La Ellison Kamra nasce negli Stati Uniti, probabilmente nel biennio 1932–1933, in piena era post-depressione, in un contesto produttivo che vedeva la fioritura di piccole realtà manifatturiere dedicate alla meccanica di precisione applicata alla fotografia. L’azienda prende il nome dal suo fondatore, Frank E. Ellison, ingegnere meccanico originario del Minnesota, con un passato nella produzione di componenti ottici per strumenti scientifici. Il termine “Kamra”, con la ‘K’, venne scelto deliberatamente per distinguersi sul mercato, evocando una modernità tecnica e un’estetica industriale orientata alla funzionalità.
Fin dall’inizio, Ellison puntò su una produzione interna completa, riducendo al minimo le forniture esterne. La sede principale si trovava nei sobborghi di Saint Paul, Minnesota, all’interno di un ex stabilimento di utensileria meccanica, riconvertito per ospitare tornitura, rettifica ottica, galvanica e assemblaggio. L’impianto si distingueva per una linea di produzione verticale: dai fusi grezzi di ottone e alluminio si passava direttamente alla lavorazione meccanica, al montaggio degli elementi ottici, alla verniciatura finale e al collaudo.
Il catalogo iniziale dell’azienda era piuttosto contenuto: pochi modelli ma estremamente solidi, pensati per un uso professionale e industriale, con particolare attenzione alla fotografia documentaria, alla fotografia scientifica, e alla riproduzione tecnica. La filosofia produttiva della Ellison Kamra era chiara: nessun compromesso con il mercato amatoriale, ma concentrazione esclusiva su fotocamere robuste, modulari, facilmente riparabili, progettate per funzionare in ambienti complessi e con carichi di lavoro elevati.
Per tutta la durata degli anni Trenta, la Ellison Kamra mantenne una produzione a ritmo contenuto, impiegando raramente più di 40 addetti, ma con un altissimo standard qualitativo, che ne fece una delle più apprezzate aziende statunitensi nel settore delle fotocamere da laboratorio. È durante questo periodo che la compagnia inizia a stringere rapporti di fornitura con università, ospedali, archivi pubblici e compagnie di assicurazione, tutti soggetti che necessitavano di sistemi di ripresa affidabili e altamente standardizzabili per la documentazione visiva di documenti, tessuti, microfratture o mappe catastali.
La sopravvivenza economica dell’azienda fu garantita non tanto dalla quantità delle vendite, quanto dalla fidelizzazione di una clientela professionale e istituzionale, che apprezzava l’estrema precisione costruttiva, l’assistenza tecnica diretta e la modularità delle soluzioni proposte.
Il primo e più emblematico modello realizzato dalla Ellison Kamra fu la Type C-3, una fotocamera da banco a soffietto, progettata per negativi 13×18 cm e interamente costruita in lega di alluminio anodizzato, con inserti in ottone e acciaio brunito. A differenza delle fotocamere tradizionali in legno e ottone dell’epoca, la Type C-3 rappresentava una soluzione completamente metallica, concepita per resistere a urti, abrasioni, escursioni termiche e condizioni ambientali difficili.
Il soffietto in pelle trattata al cromo, rinforzato con giunzioni interne in tela cerata, garantiva una lunga durata e una buona tenuta alla luce anche dopo migliaia di cicli di compressione. Il dorso girevole, dotato di guide micrometriche, permetteva rotazione rapida tra verticale e orizzontale, mentre il piano pellicola era dotato di sistema a depressione per mantenere il supporto perfettamente piatto. L’obiettivo, montato su una piastra intercambiabile di tipo standard, veniva solitamente fornito con ottiche Wollensak o Ilex, anche se la Ellison iniziò, dal 1936, a sperimentare lenti costruite internamente con schema tripletto simmetrico a focale lunga.
Ogni unità veniva collaudata singolarmente e fornita con un certificato di planarità, che attestava la tolleranza meccanica dei componenti ottici e mobili. La precisione della meccanica era tale che molte delle fotocamere Ellison degli anni Trenta e Quaranta sono ancora oggi funzionanti, e vengono utilizzate da appassionati e restauratori. Il telaio della Type C-3 era progettato per sostenere fino a 5 chilogrammi di peso ottico senza flessione, rendendola adatta a installazioni permanenti o riprese con teleobiettivi da laboratorio.
La Type C-4, versione successiva introdotta nel 1939, offriva miglioramenti significativi: un soffietto estensibile fino a 600 mm, doppio binario di scorrimento, movimenti basculanti indipendenti anteriori e posteriori e un sistema di blocco con camme regolabili. Questo la rendeva ideale per la riproduzione prospetticamente corretta di materiali bidimensionali o modelli architettonici. Il corpo macchina era compatibile con sistemi di illuminazione a luce fredda o lampade al mercurio, in uso presso i laboratori scientifici e archeologici.
Il sistema Ellison Kamra si articolava anche attorno a accessori altamente specializzati, come dorsi per pellicola in rullo, vetrini calibrati per misurazioni ottiche, telai traslatori, e perfino ottiche per fluorescenza a ultravioletti. Ogni elemento era prodotto secondo standard industriali e identificato con codice alfanumerico seriale, caratteristica che rende oggi molto agevole la ricostruzione storica dei singoli pezzi.
A partire dagli anni Quaranta, le fotocamere Ellison Kamra iniziarono a diffondersi non solo tra i laboratori di ricerca, ma anche all’interno di enti governativi, strutture ospedaliere, e dipartimenti scientifici delle università americane. L’unicità delle soluzioni proposte si adattava perfettamente a esigenze molto precise: la documentazione medico-legale, la fotografia archeologica, la riproduzione cartografica, e persino la fotografia paleografica.
Presso la University of Wisconsin fu installato un sistema fisso composto da tre fotocamere Ellison Type C-4 montate su traverse motorizzate, usato per mappature digitalizzate ante litteram di grandi codici manoscritti medievali. La scelta della Ellison era motivata dalla possibilità di mantenere una perfetta ortogonalità del piano focale, requisito imprescindibile per riproduzioni filologiche.
Negli ospedali di ricerca di Chicago e Cleveland, le Ellison Kamra furono impiegate per documentare lesioni cutanee da agenti chimici, con l’ausilio di filtri interferenziali e ottiche ultraviolette. Questo tipo di utilizzo richiedeva una costanza assoluta nella resa tonale e nella calibrazione dei colori, ottenibile solo con apparecchi costruiti su specifiche tecniche estremamente rigorose.
L’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti utilizzò diversi modelli Ellison negli anni Cinquanta per la riproduzione sistematica delle tavole tecniche allegate ai depositi di brevetto. In questo contesto veniva impiegato un sistema a piastra vacuum con illuminazione a luce fredda bifocale, e obiettivi macro-calibrati con profondità di campo ridottissima ma altissima nitidezza centrale.
La modularità delle fotocamere Ellison si traduceva anche nella possibilità di utilizzare lo stesso corpo macchina in contesti molto diversi: cambiando la piastra ottica e il supporto pellicola si poteva passare dalla fotografia macro alla documentazione aerofotogrammetrica. Alcuni esemplari furono montati su impalcature sospese per la fotografia zenitale di rilievi geologici, altri su carrelli ferroviari adattati alla fotografia topografica.
Ancora oggi, in alcune università americane, resistono impianti ottici costruiti attorno a fotocamere Ellison, utilizzati per esercitazioni su tecniche analogiche avanzate. L’affidabilità strutturale, l’intercambiabilità dei moduli e la reperibilità dei ricambi (grazie alla numerazione seriale uniforme) rendono questi apparati unici esempi di ingegneria fotografica a lungo ciclo di vita.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
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