La Finetta Werk rappresenta uno dei capitoli meno conosciuti ma tecnicamente più interessanti della storia dell’industria fotografica tedesca del secondo dopoguerra. Attiva per soli nove anni, dal 1948 al 1957, questa azienda riuscì a produrre quattordici diversi modelli di fotocamere, molti dei quali caratterizzati da soluzioni tecniche innovative e da un eccellente rapporto qualità-prezzo. Fondata dall’ingegnere olandese Petrus Gerardus “Piet” Sarabèr in collaborazione con il tecnico tedesco Helmut Finke, la Finetta Werk si distinse per la rapidità con cui riuscì a evolversi da piccola realtà artigianale a struttura industriale, producendo fotocamere che spaziavano da modelli estremamente semplici a sofisticati apparecchi con ottiche intercambiabili. L’azienda introdusse diverse innovazioni tecniche nel campo fotografico, tra cui il primo contatto caldo per flash prodotto in Germania, e sviluppò sistemi ottici di qualità che potevano competere con quelli di marche ben più prestigiose. Nonostante questi successi, le difficoltà finanziarie portarono la Finetta Werk alla chiusura nel 1957, ma le sue fotocamere rimangono oggi ricercati oggetti da collezione e testimonianze di un’epoca pionieristica dell’industria fotografica del dopoguerra.
Le origini e la fondazione dell’azienda
La storia della Finetta Werk ha inizio con un trasferimento: quello di Petrus Gerardus Sarabèr, conosciuto come “Piet”, dalla sua natia Olanda alla Germania. Nato nel 1899 a Delft, città olandese famosa per le sue tradizioni tecniche e artigianali, Sarabèr si trasferì in Germania nel 1942 dopo aver sposato Elisabeth Josephine Weisz, cittadina tedesca. Questo spostamento, avvenuto in pieno conflitto mondiale, avrebbe posto le basi per quella che sarebbe diventata una delle aziende fotografiche più innovative del periodo post-bellico.
Sarabèr era un ingegnere specializzato nel campo dell’elettricità, formazione che gli fornì solide competenze tecniche applicabili anche ad altri settori. Al termine della guerra, nel 1945, decise di stabilirsi a Goslar, cittadina storica della Bassa Sassonia, dove avviò un’attività di consulenza ingegneristica. È in questo contesto professionale che Sarabèr iniziò a sviluppare i primi progetti relativi alle fotocamere, unendo le sue conoscenze di elettronica con un crescente interesse per l’ottica e la meccanica fotografica.
Il 1947 rappresentò un anno cruciale per il futuro imprenditore: fu allora che incontrò Helmut Finke, un tecnico che lavorava presso la prestigiosa Voigtländer di Braunschweig. Finke portava con sé un bagaglio di conoscenze specifiche nel campo della fotografia, acquisite lavorando per uno dei produttori più rinomati dell’epoca. La collaborazione tra i due tecnici si rivelò particolarmente fruttuosa e nell’arco di un anno portò alla progettazione di una fotocamera a mirino galileiano.
Fu proprio questo progetto a segnare la nascita ufficiale dell’azienda denominata Finetta-Werk nel 1948, il cui nome derivava chiaramente dal cognome di Helmut Finke. La scelta di stabilire l’azienda a Goslar non fu casuale: questa città storica era stata relativamente risparmiata dai bombardamenti alleati durante la guerra, permettendo quindi di avviare un’attività produttiva con minori difficoltà logistiche rispetto ad altre località. Inoltre, la regione aveva una tradizione di artigianato di precisione che poteva supportare la nascente industria fotografica.
Il contesto storico in cui nacque la Finetta-Werk era particolarmente complesso. La Germania usciva distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale, con infrastrutture industriali gravemente danneggiate e un’economia in ginocchio. Tuttavia, il settore dell’ottica e della meccanica di precisione tedesca godeva ancora di un prestigio internazionale considerevole. Le aziende tedesche del settore, come Zeiss, Leitz e Voigtländer, avevano definito gli standard qualitativi a livello mondiale prima della guerra. In questo scenario, la creazione di una nuova azienda di fotocamere rappresentava sia una sfida significativa che un’opportunità per introdurre innovazioni in un mercato che stava rapidamente trasformandosi.
La filosofia produttiva dei fondatori della Finetta-Werk era chiara fin dall’inizio: creare fotocamere semplici ed economiche, ma tecnicamente valide. Questa visione si concretizzò nel primo modello concepito dalla neonata azienda, la fotocamera denominata semplicemente “Finetta”. Si trattava di un apparecchio estremamente basilare, con mirino galileiano, obiettivo a fuoco fisso, un singolo diaframma e un unico tempo di otturazione di 1/30 di secondo. Nonostante queste limitazioni, la Finetta si distingueva per la compattezza, la facilità d’uso e l’affidabilità, caratteristiche che ne avrebbero determinato il successo commerciale quando venne lanciata sul mercato nel 1949.
È interessante notare come la Finetta-Werk abbia scelto di posizionarsi in una fascia di mercato in rapida espansione nel dopoguerra: quella delle fotocamere accessibili alla classe media emergente. Con l’aumento del benessere economico, cresceva infatti il numero di persone interessate a documentare momenti familiari e viaggi, ma che non potevano permettersi apparecchi fotografici di alta gamma. Sarabèr e Finke intuirono questa tendenza e decisero di concentrarsi proprio su questo segmento di mercato.
La struttura iniziale dell’azienda era relativamente modesta, con un numero limitato di dipendenti e una produzione artigianale. Tuttavia, fin dall’inizio era evidente l’ambizione dei fondatori di creare un’impresa in grado di crescere e di competere con realtà ben più consolidate. Questa ambizione si manifestò nella rapidità con cui l’azienda iniziò a sviluppare nuovi modelli, ciascuno più sofisticato del precedente, in un processo di evoluzione tecnica che caratterizzò tutta la breve ma intensa storia della Finetta-Werk.
Dal punto di vista tecnico, la prima Finetta rappresentava un interessante esempio di come fosse possibile creare un apparecchio fotografico funzionale con mezzi limitati. L’obiettivo a fuoco fisso eliminava la necessità di un meccanismo di messa a fuoco, semplificando la costruzione e riducendo i costi. Il tempo di otturazione unico di 1/30 di secondo rappresentava un compromesso ragionevole per la fotografia amatoriale in condizioni di luce media, mentre il mirino galileiano offriva una visione chiara e diretta del soggetto. Questi elementi, combinati con dimensioni compatte e un peso contenuto, rendevano la Finetta un apparecchio ideale per fotografi principianti o per chi cercava una fotocamera da portare sempre con sé.
L’evoluzione dei modelli Finetta
La storia dei modelli prodotti dalla Finetta-Werk è caratterizzata da una rapida evoluzione tecnologica e da una notevole diversificazione della gamma. Nel giro di pochi anni, l’azienda passò dalla produzione di fotocamere estremamente semplici a sofisticati apparecchi che incorporavano soluzioni tecniche all’avanguardia. Questa progressione rifletteva non solo la crescente competenza tecnica dell’azienda, ma anche la sua ambizione di conquistare fasce di mercato sempre più esigenti.
La prima fotocamera ufficialmente prodotta dall’azienda, la Finetta IA, lanciata nel 1949, era un apparecchio di straordinaria semplicità. Dotata di un obiettivo a fuoco fisso, un singolo diaframma e un unico tempo di otturazione di 1/30 di secondo, rappresentava l’essenza stessa della fotografia basica. Questo modello era stato concepito per essere accessibile a chiunque, anche a chi non aveva alcuna esperienza fotografica precedente. La semplicità d’uso era infatti uno dei principali punti di forza della Finetta IA: bastava inquadrare il soggetto attraverso il mirino galileiano e premere il pulsante di scatto.
Tuttavia, già nei mesi successivi al lancio del primo modello, l’azienda dimostrò la propria volontà di evolversi tecnicamente introducendo versioni migliorate. La Finetta IIA rappresentava un primo passo avanti, con l’introduzione di un sistema di diaframmi regolabili che permetteva al fotografo di controllare meglio l’esposizione in diverse condizioni di illuminazione. Questa caratteristica, pur semplice, ampliava significativamente le possibilità creative dell’apparecchio.
I modelli Finetta IB e IIB segnarono un ulteriore progresso con l’introduzione di un obiettivo acromatico con apertura massima f/5.6. L’utilizzo di un obiettivo acromatico, composto da due elementi ottici progettati per ridurre le aberrazioni cromatiche, migliorava sensibilmente la qualità dell’immagine rispetto al semplice menisco singolo utilizzato nei modelli precedenti. Questa evoluzione ottica rifletteva l’attenzione crescente dell’azienda per la qualità fotografica, non solo per la semplicità costruttiva.
Sempre nel 1948, l’azienda introdusse due versioni del quarto modello, la Finetta ID e la Finetta IID. Questi apparecchi rappresentavano un’ulteriore raffinamento del concetto base, con miglioramenti sia nell’ottica che nei meccanismi interni. La rapida successione di modelli in un periodo così breve è indicativa del dinamismo dell’azienda e della sua volontà di sperimentare e migliorare costantemente i propri prodotti.
Il 1949 vide l’apparizione della Finetta IIID, un modello che segnò un importante salto qualitativo nella gamma. Questa fotocamera era dotata di un’ottica Anastigmat Finetar da 43 mm con apertura massima f/4, un obiettivo decisamente più sofisticato rispetto a quelli montati sui modelli precedenti. L’anastigmat rappresentava un tipo di obiettivo tecnicamente avanzato, progettato per correggere le aberrazioni ottiche che affliggevano le lenti più semplici. Inoltre, la Finetta IIID introduceva la messa a fuoco su scala metrica, un’importante innovazione che permetteva di ottenere immagini più nitide a varie distanze.
Il 1950 segnò un’altra tappa fondamentale nell’evoluzione della gamma con l’introduzione della Finetta IVD, disponibile in due versioni successive. Questo modello rappresentava un salto tecnologico significativo per l’azienda, poiché era la prima fotocamera Finetta con ottiche intercambiabili. La possibilità di cambiare obiettivo trasformava radicalmente il concetto di fotocamera, da strumento con caratteristiche fisse a sistema modulare adattabile alle diverse esigenze fotografiche. Per la Finetta IVD furono sviluppati quattro obiettivi diversi, che consentivano di spaziare da inquadrature grandangolari a teleobiettivi.
L’evoluzione tecnologica dell’azienda raggiunse uno dei suoi punti più alti nel 1951 con la presentazione della Finetta Super. Questo apparecchio era caratterizzato da soluzioni tecniche all’avanguardia, in particolare l’otturatore centrale sul corpo macchina e il contatto caldo per l’uso del flash. Quest’ultima caratteristica rappresentava un’autentica innovazione: la Finetta Super fu infatti la prima fotocamera con contatto caldo prodotta in Germania, anticipando concorrenti ben più affermati. Il contatto caldo consentiva la sincronizzazione diretta del flash con lo scatto, senza necessità di cavi esterni, una soluzione che sarebbe diventata standard negli anni successivi.
L’anno 1951 fu cruciale anche per l’organizzazione interna dell’azienda. La Finetta-Werk attirò tecnici di comprovata esperienza nel settore fotografico, tra cui spiccava Rudolph Trentsch, proveniente dalla Korelle, un’azienda nota per le sue reflex di medio formato. L’arrivo di questi professionisti qualificati portò nuove competenze e idee, contribuendo all’ulteriore sviluppo tecnico dei prodotti. È in questo periodo che la Finetta-Werk iniziò a trasformarsi da piccola impresa artigianale a vera e propria realtà industriale, con processi produttivi standardizzati e una maggiore capacità produttiva.
Le caratteristiche distintive
Il successo della Finetta-Werk non si basava solamente sulla varietà dei modelli offerti, ma anche e soprattutto sulle innovazioni tecniche che l’azienda seppe introdurre nei suoi prodotti. Pur essendo una realtà relativamente piccola e con una storia breve, la Finetta-Werk dimostrò una notevole capacità di innovare e di proporre soluzioni originali, alcune delle quali anticiparono tendenze che sarebbero diventate standard nel settore fotografico.
Una delle innovazioni più significative introdotte dall’azienda fu il contatto caldo per flash presente sulla Finetta Super, lanciata nel 1951. Fino a quel momento, la sincronizzazione tra fotocamera e flash avveniva tramite cavi esterni, una soluzione poco pratica e soggetta a malfunzionamenti. Il contatto caldo, posto sopra il corpo macchina, permetteva di montare il flash direttamente sulla fotocamera e di sincronizzarlo automaticamente con lo scatto. La Finetta Super fu la prima fotocamera tedesca a presentare questa caratteristica, che sarebbe diventata standard negli anni successivi. Questa innovazione rispondeva a un’esigenza reale dei fotografi, migliorando significativamente l’esperienza d’uso in condizioni di scarsa illuminazione.
Un’altra area in cui la Finetta-Werk dimostrò una notevole competenza tecnica fu quella degli otturatori. Nei modelli più semplici, come la Finetta IA, si utilizzava un otturatore a lamelle con un unico tempo di scatto, una soluzione economica ma funzionale. Nei modelli più avanzati, come la Finetta Super, l’azienda passò a otturatori centrali più sofisticati, che permettevano una gamma di tempi di esposizione più ampia. Il culmine di questa evoluzione fu raggiunto con la Finetta 99, dotata di un otturatore sul piano focale che consentiva tempi di posa molto rapidi, ideali per la fotografia sportiva o d’azione. Questo tipo di otturatore rappresentava una soluzione tecnicamente complessa, che solo i produttori più avanzati erano in grado di realizzare efficacemente.
Gli obiettivi progettati e prodotti dalla Finetta-Werk meritano un’attenzione particolare. L’azienda dimostrò una notevole capacità di evolversi anche in questo ambito, passando da semplici lenti a fuoco fisso a sofisticati sistemi ottici intercambiabili. Il Finetar, nelle sue varie versioni, era l’obiettivo standard dell’azienda, basato su un disegno ottico di tipo Tessar, con quattro elementi in tre gruppi. Questa formula ottica, originariamente sviluppata da Zeiss, offriva un buon compromesso tra qualità dell’immagine, luminosità e costi di produzione. Particolarmente notevole era il Finetar 2.8/45, un obiettivo normale con un’apertura massima considerevole per l’epoca, che permetteva di scattare in condizioni di luce scarsa o di utilizzare tempi di posa più rapidi.
Per i modelli più avanzati, come la Finetta 99 e la Finetta 88, l’azienda sviluppò un sistema di ottiche intercambiabili che ampliava notevolmente le possibilità creative del fotografo. La gamma comprendeva focali che spaziavano dal normale al teleobiettivo medio (45, 70 e 105 mm), coprendo così le esigenze più comuni della fotografia amatoriale e semi-professionale. Il sistema di innesto a baionetta, introdotto con la Finetta 99, permetteva un cambio rapido e sicuro degli obiettivi, una caratteristica che aumentava l’utilità pratica del sistema.
Un aspetto spesso trascurato ma tecnicamente rilevante delle fotocamere Finetta era il sistema di caricamento della pellicola, progettato per essere semplice e intuitivo. Questo dettaglio, apparentemente secondario, era in realtà fondamentale per l’esperienza d’uso, soprattutto per i fotografi meno esperti. La facilità di caricamento riduceva il rischio di errori e di esposizioni accidentali, aumentando la percentuale di scatti riusciti e, di conseguenza, la soddisfazione del cliente.
I mirini delle fotocamere Finetta rappresentavano un altro elemento distintivo della produzione dell’azienda. Si passò dai semplici mirini galileiani dei primi modelli a sistemi più sofisticati, con cornici luminose per indicare l’inquadratura e, nei modelli più avanzati, con correzione del parallasse. Il parallasse, ovvero la differenza tra ciò che si vede nel mirino e ciò che viene effettivamente registrato sulla pellicola, rappresenta un problema tipico delle fotocamere a mirino separato. La correzione di questo fenomeno nei modelli più avanzati della Finetta-Werk dimostrava l’attenzione dell’azienda anche per dettagli tecnici che influenzavano direttamente la qualità dei risultati fotografici.
Il declino e la fine della Finetta Werk
Nonostante l’intensa attività di innovazione e la qualità dei suoi prodotti, la Finetta-Werk iniziò a sperimentare difficoltà finanziarie a partire dal 1955, appena sette anni dopo la sua fondazione. Questo rapido declino può essere attribuito a una combinazione di fattori interni ed esterni che, interagendo tra loro, crearono una situazione di crisi irreversibile.
Il mercato fotografico della metà degli anni ’50 stava attraversando una fase di profonda trasformazione. Le fotocamere del tipo prodotto dalla Finetta-Werk, pur con tutte le loro innovazioni, iniziavano a mostrare i segni di un’obsolescenza tecnologica rispetto alle nuove tendenze del mercato. In particolare, la diffusione delle fotocamere reflex monobiettivo (SLR) stava ridefinendo le aspettative dei fotografi più esigenti. Questi apparecchi offrivano il vantaggio fondamentale di mostrare esattamente l’inquadratura che sarebbe stata impressa sulla pellicola, eliminando il problema del parallasse tipico delle fotocamere a telemetro o a mirino separato come quelle prodotte dalla Finetta-Werk.
Un altro fattore di mercato che influì negativamente sull’azienda fu l’intensificarsi della concorrenza, sia da parte dei produttori tedeschi consolidati, come Zeiss e Leitz, che da parte dell’emergente industria fotografica giapponese. Le aziende nipponiche, che avevano iniziato a ricostruire le loro capacità produttive dopo la guerra, stavano entrando nel mercato europeo e americano con prodotti tecnicamente validi e a prezzi competitivi. Marchi come Canon, Nikon e Pentax stavano gradualmente conquistando quote di mercato, mettendo in difficoltà anche produttori ben più grandi e consolidati della Finetta-Werk.
Dal punto di vista interno, l’azienda aveva probabilmente sovraesteso le proprie capacità produttive e finanziarie. La rapidissima evoluzione dei modelli, con il lancio di numerose varianti nell’arco di pochi anni, se da un lato dimostrava la vivacità tecnica dell’azienda, dall’altro implicava significativi investimenti in ricerca, sviluppo e attrezzature produttive. È possibile che questi investimenti non abbiano generato ritorni sufficienti a garantire la sostenibilità economica dell’impresa.
Un aspetto particolare dell’attività della Finetta-Werk negli ultimi anni fu il tentativo di diversificazione con l’ingresso nel mercato delle cineprese amatoriali. Nel 1954, infatti, l’azienda avviò una collaborazione con Jacques Bogopolsky, noto come Jacques Bolsey, che portò alla produzione della Bolsey 8, una piccola cinepresa per pellicola 8 mm. Questo tentativo di ampliare la gamma produttiva verso il cinema amatoriale, pur interessante, probabilmente disperse ulteriormente le già limitate risorse dell’azienda in un momento in cui sarebbe stato più saggio concentrarsi sul core business.
Nel 1956, la situazione finanziaria dell’azienda raggiunse un punto critico, portando alla dichiarazione di insolvenza. L’anno successivo, nel 1957, il marchio Finetta cessò di esistere. La rapidità di questo declino è sorprendente se si considera che in appena nove anni di attività l’azienda aveva progettato e prodotto ben quattordici modelli di fotocamere, molte delle quali caratterizzate da soluzioni tecniche innovative e da una qualità costruttiva elevata.
Piet Sarabèr, il fondatore dell’azienda, sopravvisse molti anni alla chiusura della sua creazione, morendo nel 1985 all’età di 86 anni. Non è noto se abbia continuato a lavorare nel settore fotografico dopo la fine della Finetta-Werk, ma il suo contributo all’innovazione tecnica nel campo delle fotocamere rimane significativo, anche se poco conosciuto al di fuori della cerchia degli appassionati e dei collezionisti.
La fine della Finetta-Werk si inserisce in un più ampio contesto di ristrutturazione dell’industria fotografica tedesca del dopoguerra. Molte piccole e medie aziende del settore non riuscirono a sopravvivere ai cambiamenti tecnologici e di mercato degli anni ’50, e solo i marchi più forti e prestigiosi riuscirono a mantenere una posizione competitiva. Anche tra questi ultimi, tuttavia, molti furono costretti a rivedere profondamente le proprie strategie produttive e commerciali per adattarsi al nuovo scenario internazionale.
Le fotocamere Finetta, soprattutto i modelli più avanzati come la Finetta 99 e la Finetta 88, sono oggi oggetti ricercati dai collezionisti di fotocamere vintage. Il loro valore non risiede solo nella relativa rarità, ma anche nelle caratteristiche tecniche innovative che incorporano e nella qualità della loro costruzione. Questi apparecchi rappresentano una testimonianza concreta di un periodo particolarmente fertile dell’industria fotografica tedesca, in cui piccole aziende potevano ancora competere con i grandi marchi grazie all’inventiva tecnica e alla qualità produttiva.
Modelli principali e loro caratteristiche tecniche
La Finetta IA, il primo modello prodotto dall’azienda nel 1949, rappresentava l’essenza della semplicità costruttiva. Era dotata di un obiettivo a fuoco fisso con un’apertura fissa, probabilmente intorno a f/11, che garantiva una profondità di campo sufficiente a mantenere a fuoco soggetti da circa 2 metri all’infinito. L’otturatore, estremamente basilare, offriva un unico tempo di esposizione di 1/30 di secondo, un compromesso ragionevole per la fotografia in condizioni di luce media. Il mirino galileiano era semplice ma efficace, offrendo una visione chiara del soggetto. La fotocamera utilizzava pellicola in formato 135 (35 mm), che stava diventando lo standard de facto per la fotografia amatoriale grazie alla sua praticità e alla qualità dell’immagine. Le dimensioni compatte e il peso contenuto rendevano la Finetta IA facile da trasportare, caratteristica importante per una fotocamera destinata all’uso quotidiano.
La Finetta IIA introduceva un importante miglioramento: un sistema di diaframmi selezionabili che permetteva di adattare l’esposizione alle diverse condizioni di luce. Questa caratteristica, pur semplice, ampliava significativamente le possibilità d’uso dell’apparecchio, consentendo di scattare in una gamma più ampia di situazioni luminose. La costruzione e l’aspetto generale rimanevano simili a quelli della Finetta IA, mantenendo l’approccio minimalista che caratterizzava i primi prodotti dell’azienda.
Con i modelli Finetta IB e IIB, l’azienda compì un significativo passo avanti dal punto di vista ottico, introducendo un obiettivo acromatico con apertura massima f/5.6. L’utilizzo di un obiettivo acromatico, composto da due elementi ottici progettati per ridurre le aberrazioni cromatiche, migliorava sensibilmente la qualità dell’immagine rispetto al semplice menisco singolo utilizzato nei modelli precedenti. L’apertura massima più ampia (f/5.6 contro l’f/11 o simile dei modelli precedenti) permetteva di scattare in condizioni di luce meno favorevoli o di utilizzare pellicole meno sensibili.
La Finetta IIID, introdotta nel 1949, segnò un importante salto qualitativo nella gamma. Era dotata di un’ottica Anastigmat Finetar da 43 mm con apertura massima f/4, un obiettivo decisamente più sofisticato rispetto a quelli montati sui modelli precedenti. L’anastigmat era un tipo di obiettivo tecnicamente avanzato, progettato per correggere le varie aberrazioni ottiche che affliggevano le lenti più semplici. Il risultato era un’immagine più nitida e con minori distorsioni. La lunghezza focale di 43 mm era leggermente più corta del “normale” 50 mm, offrendo un campo visivo leggermente più ampio, utile per fotografie in spazi ristretti o per paesaggi. L’apertura massima di f/4, piuttosto luminosa per l’epoca, consentiva di scattare in condizioni di luce moderata senza necessariamente ricorrere al flash. La Finetta IIID introduceva anche la messa a fuoco su scala metrica, una caratteristica che ampliava notevolmente le possibilità creative permettendo di fotografare soggetti a distanze variabili con risultati ottimali.
La Finetta IVD, lanciata nel 1950, rappresentò un’innovazione fondamentale: era la prima fotocamera Finetta con ottiche intercambiabili. Questa caratteristica trasformava la fotocamera da strumento con caratteristiche fisse a sistema modulare adattabile alle diverse esigenze fotografiche. Per la Finetta IVD furono sviluppati quattro obiettivi diversi, che consentivano di spaziare da inquadrature grandangolari a teleobiettivi. Il sistema di innesto degli obiettivi era proprietario e relativamente semplice, ma funzionale ed affidabile. L’otturatore era stato migliorato rispetto ai modelli precedenti, offrendo una gamma più ampia di tempi di esposizione. La Finetta IVD era disponibile in due versioni successive, con miglioramenti incrementali nella seconda.
La Finetta Super, introdotta nel 1951, rappresentava uno dei punti più alti dell’evoluzione tecnica dell’azienda. Era caratterizzata da due innovazioni principali: l’otturatore centrale sul corpo macchina e il contatto caldo per l’uso del flash. L’otturatore centrale, posizionato nel corpo della fotocamera anziché nell’obiettivo, permetteva di utilizzare obiettivi intercambiabili senza bisogno che ciascuno fosse dotato di un proprio otturatore, semplificando la costruzione degli obiettivi stessi e riducendone il costo. Il contatto caldo per il flash era una caratteristica particolarmente innovativa: la Finetta Super fu infatti la prima fotocamera tedesca a incorporare questa soluzione, che sarebbe diventata standard negli anni successivi. Il contatto caldo consentiva di montare il flash direttamente sulla fotocamera e di sincronizzarlo automaticamente con lo scatto, senza necessità di cavi esterni.