893 la ditta Bentzin, fondata da Johann Bentzin nella città di Görlitz, all’epoca parte dell’Impero tedesco. Questo periodo fu cruciale per lo sviluppo della fotografia, segnato da una rapida trasformazione tecnologica che andava dalle camere a soffietto tradizionali verso dispositivi sempre più compatti, automatizzati e affidabili.
Johann Bentzin, artigiano e tecnico meccanico con un interesse precoce per la fotografia e l’ottica applicata, avviò inizialmente un laboratorio per la costruzione di camere fotografiche in legno, puntando su una manifattura artigianale di alta qualità e su soluzioni ingegneristiche innovative per l’epoca. Görlitz, situata in un’area di grande fermento industriale tra Dresda e Breslavia, offriva un contesto favorevole grazie alla presenza di una fitta rete di piccoli laboratori ottici e officine metalmeccaniche.
Le prime camere prodotte dalla Johann Bentzin Kamerawerk furono principalmente camere a banco ottico con soffietti estensibili, costruite in ciliegio o mogano europeo, con meccanismi in ottone lucidato e finiture in cuoio naturale. I modelli iniziali riflettevano la tipica impostazione tedesca della fine del XIX secolo: solidità strutturale, modularità dei componenti, precisione meccanica. Sebbene ispirati a disegni internazionali già consolidati, i dispositivi Bentzin dimostravano una singolare attenzione all’ergonomia e alla funzionalità operativa.
A rendere peculiare l’offerta Bentzin fu la progressiva ibridazione tra la tradizione della camere a lastra di grandi dimensioni e la nascente esigenza di compattezza e portabilità. In un’epoca dominata ancora dalle camere a treppiede e dai lunghi tempi di posa, l’azienda scommise su un approccio che anticipava il concetto di fotografia dinamica e “a mano libera”, promuovendo una nuova relazione tra fotografo e soggetto. Questo spirito pionieristico avrebbe definito per decenni la filosofia progettuale del marchio.
Evoluzione tecnica e modelli storici
Il vero salto di qualità nella produzione della Bentzin Kamerawerk avvenne tra la fine degli anni ’10 e i primi anni ’20 del Novecento, quando la ditta si affacciò sul mercato con una nuova generazione di fotocamere portatili pieghevoli destinate a rivoluzionare il panorama europeo. I modelli Primar e Primarflex, introdotti rispettivamente nel 1923 e nel 1933, sono considerati tra i punti più alti della produzione tedesca prebellica in campo fotografico.
La Bentzin Primar, destinata a formati 6×9 e 9×12 cm su pellicola in lastra o rullo, rappresentava un perfetto equilibrio tra qualità ottica, versatilità meccanica e dimensioni contenute. La fotocamera, realizzata in metallo rivestito in pelle nera pressata, adottava un meccanismo a soffietto con apertura frontale a libro, supportato da un telaio scorrevole su guida a cremagliera. Questo sistema permetteva una messa a fuoco precisa anche a distanza ravvicinata, grazie alla corsa millimetrica del piano pellicola.
Il cuore della macchina era costituito dall’otturatore centrale, montato direttamente sull’obiettivo. A seconda delle configurazioni, la Primar poteva essere equipaggiata con ottiche Meyer Görlitz, Carl Zeiss Tessar o Schneider-Kreuznach Xenar, con aperture che andavano da f/3.5 a f/6.3. L’otturatore, normalmente un Compur, garantiva tempi fino a 1/250 s, con modalità Bulb e Time, oltre a un sistema di pre-scatto a leva meccanica.
Ma fu la Primarflex a segnare la transizione definitiva verso la reflex monoculare a specchio fisso, destinata ai fotografi professionisti e avanzati. Lanciata nel 1933, anticipò molte delle caratteristiche che sarebbero divenute standard nelle reflex moderne: mirino reflex a pozzetto con lente di ingrandimento, otturatore a tendina in tessuto con scorrimento orizzontale, obiettivi intercambiabili con innesto a baionetta (uno dei primi esempi del genere), e formato 6×6 su pellicola 120.
Il corpo macchina della Primarflex era realizzato in lega di alluminio fresata, con inserti in pelle e finiture brunite. Il mirino offriva una visione brillante e priva di parallasse, mentre il meccanismo a specchio ribaltabile, pur essendo manuale, consentiva una messa a fuoco molto accurata. Alcuni modelli presentavano anche un sistema di otturatore a doppio scatto, utile per la fotografia scientifica e tecnica.
Bentzin fu tra le poche case tedesche a cercare un compromesso tecnico tra la precisione delle macchine da studio e la maneggevolezza delle camere da campo. La sua gamma, pur rimanendo contenuta in termini numerici, era altamente curata e offriva una personalizzazione elevata. Molte camere Bentzin venivano fornite su richiesta con sistemi di decentramento, inversione dell’immagine su vetro smerigliato, slitte di messa a fuoco micrometrica e accessori macro per la fotografia ravvicinata.
Durante gli anni ’30 la Bentzin Kamerawerk era considerata uno dei produttori più raffinati nel settore delle camere reflex a medio formato, accanto a marchi come Ihagee, Voigtländer e Zeiss Ikon. La diffusione commerciale del marchio era però limitata da una produzione artigianale su piccola scala, che non permetteva economie di scala comparabili ai concorrenti più industrializzati. La distribuzione avveniva tramite rivenditori autorizzati, botteghe specializzate in ottica e fotografia scientifica, e in misura minore attraverso esportazioni in Scandinavia e nell’Europa centrale.
Molto attiva nei saloni e nelle fiere specializzate, Bentzin partecipò con regolarità alla Leipziger Messe e ad altre esposizioni tecniche tedesche, dove i suoi prodotti venivano lodati per la qualità costruttiva e per l’attenzione al dettaglio. Nonostante il modesto volume produttivo, il marchio godeva di una reputazione eccellente tra professionisti, fotografi di ritratto, tecnici industriali e ricercatori.
Il contesto politico degli anni Trenta e Quaranta, con l’ascesa del regime nazista e lo scoppio della Seconda guerra mondiale, ebbe conseguenze decisive sulla produzione. L’azienda fu parzialmente assorbita all’interno della macchina bellica tedesca, producendo ottiche e camere per uso aeronautico, cartografico e militare. Le linee civili vennero drasticamente ridotte, ma alcuni esemplari continuarono ad essere realizzati per commesse specifiche, soprattutto nel settore scientifico.
Alla fine del conflitto, Görlitz si trovava nella zona d’occupazione sovietica, e l’intera struttura industriale della regione fu nazionalizzata. La Bentzin Kamerawerk venne assorbita dal sistema di produzione socialista e inglobata in quello che sarebbe divenuto il conglomerato VEB Pentacon, legato alla produzione di Exakta e Praktica. L’identità originaria del marchio venne così dissolta, anche se alcune delle soluzioni tecniche sviluppate da Bentzin confluirono nei progetti successivi delle fotocamere reflex della DDR.
Gli esemplari Bentzin oggi sopravvissuti testimoniano un’epoca in cui l’ingegneria fotografica era ancora dominata dall’artigianato di precisione e dall’attenzione al dettaglio. Le camere Primar e Primarflex sono oggetto di collezionismo da parte di studiosi e appassionati di fotografia meccanica, grazie alla loro rarità, eleganza costruttiva e valore storico.
Dal punto di vista tecnico, le reflex Bentzin rappresentano una fase di transizione fondamentale tra la camera a soffietto da campo e la reflex a pellicola moderna. Molti storici della fotografia ne riconoscono l’influenza sulle linee successive di reflex tedesche, soprattutto per l’introduzione precoce del mirino reflex a visione diretta, del corpo rigido in metallo, e del concetto di modularità ottica.
Le fotocamere originali Bentzin sono oggi conservate in musei specializzati, come il Deutsches Technikmuseum di Berlino, il Museum für Fotografie di Dresda, e in collezioni universitarie di storia della tecnica. I pezzi meglio conservati includono ancora le ottiche originali Meyer e Zeiss, perfettamente funzionanti. Le vendite all’asta di modelli Primarflex completi hanno raggiunto negli ultimi anni quotazioni significative, grazie alla riscoperta del medio formato analogico

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
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