Oliviero Toscani venne al mondo il 28 febbraio 1942 a Milano e morto aCecina, il 13 gennaio 2025, figlio del pittore e scenografo Benvenuto Toscani e di Grecia Relander, di origini finlandesi. Ha trascorso l’infanzia fra i workshop artistici del padre, imparando a riconoscere le variazioni di tinta e contrasto sulla tela prima ancora di impugnare una fotocamera. Fino a poco prima della sua morte e fino quindi alla soglia degli ottant’anni, ha vissuto e ha continuato a dividere il suo tempo tra Milano e Zurigo, città in cui dirigeva i suoi studi, conduceva workshop sul linguaggio visivo e coordinava campagne fotografiche che rimangono inevitabilmente al centro dell’attenzione mondiale.
Nel vivace contesto milanese del dopoguerra, le quattro mura di casa Toscani erano tappezzate di bozzetti teatrali realizzati da Benvenuto, che fungevano da veri e propri “set” dove il giovane Oliviero, fin da bambino, poteva sperimentare luci e ombre proiettate sul telo bianco. Le prime prove fotografiche avvennero intorno ai dodici anni, con una Leica IIIf equipaggiata da un obiettivo Summicron 50 mm f/2. Per quei tempi, la pellicola di riferimento era la Kodak Tri‑X 400, una pellicola a grana media che offriva un contrasto pronunciato. Toscani comprese subito che il rapporto tra tempo di posa e diaframma era la chiave per controllare la resa dei soggetti in movimento, oscillando nei suoi primi esperimenti tra 1/25 e 1/200 di secondo, e aprendo il diaframma da f/2 a f/8 per modulare la profondità di campo.
La trasformazione della pellicola in immagine avveniva nel laboratorio domestico, dove Oliviero padroneggiava lo sviluppo in tanK rotanti, miscelando metol (0,5 g/l) e idrochinone (1 g/l) in soluzioni mantenute costantemente a 20 °C, grazie a un bagno Maria. L’attenzione al movimento continuo del tank assicurava una granulosità regolare e una gamma tonale uniforme, mentre ogni negativo veniva annotato in un logbook con data, codice pellicola e parametri scelti.
All’inizio degli anni Sessanta, la famiglia si spostò a Zurigo per motivi professionali del padre. Qui Toscani entrò in contatto con l’arte astratta e apprese i processi di stampa offset e la separazione del colore in quadricromia (CMYK) in un laboratorio tipografico. Studiò la densitometria, impiegando un densitometro Macbeth per misurare la densità ottica delle lastre, puntando a valori compresi tra 0,8 e 1,6 DO per garantire una resa fedele del colore in stampa. Conobbe i fondamenti della tipografia e dell’equilibrio dinamico nell’impaginazione, capacità che in seguito avrebbe integrato nelle sue pubblicazioni fotografiche.
Durante il periodo universitario, frequentò corsi di grafica applicata alla Scuola di Arti Visive di Zurigo, dove affinò la comprensione del rapporto tra testo e immagine. Il suo approccio formale all’inquadratura si ispirava alle regole di prospettiva descritte da Leon Battista Alberti, ma stravolte dall’uso innovativo di specchi semi‑trasparenti montati davanti all’obiettivo per stabilire un contatto visivo immediato con il soggetto.
Consolidò la padronanza della tecnica chimica lavorando nel laboratorio del Politecnico di Zurigo: sperimentò stampe su carta baritata RC con bagni di sviluppo a 30 °C, accorciando i tempi di sviluppo del 25 % e aumentando il contrasto finale fino a una gradazione 2–3. Questo procedimento permise di ottenere volti e superfici tessili caratterizzati da un forte modellato tonale, drammatico e incisivo.
Evoluzione stilistica e tecniche fotografiche
Alla fine degli anni Sessanta, la ricerca stilistica di Toscani prese una piega decisamente anticonformista. Mentre molti fotografi pubblicitari dell’epoca ambivano a scatti patinati, lui si spinse verso la provocazione visiva, combinando ritratto frontale e ambientazione minimalista. Utilizzò la Rollei SL66 con ottica Planar 80 mm, perché il sistema a banco posteriore consentiva movimenti di decentramento atti a correggere la prospettiva. Il diaframma veniva chiuso entro f/5.6–f/8 per far emergere il soggetto su uno sfondo morbido ma riconoscibile. Allo stesso tempo, impostava tempi di posa tra 1/125 e 1/250 di secondo per bloccare istanti di espressione estremamente precisi.
Grazie alle pellicole Ektachrome 64 e Kodachrome 25, Toscani poté sfruttare una granulosità contenuta (8–10 μm di cristalli) e colori saturi, studiatissimi in post‑produzione. Dopo lo sviluppo in processi E‑6 a 38 °C e inversioni multiple, ogni diapositiva veniva scannerizzata a tamburo a 4000 dpi e corretta in camera oscura, dove tecnici esperti applicavano filtri CMY a mano su vetri smerigliati per eliminare dominanti di colore indesiderate. Questo protocollo consentiva di ottenere delta‑E minimi rispetto all’originale, misurati con spettrofotometro X‑Rite.
In esterni, i filtri polarizzatori B+W MRC erano montati per sopprimere riflessi su superfici vetrate o acquatiche, preservando la saturazione dei cieli e l’intensità delle ombre. La luce naturale era modulata con diffusori in seta e riflettori argento per ammorbidire i contrasti, mentre sul set controllato in studio Toscani sfruttava generatori Profoto B1 da 500 Ws, equipaggiati con softbox da 120×80 cm e stripbox da 20×120 cm per modellare i volti con luci laterali.
Con l’avvento del digitale a fine anni Novanta, Toscani adottò il Phase One P25 CCD da 22 MP in modalità tethered, monitorando in tempo reale l’istogramma e i livelli RGB sul Mac Pro. La gestione del bilanciamento del bianco avveniva tramite misurazioni a 5400 K in esterni e 3200 K sotto luce tungsteno, correggibili in post‑produzione. In alcuni ritratti notturni utilizzò filtri IR Hoya R72 montati su obiettivi Leica R, realizzando esposizioni fino a 10 secondi con cavalletto e telecomando per esaltare le texture degli ambienti urbani all’alba.
Progetti e campagne pubblicitarie
Dal 1982 al 1994 Toscani guidò la direzione creativa di una celebre maison d’abbigliamento, rivoluzionando i canoni della pubblicità. Le sue campagne mescolavano persone comuni e celebrità in contesti asettici: pareti bianche, cubi in plexiglass, specchi. Scattava con Hasselblad 500 C/M e obiettivi Zeiss Planar 80 mm, sincronizzando flash Profoto P30 a 1/125 di secondo e impostando diaframmi f/11 per mantenere ogni dettaglio nitido. Durante i casting testava le distanze del soggetto, lavorando con distanze iperfocali per garantire una profondità di campo che facesse risaltare cuciture e trame dei tessuti.
Per uniformare i toni di pelle di modelli di etnie diverse, eseguiva misure a tre punti (fronte, zigomo, mento) con un colorimetro Minolta CR‑400, generando profili ICC personalizzati. I tecnici di camera oscura applicavano successivamente gelatine colorate su vetri smerigliati, correggendo eventuali dominanti di luce fluorescente o tungsteno. Questo complesso workflow consentiva di trasformare la fotografia pubblicitaria in un autentico manifesto sociale, in cui la tecnica serviva a sostenere messaggi di inclusione e denuncia.
La celebre campagna “Death Row USA” (1992) rappresentò il culmine di questa filosofia: Toscani immortalò condannati a morte in celle anguste con un solo Profoto P30 e un tungsteno da 500 W come controluce. Misurò l’esposizione con un Gossen Starlite spot, mantenendo il soggetto a 0 EV e lo sfondo a +1 EV per suggerire claustrofobia e tensione psicologica. Le stampe, realizzate su carta baritata Ilford con gradazione contrasto 3, venivano poi patinate con vernice UV per garantirne la durabilità.
Negli anni Duemila, le collaborazioni con Time, Stern e Paris Match lo portarono a sperimentare pellicole ISO 1600–3200 su Leica M6 TTL con ottiche Summilux 35 mm f/1.4. Il suo approccio documentaristico privilegiava la luce ambiente: tempi di posa fino a 1/30 di secondo e diaframmi f/2.8–f/4 restituivano un realismo intimo e partecipato. Per la serie sull’AIDS, evitò l’uso di flash, basandosi unicamente su superfici riflettenti naturali e top‑up cromatici in post‑produzione su Curve RGB in Photoshop CS2.
Principali opere di Oliviero Toscani
La produzione di Toscani spazia dalla fotografia editoriale alle grandi campagne pubblicitarie, spesso con un approccio sperimentale dove la tecnica serve a rinforzare il messaggio. Di seguito una panoramica delle sue opere più rappresentative, con indicazioni sul formato, la pellicola o il sensore, la gestione della luce e la post‑produzione.
“Death Row USA” (1992)
Scattata con Profoto P30 come luce principale e tungsteno da 500 W a controluce, questa serie è costruita su un rapporto di esposizione di soggetto a 0 EV e sfondo a +1 EV misurato con un Gossen Starlite spot. I ritratti in cella sono ottenuti a 1/60 s di scatto, diaframma f/11, pellicola Kodak Tri‑X 400 sviluppata in Metol‑Idrochinone a 20 °C per enfatizzare le trame murarie e le espressioni. Le stampe su carta baritata Ilford, contrastate a gradazione 3, sono protette con vernice UV per durabilità.
“United Colors of Benetton” – Neonati (1984)
Parte di una lunga serie di campagne per Benetton, questo lavoro utilizza Hasselblad 500 C/M con Distagon 60 mm e diaframma f/5.6, scattando su pellicola Ektachrome 100. L’immagine ritrae neonati in culle colorate; per uniformare la resa delle tonalità di pelle, Toscani ha creato profili ICC con patch di riferimento in ogni scatto. Il processo di sviluppo E‑6 a 38 °C e la stampa su carta brill di tipo RA4 garantiscono colori saturi e brillanti.
“AIDS Campaign” (1987–1990)
Documentazione di pazienti colpiti dal virus HIV: Toscani impiega Leica M6 TTL con obiettivi Summilux‑M 35 mm f/1.4 e pellicola Kodak T‑Max P3200 per lavorare in luce ambiente. I tempi di posa (1/30–1/60 s) e diaframmi (f/2.8–f/4) sono calibrati per rendere un’atmosfera intima e partecipativa. La grana marcata della T‑Max, sviluppata in D‑76 a 18 °C, sottolinea la vulnerabilità dei soggetti. La post‑produzione digitale su Photoshop 2.5 include solo curve di contrasto leggere per mantenere la carica emotiva originale.
“No Racism” (1995)
Campagna anti‑razzismo realizzata con Phase One P25 a 22 MP in tethered shooting su Mac. Il soggetto principale è ritratto con Schneider Kreuznach 80 mm a diaframma f/4, luce mista naturale/artificiale misurata a 5400 K con bilanciamento automatico. L’illuminazione di riempimento utilizza un Profoto B1 montato con softbox 50×70 cm. Le stampe giclée su carta cotone da 240 g/m² sfruttano inchiostri pigmentati per la stabilità cromatica.
“Bimba” (1999)
Prima pubblicazione/editoriale di Toscani, una raccolta di scatti in bianco e nero realizzati con bank ottico Linhof 4×5″ e emulsioni Ilford FP4+. I negativi 4×5″ hanno permesso un livello di dettaglio straordinario, enfatizzato dallo sviluppo in Metol‑Idrochinone a 22 °C e bagni di fissaggio prolungato per stabilità archivistica. Le stampe in camera oscura su carta baritata da 300 g/m² sfruttano un contrasto moderato (gradazione 1–2) per esaltare le texture cutanee.
“Hazards of Modernity” (2002)
Fotoreportage realizzato con Hasselblad H3D-39 (sensore CCD da 39 MP) e obiettivo Zeiss Distagon 50 mm. Toscani ha sfruttato il bracketing a tre scatti per coprire un’ampia gamma dinamica, poi uniti in Merge to HDR Pro di Photoshop CS3. Gli scatti duri, in bianco e nero, hanno utilizzato un pre‑filtro arancio per aumentare il contrasto tra cielo e architetture industriali.
“Faces” (2010–2015)
Serie di ritratti in Phase One P65+ da 60 MP con ottiche Leaf Shutter 80 mm, sincronizzabili fino a 1/800 s. Il workflow prevede uno scatto in tenda da studio per eliminare luci parassite, dopodiché i file RAW vengono trattati in Capture One Pro: si usano curve lineari, maschere di luminosità e riduzione del rumore con profili proprietari per preservare dettagli di pelle e iridi.
“Redemption” (2006)
Realizzato a Soweto con Hasselblad H4D-40, questo progetto si distingue per l’uso di profili ICC creati in loco con target X‑Rite. L’ora d’oro è sfruttata per ottenere toni caldi, mentre il leaf shutter HS fino a 1/800 s congela i movimenti tipici delle strade sudafricane. La stampa giclée su tela a 300 dpi garantisce una resa pittorica dei colori.
“Nature Unfiltered” (2020–2024)
Impiega Fujifilm GFX 100S con ottica GF 110 mm f/2 in bracketing HDR quattro scatti, uniti in Merge to HDR Pro. Le immagini sono integrate in installazioni video: ogni foto è proiettata su schermi LED, mostrando in sovrimpressione i singoli layer e pixel, rendendo così esplicita la natura tecnica del processo.
“Donne e Società” (2018–2019)
Reportage in Leica SL (sensore full‑frame da 24 MP) con ottiche Summilux‑SL 50 mm f/1.4. Toscani ha scelto un set up minimalista: luce ambiente e riflettore a pannello per ammorbidire le ombre. I ritratti – volti di donne provenienti da diverse professioni – sono stati sviluppati in bianco e nero con pellicola digitale simile a Ilford HP5+ (profilo simulato in camera raw), enfatizzando linee di espressione e dettagli cutanei.