Il percorso di Monroe Camera Company iniziò formalmente nel 1897, anno in cui l’impresa fu incorporata con un capitale iniziale di 25.000 dollari sotto la presidenza di Fred A. Sherwood, commerciante di pelli e cuoio, affiancato da Albert Beir, unico dei tre ad avere esperienza pregressa nella produzione di fotocamere, e dal segretario-tesoriere Charles V. Case. La sede operativa fu stabilita al numero 48 di Stone Street, nel cuore di Rochester, capoluogo della Contea di Monroe, da cui la società prese il nome. I primi mesi furono dedicati al perfezionamento del design e alla definizione dei processi produttivi, con un’attenzione particolare alla scelta dei materiali: il corpo macchina era realizzato in legno di noce o acero, assemblato con colle di origine animale, mentre il soffietto era costruito in tela di cotone resistente e verniciata internamente per garantire l’oscurità totale.
Già nella stagione 1898 il catalogo vantava ben ventidue modelli diversi, differenziati per formato (dalla mezzapiastra ai formati più piccoli “vest pocket”) e per tipologia di astuccio, tutti caratterizzati da un sistema di apertura a soffietto e da una piastra frontale removibile per il montaggio del gruppo ottico e dell’otturatore. Quest’ultimo elemento, come avveniva per la maggior parte dei produttori statunitensi, veniva fornito da Bausch & Lomb, azienda di Rochester specializzata in lenti dal 1883 e in otturatori dal 1888, che nel 1892 ottenne la licenza esclusiva per la produzione di Zeiss Anastigmats in America . Allo stesso modo le lenti, per lo più menischi o modelli Rapid Rectilinear, erano fornite dalla stessa Bausch & Lomb, garantendo qualità ottica e stabilità meccanica.
L’avvio delle vendite registrò un’accoglienza entusiastica da parte degli amatori avanzati. Ogni fase di montaggio, dalla molatura delle lenti all’assemblaggio del meccanismo a forcella (lazy tongs), era seguita da controlli visivi con piccoli interferometri artigianali, che verificavano la planarità delle superfici e l’allineamento ottico. Tale rigore, ereditato dalle tecniche tedesche di fine Ottocento, permise di ottenere immagini con aberrazioni minime e una nitidezza eccellente, elementi fondamentali per la buona reputazione di un prodotto nato in un mercato così competitivo come quello di Rochester.
Design e innovazioni tecniche nelle folding cameras (1898–1899)
La caratteristica distintiva dei modelli Pocket Monroe risiedeva nella struttura a strut-folding, un sistema brevettato dall’ingegnere Silas French che consentiva di chiudere il corpo macchina fino a uno spessore inferiore a 1,5 pollici (circa 3,8 cm) senza compromettere la robustezza. Questo design impiegava due serie di snodi a forbice (lazy tongs) che mantenevano il piano focale sempre parallelo al pannello frontale, assicurando una messa a fuoco costante su tutto il campo visivo. La Monroe No. 2 pocket camera, il modello di maggior successo, racchiudeva un contenitore in ottone capace di ospitare due lastre di vetro 3,5 × 3,5 pollici di spessore di un quarto di pollice, garantendo la semplicità di sostituzione e il minimo ingombro in fase di trasporto.
La scelta della meccanica a forcella derivava da studi approfonditi sui materiali elastici per le molle interne: si optò per acciai al carbonio temprati in bagno di olio, lavorati fino a uno spessore inferiore a 0,5 mm e rifiniti con rivestimento superficiale in nichel per evitare fenomeni di corrosione. Gli snodi, saldati a stagno, venivano testati per resistere a oltre 10.000 cicli di apertura e chiusura senza cedimenti strutturali. Una volta estratta dal taschino, la macchina si apriva con un gesto fluido, consentendo di impostare rapidamente tempi di posa e diaframmi, grazie a otturatori a tendina Kodak Ball Bearing No. 0 (su licenza Eastman-Kodak) o Bausch & Lomb Unicum, regolabili da 1 a 1/200 di secondo.
L’interfaccia utente risultava incredibilmente intuitiva: una manopola zigrinata agiva sul diaframma a lamelle multiple, mentre una leva indipendente attivava l’otturatore. Gli obiettivi, montati su innesto bayonet, erano facilmente smontabili per la pulizia o la sostituzione. La carcassa era rivestita in pelle granulata e tinta a mano, scelta in galleria di marroni e neri, mentre il pannello frontale in ebanite – un materiale plastico a base di gommalacca – garantiva leggerezza senza rinunciare alla resistenza meccanica.
Espansione di mercato e fusione societaria (1899–1900)
Dopo il rapido successo sul mercato domestico, la dirigenza decise di estendere la distribuzione in Europa. Nel 1899 Goldman & Company, agenzia londinese con sede al 2 di Old Street EC, divenne l’unico distributore autorizzato, promuovendo la linea Monroe attraverso fiere e riviste specializzate britanniche. Le rotative impiegate per le brochure erano dotate di caratteri tipografici di alta qualità e stampe litografiche che esaltavano la compattezza degli apparecchi e la nitidezza delle ottiche.
Sempre nel 1899 avvenne la grande svolta organizzativa: Monroe Camera Company fu integrata nella Rochester Optical and Camera Company, un’entità finanziata con 3,5 milioni di dollari che unì sotto un unico tetto la produzione di case e ottiche di Ray Camera Company, Rochester Camera and Supply Company, Western Camera Manufacturing Company di Chicago e la divisione manifatturiera di E. H. & T. Anthony Company. La fusione aveva l’obiettivo di razionalizzare la produzione, favorire l’acquisto centralizzato di materie prime e potenziare le attività di ricerca e sviluppo, in una logica di economia di scala che anticipava i modelli industriali del XX secolo.
Gli stabilimenti di Stone Street furono convertiti in reparti specializzati: uno per il montaggio dei corpi macchina, uno per la finitura delle superfici lignee, uno per l’assemblaggio dei sistemi a forcella e uno per il collaudo ottico. Merita nota l’introduzione di banchi ottici con lamiera di piombo destinati alla verifica della planarità dei pannelli e al test dell’illuminazione uniforme su lastre di prova. Il capitale così raccolto permise di acquisire nuovi torni di precisione, impiegati per fresature a tolleranza ±0,01 mm, e di realizzare il primo reparto di galleria ottica climatizzata, dove venivano testate le prestazioni in condizioni di temperatura e umidità controllate.
L’anno 1900 vide il trasferimento delle operazioni europee sotto la nuova denominazione Columbia Optical and Camera Company, con sede a Londra in 42 Goswell Road EC, che ampliò la distribuzione fino a Germania, Francia e Spagna. Il catalogo inglese, stampato in offset su carta patinata, presentava fotografie di paesaggi e ritratti realizzate con il Monroe No. 2, dimostrando la versatilità del sistema strut-folding in ambienti professionali e amatoriali.
Tecnica ingegneristica e influenza nel panorama fotografico
Il contributo tecnico di Monroe Camera Company si misura soprattutto nella capacità di miniaturizzare componenti di precisione, tipiche delle macchine fotografiche professionali, in un formato tascabile. Si evidenzia la progettazione di ingranaggi in ottone fosforoso per il sistema di avanzamento lastre, caratterizzati da dentature a profilo trapezoidale per garantire un movimento fluido e silenzioso. Gli innesti a baionetta frontale, realizzati in ottone nichelato, consentivano di smontare la lente per la pulizia senza ricorrere ad attrezzi, elemento di grande praticità per i fotografi di viaggio.
La scelta di impiegare soffietti in tela di alta densità verniciata e trattata con oli siliconici permise di ridurre drasticamente il rischio di perdite di luce, superando i limiti delle tradizionali pelli di agnello utilizzate in precedenza. Le superfici interne erano ulteriormente apprettate con vernici a base di gommalacca, applicate a spruzzo, in grado di uniformare il rivestimento e aumentare la durata del materiale.
Il meccanismo lazy tongs, motore dell’apertura compatta, fu modellato con software CAD manuale dell’epoca, ossia schizzi tecnico-prospettici accompagnati da calcoli ingegneristici su carta millimetrata, che ne definirono i punti critici di sforzo e flessione. Le analisi meccaniche includevano prove statiche di carico, con pesi di 2 kg applicati sulla piastra frontale per oltre 60 minuti, per verificare la stabilità dell’estensione e l’assenza di cedevolezza.
Pur breve, l’esperienza indipendente della Monroe Camera Company lasciò un segno duraturo. Le tecniche di miniaturizzazione e modularità sviluppate furono continuamente riprese dai successivi prodotti del gruppo Rochester Optical and Camera Company, fino a permeare il design delle fotocamere box e folding dei primi decenni del Novecento. L’eredità ingegneristica – pur non citata nei capitoli ufficiali di Kodak o Graflex – è riconoscibile nella diffusione dei meccanismi a forcella che ancor oggi, in alcune camere di medio formato di nicchia, mantengono un sapore artigianale antico ma efficacissimo.