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Fratelli Alinari

I Fratelli AlinariLeopoldo (Firenze, 1832 – Firenze, 1865), Romualdo (Firenze, 1830 – Firenze, 1890) e Giuseppe (Firenze, 1836 – Firenze, 1890) — fondano nel 1852, in via Cornina a Firenze, lo studio Fratelli Alinari Fotografi Editori, responsabile di aver dato vita al più antico archivio fotografico continuativo al mondo. Dal 2020, l’intero patrimonio è gestito dalla Fondazione Alinari per la Fotografia, sorta per volontà della Regione Toscana.

Origini, formazione e prime realizzazioni

Nella Firenze dei primi anni Cinquanta dell’Ottocento, la fotografia iniziava a diffondersi in modo embrionale. Leopoldo Alinari, formatosi presso il calcografo Giuseppe Bardi, comprese rapidamente le potenzialità rivoluzionarie del nuovo medium. Nel 1852 avviò un piccolo laboratorio in via Cornina, dove sperimentò con la stampa basata sull’albumina e sulla tecnica del collodio umido. In due anni coinvolse i fratelli Giuseppe e Romualdo: la struttura divenne in breve uno studio completo, con sale posa, reparto sviluppo, di stampa e asciugatura.

Fin da subito, la missione si concentra su due fronti: la documentazione dell’arte e dell’architettura e la vendita di album turistici di vedute toscane. Le tirature erano caratterizzate da vetri di grande formato (21×27 cm), emulsioni stese con precisione e tonalizzazioni allo ioduro d’argento, solfuro di oro e selenio per migliorarne durata e resa cromatica. Questa accuratezza tecnica, unita a scelte compositive rigorose — diaframmi chiusi f/11–f/16, pose lente, luci morbide — portò a risultati di estrema nitidezza, fedeltà prospettica e bilanciamento tonale.

Già nel 1855 partecipano all’Esposizione Universale di Parigi, ottenendo riconoscimenti, riconfermati alla Esposizione di Bruxelles del 1856. La loro fama si consolida e si sviluppa un catalogo molto organizzato, volto all’editoria, con collotipi destinati al mercato europeo. In questi anni nascono le prime collezioni: vedute monumentali della Toscana, panorami di Pisa, Firenze, Siena e riproduzioni artistiche eseguite su richiesta di musei e biblioteche.

Le scelte tecniche e stilistiche, come la preferenza di emulsioni a lente finestra, lunghe esposizioni su lastre di vetro e l’adozione sistematica di tonalizzazioni controllate, dimostrano una conoscenza avanzata e un’attenzione alla qualità fine mai vista in Italia fino a quel momento. Il laboratorio Alinari diventa ben presto un punto di riferimento per chi desideri ottenere riproduzioni fotografiche di opere d’arte con standard vicino a quello dell’incisione, garantendo qualità di riproduzione, fedeltà della superficie e accuratezza prospettica.

Espansione tecnica, organizzativa e artistica

Nel 1863 la ditta si trasferisce su via Nazionale (poi Largo Alinari), dove costruisce un complesso articolato: una grande sala posa, terrazze per la luce diffusa, aree reparto sviluppo e zone per stampa, asciugatura e fotografia nei grandi formati. Questa struttura, studiata secondo workflow industriali ben definiti, permette di ottenere un output quotidiano straordinario: migliaia di lastre fotografiche prodotte in serie.

Alla morte prematura di Leopoldo nel 1865, Giuseppe assume la direzione artistica con Romualdo al fianco, mentre già dal 1890 il figlio di Leopoldo, Vittorio, guida l’azienda. In questo periodo Alinari consolida la sua tecnica editoriale: utilizza la fototipia, sistema di stampa che mescola effetti fotografici e qualità da incisione; sperimenta la collotipia, che permette trasferimenti di tonalità in grande formato su pagine di volumi d’arte.

Accresce inoltre l’attività di documentazione sistematica del patrimonio artistico italiano: cappelle, chiese, collezioni private, opere dei musei italiani, dall’Accademia di Venezia ai dipinti del Louvre. All’estero ottiene commissioni prestigiose, come i Musei Vaticani. Implementa filiali a Roma, Napoli, Milano, Parigi, Bruxelles e Dresda, e distribuisce cartoline e volumi illustrati. Nelle campagne fotografiche usa attrezzature di ultima generazione per l’epoca, con lenti lunghe per il controllo prospettico, emulsioni calibrate per luce diffusa, e sviluppi miniaturizzati in laboratorio mobile. Questa immensa capacità produttiva viene accompagnata da un catalogo meticoloso, che nel 1873 comprende oltre 4.800 lastre, pochi anni dopo ulteriormente aumentate, testimoniando un approccio documentativo su larga scala.

Queste opere — monumenti, opere d’arte, paesaggi — non vengono solo fotografate, ma anche studiate: la struttura geometrica, la gestione di luci e ombre, la rappresentazione dei materiali, tutto è curato come se gli Alinari fossero ingegneri visivi. I cataloghi illustrati diventano strumenti di studio e confronto oggettivi, sostituendo le meno precise incisioni.

L’archivio storico e la modernizzazione digitale

Nel Novecento, l’azienda si trasforma, acquisendo altri archivi: Brogi, Anderson, Chauffourier, Fiorentini e Mannelli. Il patrimonio cresce a oltre 5,5 milioni di immagini originali, fra lastre di vetro, negativi su pellicola, stampe vintage e moderne. È questo il momento in cui nasce il Museo Nazionale Alinari della Fotografia (2006–2012), ospitato nell’Ospedale di San Paolo a Firenze, aperto al pubblico con migliaia di originali in mostra, apparecchi e oggetti storici.

Nel 1998 viene lanciato un sistema di ricerca online, digitale bilingue, con oltre 330.000 immagini catalogate, arricchite ogni giorno con circa 400 nuovi file digitali. Il processo di digitalizzazione impiega scanner di alta gamma (Kodak EverSmart Supreme) e dorsali digitali Leaf/Mamiya da 80 megapixel, con salvataggio in TIFF a 16 bit e profiling colore secondo Adobe ’98. Master file su pellicola speciale vengono conservati in Svalbard, garantendo la sopravvivenza dei dati per 500 anni.

La digitalizzazione segue un workflow professionale: pulizia delle lastre, riprese a illuminazione controllata, calibrazione scanner, correzioni colore su monitor Eizo, salvataggio in formati non distruttivi, backup offline e su pellicola d’archivio. L’archivio Alinari oggi è gestito dalla Fondazione Alinari per la Fotografia (FAF Toscana), costituita nel 2020, con lo scopo di conservare, restaurare, catalogare e rendere accessibile il patrimonio, oltre a organizzarne la valorizzazione tramite mostre, pubblicazioni, eventi formativi.

Struttura archivistica, conservazione e valorizzazione attuale

La Fondazione Alinari gestisce un archivio storico di oltre 5,5 milioni di pezzi. Negli ultimi anni ha avviato la digitalizzazione selettiva delle lastre storiche, concentrandosi su materiali rari o di valore eccezionale. Le attività prevedono trattamenti di restauro (lavaggio, fissaggio, consolidamento), conservazione in ambienti climaticamente controllati e digitalizzazione ad alta risoluzione, garantita da scanner industriali e dorsali digitali, con calibrazione cromatica e creazione di master file TIFF a 16bit.

Il risultato è un archivio consultabile online, con strumenti sofisticati di ricerca iconografica avanzata, basati su metadata strutturati (luogo, data, soggetto, tipo, dimensione, tecnica fotografica, tonalizzazione) e su connessioni semantiche tra fotografie. Ogni immagine è arricchita da informazioni storiche e tecniche, volte a favorire ricerche in ambito accademico, editoriale e museale.

Progetti europei come MIGRATOR 2000, ORPHEUS, HDRi, QAULINET, ecc., hanno contribuito a innovare tecnologie: watermarking invisibile, content based image retrieval, intelligenza artificiale applicata alla classificazione visuale, scansioni 3D di supporti con tecniche di fotogrammetria e integrazione di sistemi GIS per la geolocalizzazione storica delle immagini.

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