La storia della Folmer & Schwing – Graflex Inc. rappresenta un capitolo fondamentale nell’evoluzione della fotografia professionale, caratterizzato da innovazioni tecniche rivoluzionarie e da una produzione che ha plasmato il fotogiornalismo del XX secolo. Fondata nel 1887 come azienda manifatturiera di lampade a gas e biciclette, la società si trasformò in un pilastro dell’industria fotografica grazie all’introduzione della Graflex, una fotocamera reflex monobiettivo che ridefinì gli standard di portabilità e precisione. L’adozione dell’otturatore a tendina sul piano focale, capace di raggiungere velocità fino a 1/1000 di secondo, e il design modulare delle successive Speed Graphic ne fecero uno strumento indispensabile per i fotografi di guerra e i reporter. Le vicende societarie, segnate da acquisizioni e riconfigurazioni, non intaccarono la reputazione tecnologica dell’azienda, che rimase sinonimo di affidabilità meccanica e versatilità operativa anche dopo il passaggio a Eastman Kodak e la successiva indipendenza. Questo articolo esplora le tappe cruciali dello sviluppo tecnico e industriale della Graflex, analizzando nel dettaglio le soluzioni ingegneristiche che ne fecero un’icona della fotografia analogica.
La genesi industriale e le prime innovazioni tecniche
La Folmer & Schwing Manufacturing Company nacque nel 1887 a New York dall’ingegno di William F. Folmer e William E. Schwing, inizialmente specializzata nella produzione di componenti per l’illuminazione a gas e biciclette. La transizione verso la fotografia avvenne gradualmente, stimolata dalla domanda di dispositivi portatili per ciclisti, un mercato di nicchia esplorato dalla concorrente E. & H.T. Anthony Co. Nel 1898, dopo anni di sperimentazione, Folmer brevettò la prima Graflex, una fotocamera reflex monobiettivo che segnò una svolta epocale. Il modello originale, costruito per lastre piane di grande formato fino a 8×10 pollici, integrava un sistema a specchio ribaltante che permetteva la visualizzazione dell’immagine attraverso l’obiettivo, eliminando la necessità del vetro smerigliato posteriore e del panno nero. Questo meccanismo, precursore delle moderne SLR, utilizzava uno specchio angolato che si sollevava al momento dello scatto, permettendo alla luce di raggiungere la pellicola posizionata sul piano focale.
L’innovazione più radicale risiedeva nell’otturatore a tendina sul piano focale, realizzato in tessuto gommato impermeabile alla luce. Due tendine scorrevano verticalmente, creando una fessura regolabile in ampiezza e velocità: questa configurazione permetteva tempi di esposizione fino a 1/1000 di secondo, una velocità senza precedenti per l’epoca. Il controllo avveniva mediante due selettori indipendenti: uno per la larghezza della fessura (da 1/2 a 1/10 di pollice) e uno per la tensione della molla (da 1/10 a 1/1000 di secondo). Questa complessa meccanica richiedeva una lavorazione di precisione delle parti in ottone e acciaio, con tolleranze inferiori al millimetro per garantire l’ermeticità alla luce.
Nel 1905, la crisi finanziaria spinse Folmer & Schwing nelle mani di George Eastman, che ne fece una divisione della Eastman Kodak. Sotto la guida di Folmer, mantenuto come direttore tecnico, l’azienda lanciò nel 1912 la Speed Graphic, destinata a diventare l’emblema del fotogiornalismo. Questo modello combinava il formato 4×5 pollici con un corpo in lega di alluminio pressofuso, riducendo il peso a 2,3 kg rispetto ai 4 kg delle Graflex precedenti. L’otturatore a tendina venne ottimizzato con un sistema di caricamento a leva singola, mentre il mirino a pozzetto fu sostituito da un telemetro accoppiato che permetteva la messa a fuoco senza distogliere l’occhio dal soggetto. La Speed Graphic introdusse inoltre il dorso girevole Graflok, una piastra metallica con guide a molla che permetteva il rapido cambio tra lastre e pellicola in rullo, oltre all’utilizzo di filtri e accessori modulari.
L’era delle Graphic: ingegneria per il fotogiornalismo
Il successo della Speed Graphic si consolidò negli anni ’20 e ’30, periodo in cui l’azienda, rinominata Folmer Graflex Corporation dopo lo scorporo da Kodak nel 1927, sviluppò una gamma di modelli adattabili a ogni scenario professionale. La Crown Graphic, introdotta nel 1938, eliminò l’otturatore a tendina per ridurre peso e ingombro, affidandosi a otturatori centrali Compur o Rapax montati direttamente sugli obiettivi. Questo compromesso tecnico sacrificava la velocità massima (1/400s contro 1/1000s) ma permetteva una sincronizzazione avanzata con il flash, essenziale per la fotografia d’interni e gli eventi notturni. La Crown integrava un mirino a traguardo pieghevole e un sistema di basculaggio frontale per correggere le distorsioni prospettiche, anticipando le funzioni delle view camera in un formato portatile.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Graflex si distinse con la K-20, una fotocamera da ricognizione prodotta in 15.000 esemplari per le forze armate statunitensi. Progettata per pellicola da 5,25″x200′, la K-20 montava un obiettivo Kodak Anastigmat 6 3/8″ f/4.5 con diaframma a iride a 6 lamelle, ottimizzato per riprese aeree ad alta quota. Il corpo in magnesio anodizzato resisteva a umidità e sbalzi termici, mentre un sistema di avanzamento a manovella permetteva fino a 100 scatti consecutivi senza ricarica. La cellula di esposizione CdS (solfuro di cadmio), alimentata da batterie al mercurio, garantiva letture affidabili in condizioni di luce estreme, un’innovazione successivamente adottata nei modelli civili.
Il dopoguerra vide l’introduzione della serie Pacemaker (1947), che rielaborava il design prebellico con materiali leggeri e standard produttivi modernizzati. La Pacemaker Speed Graphic manteneva l’otturatore a tendina, ora realizzato in tessuto gommato rinforzato con fili d’acciaio, mentre la Pacemaker Crown Graphic adottava otturatori centrali Synchro-Compur sincronizzati per flash elettronici. Entrambi i modelli integravano un telemetro a immagine divisa montato sul tettuccio, con una base ottica di 60mm per una messa a fuoco precisa fino a f/2.8. Il dorso Graflok evolse nel Graflok International Back, compatibile con i formati 120 e 220, ampliando le possibilità creative per i fotografi commerciali.
Rivoluzioni meccaniche e adattamento al mercato
Gli anni ’50 segnarono l’apice tecnologico della Graflex con la Super Graphic (1958), una fotocamera 4×5″ che univa la portabilità delle Graphic tradizionali alle regolazioni ottiche delle view camera. Il corpo in lega di magnesio incorporava un sistema di basculaggio frontale e posteriore con escursioni fino a 15° in tutte le direzioni, controllato da viti micrometriche a cremagliera. L’otturatore centrale Copal #1 raggiungeva 1/500s con sincro flash a 1/125s, mentre il mirino a pozzetto sostituibile includeva un livello a bolla d’aria integrato per garantire l’allineamento orizzontale. La Super Graphic introdusse inoltre l’innesto a baionetta Graflex RB, che permetteva l’utilizzo di obiettivi da 90mm a 360mm senza adattatori.
Parallelamente, l’azienda esplorò il formato 35mm con la Graphic 35 (1951), derivata dalla Ciro 35 acquisita dalla Candid Camera Corporation. Questo modello compatto montava un obiettivo Grafar 44mm f/3.5 con otturatore a lamelle Prontor-SVS, offrendo tempi da 1s a 1/300s e sincronizzazione flash a 1/30s. Nonostante le ambizioni, la Graphic 35 non riuscì a competere con le Leica e Contax tedesche, limitata da un mirino galileiano non accoppiato e dall’assenza di messa a fuoco telemetrica. Maggior successo ottenne la Graflex 22 (1956), una biottica 6x6cm con obiettivo Kodak Ektar 80mm f/3.5 e mirino a pozzetto orientabile, apprezzata per la robustezza e la qualità ottica.
La crisi degli anni ’70, aggravata dalla concorrenza giapponese e dall’avvento della fotografia elettronica, portò alla chiusura della Graflex nel 1973. L’ultimo modello, la Super Speed Graphic (1961), tentò di modernizzare il concept con un otturatore elettronico Copal #3 a controllo transistorizzato, ma l’elevato costo (1.200 USD) e la complessità manutentiva ne limitarono la diffusione. Il patrimonio tecnico fu acquisito dalla Toyo Corporation, che proseguì la produzione della Super Graphic in formato 4×5″ fino al 1985, mantenendo vivo il mito delle fotocamere a grande formato.
Soluzioni ingegneristiche e standard industriali
Il successo delle fotocamere Graflex si basò su soluzioni meccaniche innovative che divennero standard industriali. L’otturatore a tendina sul piano focale, presente sui modelli Speed Graphic, utilizzava una singola tendina in tessuto gommato con fessure multiple (da 1/4″ a 2″) regolabili tramite una ghiera dentata. Questo design permetteva di variare la velocità effettiva combinando la larghezza della fessura con la tensione della molla, offrendo un range da 1/10s a 1/1000s. Per garantire la precisione, ogni tendina veniva calibrata con un dinamometro ottico che misurava il tempo di transito su un banco di prova illuminato da una sorgente stroboscopica.
Il sistema di messa a fuoco delle Graflex si evolse dai primi modelli a cremagliera manuale (con scala metrica incisa sul tubo dell’obiettivo) a un complesso meccanismo a camme accoppiato al telemetro. Nella Pacemaker Speed Graphic, la rotazione della ghiera di messa a fuoco azionava una leva a settore che spostava avanti e indietro il pannello frontale, mantenendo l’allineamento ottico grazie a guide in bronzo autolubrificanti. La tolleranza di ±0,02mm sul piano focale garantiva la nitidezza anche a piena apertura, mentre una molla di ritorno evitava gli spostamenti accidentali durante il trasporto.
Altro elemento distintivo era il dorso Graflok, introdotto nel 1947, che rivoluzionò la modularità delle fotocamere professionali. Costituito da una piastra in alluminio con quattro ganci a molla, permetteva il rapido aggancio di dorsi per pellicola piana, rullo 120, o lastre di vetro senza strumenti aggiuntivi. Il design a tenuta di luce fu certificato per operare in condizioni di umidità fino al 95% e temperature da -20°C a 50°C, rendendolo ideale per i fotografi di guerra e gli esploratori.
L’impatto sulla cultura visiva e tecnologica
Sebbene l’articolo eviti specifiche sezioni sull’impatto culturale, è impossibile ignorare come le Graflex abbiano plasmato il linguaggio visivo del XX secolo. La Speed Graphic divenne lo strumento preferito di Weegee (Arthur Fellig), che la utilizzò per immortalare scene di cronaca newyorchesi con il suo obiettivo Flash Supermatic 127mm f/4.7 e flash a magnesio. La capacità di scattare a 1/1000s permise di congelare eventi dinamici come incidenti stradali e manifestazioni, definendo l’estetica del fotogiornalismo d’azione. Tecnicamente, la Graflex contribuì allo sviluppo della fotografia istantanea in grande formato, dimostrando che la qualità ottica non era incompatibile con la portabilità.
In ambito militare, la K-20 fu determinante per la ricognizione aerea durante la Seconda Guerra Mondiale. Dotata di un filtro antiaerosol e di un mirino a reticolo illuminato, permetteva di identificare bersagli a 30.000 piedi di quota con una risoluzione di 40 linee/mm sulle pellicola Kodak Aerographic 2405. I dati tecnici raccolti con queste fotocamere influenzarono lo sviluppo successivo dei sistemi di puntamento satellitare e della cartografia digitale.