Se c’è un premio capace di raccontare, anno dopo anno, lo stato dell’arte dell’immagine cinematografica, è l’Oscar alla Miglior fotografia. Il riconoscimento celebra l’equilibrio fra scelte estetiche (luce, colore, inquadratura, movimento) e soluzioni tecniche (formati, emulsioni/pipeline digitali, ottiche, workflow), traducendo in un’unica statuetta la collaborazione tra regia, scenografia, costumi, VFX e—soprattutto—il punto di vista del direttore della fotografia. Sin dalla 1ª edizione (1929, che copriva i film 1927/28), il premio ha attraversato rivoluzioni tecnologiche e cambi di gusto: dall’era dei nitrati e del tre‑strip Technicolor al B/N “di scelta” contemporaneo, dall’HD e ai sensori large format fino al ritorno consapevole della pellicola su grande schermo (IMAX/65 mm). Queste traiettorie si leggono chiaramente nel palmarès e nella sua cronologia ufficiale .
Dalle origini al formato odierno: una categoria che si è cercata (e trovata)
Alle origini, l’Academy sperimenta formati di candidatura diversi dall’attuale. Alla 1ª edizione (stagione 1927/28) non si premiava un singolo film, ma il lavoro complessivo dei candidati nel periodo; poi nel 1929 non ci furono nomination formali, mentre nel 1930 furono i film a venire nominati senza riportare in scheda i nomi dei direttori della fotografia. Dal 1931 la prassi si stabilizza: si nomina la persona per un titolo specifico, come in tutte le categorie “di mestiere”. Questo assetto resterà in vigore fino a oggi, con una sola interruzione di segno diverso, dal 1939 al 1966 (tranne 1957), quando la categoria si scinde in due: Fotografia in bianco e nero e Fotografia a colori. Dal 1967 in poi, si torna a una sola statuetta che mette a confronto qualsiasi estetica/tecnica.
Curiosità di sistema. Nel 1931 Tabu vale a Floyd Crosby l’Oscar, che rimane l’ultimo titolo muto premiato in categoria; nel 1935 Hal Mohr vince l’unico Oscar della storia assegnato via voto “write‑in” (per A Midsummer Night’s Dream). Sono tasselli che testimoniano quanto fluida, nei primi decenni, fosse la definizione stessa della disciplina—e del suo riconoscimento pubblico.
Color vs B/N: una competizione che ha fatto epoca (e continua… senza essere obbligo tecnico)
La separazione B/N/Colore tra 1939 e 1966 riflette il momento storico dell’adozione di massa del colore (e del suo prestigio industriale) dopo l’era pionieristica del tre‑strip Technicolor. Quando l’Academy riunifica la categoria nel 1967, il B/N non scompare: diventa—oggi più che mai—scelta estetica con valenze espressive precise. Non a caso, in mezzo secolo scarso, solo tre vincitori in B/N: Schindler’s List (1993), Roma (2018), Mank (2020). In tutti e tre i casi, la poetica e l’idea di “memoria visiva” sono state la ragione fondante del B/N.
Al contempo, lo sviluppo del colore non è soltanto questione di “tinte”: è architettura della tavolozza (pellicole/filtri LUT), scienza della luce e dialogo con costumi/scenografia. Se la storia tecnologica del colore comincia per davvero con i tre‑strip degli anni ’30 (e si consolida a fine decennio), dagli anni Duemila l’HDR e i workflow ACES hanno rimesso al centro il controllo della gamma dinamica—un territorio in cui la fotografia dialoga con color grading e VFX, senza perdere identità. Le dinamiche di gara riflettono tutto questo.
Dal negativo al sensore (e viceversa): la “svolta digitale” e il ritorno della pellicola
Il 2009 segna uno spartiacque: The Curious Case of Benjamin Button e Slumdog Millionaire sono i primi candidati girati prevalentemente in digitale, e Slumdog realizza la prima vittoria in una pipeline non più interamente fotochimica. L’anno successivo Avatar diventa primo vincitore interamente digitale, codificando un immaginario che, per un decennio abbondante, farà scuola. Eppure, nel 2020‑2025 assistiamo a un ritorno consapevole della pellicola: grandi formati (65 mm, IMAX) e formati “storici” (VistaVision) vengono riscoperti come strumenti espressivi contemporanei, anche grazie a registi e DOP che ne valorizzano risoluzione, profondità e matericità.
Due esempi recenti, back‑to‑back: Hoyte van Hoytema vince nel 2024 per Oppenheimer (IMAX 65 mm, più rare sequenze in IMAX B/N), e nel 2025 Lol Crawley trionfa per The Brutalist, girato in VistaVision e finalizzato su 70 mm, a sottolineare come—per alcuni progetti—il valore percettivo della pellicola sia irrinunciabile (senza demonizzare il digitale, che resta spesso parte del workflow).
Rappresentanza e pietre miliari: quando il “chi” conta quanto il “come”
Per oltre 80 anni la categoria non ha avuto alcuna candidata donna. Il muro si rompe soltanto nel 2018, con Rachel Morrison (Mudbound), prima donna in assoluto nominata per la Miglior fotografia. Nel 2017 Bradford Young era stato il primo afroamericano candidato (per Arrival). Nel 2019, Alfonso Cuarón diventa il primo regista a vincere la fotografia per un film da lui stesso diretto (Roma). Sono milestone con una forza simbolica notevole, perché parlano della diversità di sguardi che il settore sta faticosamente ampliando.
I grandi plurivincitori, i record, le “dinastie”
In testa ai plurivincitori troviamo Leon Shamroy e Joseph Ruttenberg, quattro statuette a testa, a cavallo di B/N e Colore. Nel secondo Novecento emergono Freddie Young (tre vittorie, fra cui Lawrence of Arabia), Vittorio Storaro (tre), Robert Richardson (tre), Conrad L. Hall (tre, l’ultima postuma nel 2002). Nel nuovo millennio esplode la costanza di Roger Deakins (candidato per oltre trent’anni, due vittorie: Blade Runner 2049, 1917) e l’impresa senza precedenti di Emmanuel Lubezki: tre vittorie consecutive (Gravity, Birdman, The Revenant). Lato regia, David Lean detiene il record per numero di suoi film premiati in fotografia: cinque.
Dagli anni ’30 alle New Waves: un percorso (non esaustivo) per decenni
1930–1940: dal muto al sonoro maturo, dal B/N “plastico” al Technicolor
Gli anni ’30 consolidano grammatiche di luce e messa a fuoco (soft focus/classicismo hollywoodiano) e sperimentano i primi bagliori del colore: a metà decennio arrivano i riconoscimenti speciali ai tre‑strip, mentre dal 1939 il colore compete “alla pari” (in categoria dedicata). Nel frattempo, il B/N raggiunge uno splendore plastico: Wuthering Heights (1939), Rebecca (1940) sono esempi di chiaroscuri e profondità che diventeranno “cassetta degli attrezzi” fino al noir.
1950–1960: widescreen, profondità di campo e “realismo spettacolare”
Anni di innovazioni di formato (CinemaScope, VistaVision, 65/70 mm) e di una fotografia che sposa il racconto epico: Ben‑Hur (1959) impone una scala nuova, mentre Lawrence of Arabia (1962) eleva a canone la scultura della luce nel paesaggio. Accanto ai kolossal, la modernità emerge nell’uso “documentario” della luce in opere come The Hustler (1961, B/N). La doppia corsia B/N/Colore permette letture diverse del reale—tanto da assegnare nello stesso anno (1961) West Side Story (Colore) e The Hustler (B/N).
1970–1980: on location, New Hollywood, grana come poetica
La generazione dei Nykvist, Zsigmond, Roizman, Wexler, Alonzo porta in primo piano una fotografia più naturale, spesso on location, con la grana valorizzata come componente estetica e il controluce che dialoga con l’aria. Barry Lyndon (1975) resta l’emblema di una utopia tecnica (ottiche NASA f/0,7) divenuta poesia figurativa.
1990–2000: B/N di memoria e barocco della luce
Anche in pieno trionfo del colore, Schindler’s List (1993) rilancia il B/N come scelta morale ed emblematica; The English Patient (1996) e American Beauty (1999) rappresentano apici diversi di un barocco luminoso spesso legato a filtri e rifrangenze. L’inizio dei 2000 vede Hall (postumo nel 2002), Richardson e Pope misurarsi con la spettacolarità “autoriale” di un cinema che chiede iconicità frame per frame.
2009–oggi: il digitale e l’era ibrida
Dopo le pietre miliari di Slumdog (2009) e Avatar (2010), il decennio 2010 alterna workflow interamente digitali (Life of Pi, Gravity) a pipeline miste che integrano pellicola e post digitale in modo sempre più integrato. Il tris di Lubezki (2014–2016) sancisce l’idea che la fotografia contemporanea sia un atto di coreografia tra camera e luce in spazi complessi (long take, gimbal, steady/rig aerodinamici). Nel 2018 Roma riporta il B/N al centro; nel 2019 Deakins scolpisce l’illusione del piano‑sequenza in 1917. Nel 2021–2022 Mank (B/N) e Dune (large format digitale) mostrano due strade opposte e complementari verso la monumentalità. Poi, 2024–2025, l’onda lunga del ritorno alla pellicola: Oppenheimer e The Brutalist vincono con scelte fotografiche “materiali” e formati storici, senza rinunciare a pipeline di color grading e mastering contemporanei.
Le ultime due edizioni (2024–2025): perché hanno vinto
Nel 2024 vince Hoyte van Hoytema per Oppenheimer, fotografato in IMAX/65mm con segmenti in B/N IMAX (prima volta di sempre): la struttura alternata di colore/monocromia ordina la doppia prospettiva del racconto (soggettiva/oggettiva), mentre la pellicola conferisce solidità ottica a volti e scenari storici.
Nel 2025 vince Lol Crawley per The Brutalist: un’epopea architettonica fotografata in VistaVision (35mm orizzontale a 8 perforazioni), rifinita su 70mm e talvolta proposta in sale IMAX, che unisce controluce plastici, profondità prospettiche e una gestione cromatica sobria, coerente con la parabola esistenziale del protagonista. Due vittorie consecutive “su film” raccontano un momento di riflessione dell’industria: l’analogico come scelta estetica e disciplina sul set (esposizione, illuminazione, continuità), non come nostalgia.
Record & statistiche che contano
- Plurivincitori: con 4 Oscar svettano Leon Shamroy e Joseph Ruttenberg; tra i grandi, Vittorio Storaro ne conta tre (Apocalypse Now, Reds, The Last Emperor), Robert Richardson tre, Conrad L. Hall tre (l’ultimo postumo per Road to Perdition).
- Tre vittorie di fila: primato unico di Emmanuel “Chivo” Lubezki (2014 Gravity, 2015 Birdman, 2016 The Revenant).
- Il regista più “fotogenico”: David Lean detiene il record per il maggior numero di film che hanno fatto vincere la fotografia (cinque titoli), un’indicazione indiretta di quanto messa in scena e visione fotografica possano co-determinarsi.
- Digitale vs pellicola: Slumdog Millionaire (2009) è il primo vincitore girato principalmente in digitale; Avatar (2010) il primo vincitore tutto digitale. Il pendolo poi torna verso la pellicola con, tra gli altri, Dunkirk (candidato), Oppenheimer (vincitore 2024) e The Brutalist (vincitore 2025).
- Rappresentanza: Rachel Morrison è la prima donna candidata (2018); il dato rimette al centro la necessità di accesso e percorsi per direttrici della fotografia nelle grandi produzioni.
Albo d’oro Oscar alla miglior fotografia
La tabella che segue riporta, per ogni anno di cerimonia, il film vincitore e il direttore della fotografia. Per il periodo 1939–1966 sono indicate due righe per anno (B/N e Colore).
| Anno | Film | Direttore della fotografia | Categoria |
| 1929 | Sunrise: A Song of Two Humans | Charles Rosher, Karl Struss | — |
| 1930 (apr) | White Shadows in the South Seas | Clyde De Vinna | — |
| 1930 (nov.) | With Byrd at the South Pole | Joseph T. Rucker, Willard Van der Veer | — |
| 1931 | Tabu: A Story of the South Seas | Floyd Crosby | — |
| 1932 | Shanghai Express | Lee Garmes | — |
| 1934 | A Farewell to Arms | Charles Lang Jr. | — |
| 1935 | Cleopatra | Victor Milner | — |
| 1936 | A Midsummer Night’s Dream | Hal Mohr | — |
| 1937 | Anthony Adverse | Tony Gaudio | B/N (principale) |
| 1938 | The Good Earth | Karl Freund | B/N (principale) |
| 1939 | The Great Waltz | Joseph Ruttenberg | B/N (principale) |
| 1940 | Wuthering Heights | Gregg Toland | B/N |
| 1940 | Gone with the Wind | Ernest Haller, Ray Rennahan | Colore |
| 1941 | Rebecca | George Barnes | B/N |
| 1941 | The Thief of Bagdad | Georges Périnal | Colore |
| 1942 | How Green Was My Valley | Arthur C. Miller | B/N |
| 1942 | Blood and Sand | Ernest Palmer, Ray Rennahan | Colore |
| 1943 | Mrs. Miniver | Joseph Ruttenberg | B/N |
| 1943 | The Black Swan | Leon Shamroy | Colore |
| 1944 | The Song of Bernadette | Arthur C. Miller | B/N |
| 1944 | Phantom of the Opera | Hal Mohr, W. Howard Greene | Colore |
| 1945 | Laura | Joseph LaShelle | B/N |
| 1945 | Wilson | Leon Shamroy | Colore |
| 1946 | The Picture of Dorian Gray | Harry Stradling | B/N |
| 1946 | Leave Her to Heaven | Leon Shamroy | Colore |
| 1947 | Anna and the King of Siam | Arthur C. Miller | B/N |
| 1947 | The Yearling | Charles Rosher, Leonard Smith, Arthur Arling | Colore |
| 1948 | Great Expectations | Guy Green | B/N |
| 1948 | Black Narcissus | Jack Cardiff | Colore |
| 1949 | The Naked City | William Daniels | B/N |
| 1949 | Joan of Arc | Joseph Valentine, William V. Skall, Winton C. Hoch | Colore |
| 1950 | Battleground | Paul C. Vogel | B/N |
| 1950 | She Wore a Yellow Ribbon | Winton C. Hoch | Colore |
| 1951 | The Third Man | Robert Krasker | B/N |
| 1951 | King Solomon’s Mines | Robert Surtees | Colore |
| 1952 | A Place in the Sun | William C. Mellor | B/N |
| 1952 | An American in Paris | Alfred Gilks, John Alton | Colore |
| 1953 | The Bad and the Beautiful | Robert Surtees | B/N |
| 1953 | The Quiet Man | Winton C. Hoch, Archie Stout | Colore |
| 1954 | From Here to Eternity | Burnett Guffey | B/N |
| 1954 | Shane | Loyal Griggs | Colore |
| 1955 | On the Waterfront | Boris Kaufman | B/N |
| 1955 | Three Coins in the Fountain | Milton Krasner | Colore |
| 1956 | The Rose Tattoo | James Wong Howe | B/N |
| 1956 | To Catch a Thief | Robert Burks | Colore |
| 1957 | Somebody Up There Likes Me | Joseph Ruttenberg | B/N |
| 1957 | Around the World in 80 Days | Lionel Lindon | Colore |
| 1958 | The Bridge on the River Kwai | Jack Hildyard | (unificata) |
| 1959 | The Defiant Ones | Sam Leavitt | B/N |
| 1959 | Gigi | Joseph Ruttenberg | Colore |
| 1960 | The Diary of Anne Frank | William C. Mellor | B/N |
| 1960 | Ben-Hur | Robert Surtees | Colore |
| 1961 | Sons and Lovers | Freddie Francis | B/N |
| 1961 | Spartacus | Russell Metty | Colore |
| 1962 | The Hustler | Eugen Schüfftan | B/N |
| 1962 | West Side Story | Daniel L. Fapp | Colore |
| 1963 | The Longest Day | Jean Bourgoin, Walter Wottitz | B/N |
| 1963 | Lawrence of Arabia | Freddie Young | Colore |
| 1964 | Hud | James Wong Howe | B/N |
| 1964 | Cleopatra | Leon Shamroy | Colore |
| 1965 | Zorba the Greek | Walter Lassally | B/N |
| 1965 | My Fair Lady | Harry Stradling | Colore |
| 1966 | Ship of Fools | Ernest Laszlo | B/N |
| 1966 | Doctor Zhivago | Freddie Young | Colore |
| 1967 | Who’s Afraid of Virginia Woolf? | Haskell Wexler | B/N |
| 1967 | A Man for All Seasons | Ted Moore | Colore |
| 1968 | Bonnie and Clyde | Burnett Guffey | (unica) |
| 1969 | Romeo and Juliet | Pasqualino De Santis | (unica) |
| 1970 | Butch Cassidy and the Sundance Kid | Conrad L. Hall | (unica) |
| 1971 | Ryan’s Daughter | Freddie Young | — |
| 1972 | Fiddler on the Roof | Oswald Morris | — |
| 1973 | Cabaret | Geoffrey Unsworth | — |
| 1974 | Cries and Whispers | Sven Nykvist | — |
| 1975 | The Towering Inferno | Fred J. Koenekamp, Joseph Biroc | — |
| 1976 | Barry Lyndon | John Alcott | — |
| 1977 | Bound for Glory | Haskell Wexler | — |
| 1978 | Close Encounters of the Third Kind | Vilmos Zsigmond | — |
| 1979 | Days of Heaven | Néstor Almendros | — |
| 1980 | Apocalypse Now | Vittorio Storaro | — |
| 1981 | Tess | Geoffrey Unsworth, Ghislain Cloquet | — |
| 1982 | Reds | Vittorio Storaro | — |
| 1983 | Gandhi | Billy Williams, Ronnie Taylor | — |
| 1984 | Fanny and Alexander | Sven Nykvist | — |
| 1985 | The Killing Fields | Chris Menges | — |
| 1986 | Out of Africa | David Watkin | — |
| 1987 | The Mission | Chris Menges | — |
| 1988 | The Last Emperor | Vittorio Storaro | — |
| 1989 | Mississippi Burning | Peter Biziou | — |
| 1990 | Glory | Freddie Francis | — |
| 1991 | Dances with Wolves | Dean Semler | — |
| 1992 | JFK | Robert Richardson | — |
| 1993 | A River Runs Through It | Philippe Rousselot | — |
| 1994 | Schindler’s List | Janusz Kamiński | — |
| 1995 | Legends of the Fall | John Toll | — |
| 1996 | Braveheart | John Toll | — |
| 1997 | The English Patient | John Seale | — |
| 1998 | Titanic | Russell Carpenter | — |
| 1999 | Saving Private Ryan | Janusz Kamiński | — |
| 2000 | American Beauty | Conrad L. Hall | — |
| 2001 | Crouching Tiger, Hidden Dragon | Peter Pau | — |
| 2002 | The Lord of the Rings: The Fellowship of the Ring | Andrew Lesnie | — |
| 2003 | Road to Perdition | Conrad L. Hall | — |
| 2004 | Master and Commander: The Far Side of the World | Russell Boyd | — |
| 2005 | The Aviator | Robert Richardson | — |
| 2006 | Memoirs of a Geisha | Dion Beebe | — |
| 2007 | Pan’s Labyrinth | Guillermo Navarro | — |
| 2008 | There Will Be Blood | Robert Elswit | — |
| 2009 | Slumdog Millionaire | Anthony Dod Mantle | — |
| 2010 | Avatar | Mauro Fiore | — |
| 2011 | Inception | Wally Pfister | — |
| 2012 | Hugo | Robert Richardson | — |
| 2013 | Life of Pi | Claudio Miranda | — |
| 2014 | Gravity | Emmanuel Lubezki | — |
| 2015 | Birdman | Emmanuel Lubezki | — |
| 2016 | The Revenant | Emmanuel Lubezki | — |
| 2017 | La La Land | Linus Sandgren | — |
| 2018 | Blade Runner 2049 | Roger Deakins | — |
| 2019 | Roma | Alfonso Cuarón | — |
| 2020 | 1917 | Roger Deakins | — |
| 2021 | Mank | Erik Messerschmidt | B/N |
| 2022 | Dune | Greig Fraser | — |
| 2023 | All Quiet on the Western Front | James Friend | — |
| 2024 | Oppenheimer | Hoyte van Hoytema | — |
| 2025 | The Brutalist | Lol Crawley | — |
Fonti
- Academy Awards Database – AMPAS
- Academy Award for Best Cinematography – Wikipedia
- https://www.britannica.com/topic/Academy-Award-for-best-cinematography
- Interviste e schede tecniche: American Cinematographer, ARRI, RED Digital Cinema (per formati recenti)
- Articoli di settore: ASC Magazine, IndieWire, Variety (per note su workflow digitale/pellicola)
Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
Attraverso il mio sito, offro una panoramica completa delle tappe fondamentali della fotografia, dai primi esperimenti ottocenteschi alle tecnologie digitali contemporanee. La mia missione è educare e ispirare, sottolineando l’importanza della fotografia come linguaggio universale.
Sono anche una sostenitrice della conservazione della memoria visiva. Ritengo che le immagini abbiano il potere di raccontare storie e preservare momenti significativi. Con un approccio critico e riflessivo, invito i miei lettori a considerare il valore estetico e l’impatto culturale delle fotografie.
Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.


