La Wirgin Kamerawerk fu fondata nel 1920 a Wiesbaden, capoluogo dell’Assia, dai fratelli Heinrich, Max e Josef Wirgin, cresciuti in una famiglia di imprenditori con una spiccata inclinazione tecnica. Fin dalla costituzione, l’azienda mise a punto una struttura di produzione verticalmente integrata in grado di gestire internamente la fusione dei vetri ottici, la lavorazione meccanica di precisione e l’assemblaggio finale dei prodotti. Questa scelta garantì il controllo completo delle tolleranze: gli innesti a baionetta, i soffietti pieghevoli e le torniture in ottone fosforoso venivano lavorati con macchine utensili e torni a comando manuale, mentre le lenti Anastigmat erano sottoposte a prove ottiche su reticoli da 80 linee per millimetro.
Nel 1927 la Wirgin lanciò la prima fotocamera distintiva, la Edinex, un modello per pellicola 35 mm dotato di ottica Gewironar e otturatore Compur, capace di tempi da 1 s fino a 1/300 s. L’Edinex si rese nota per la mente progettuale accurata, con un sistema di messa a fuoco a innesto rapido e un piano focale in lamiera d’ottone fosfatato, resistente alla corrosione e alle deformazioni termiche. La scelta di adottare un otturatore a tendina centrale garantiva una copertura uniforme del fotogramma, mentre la superficie delle lenti era inizialmente trattata con immersioni in solfuro di cadmio per ridurre i riflessi.
Nel 1932 l’azienda sorprese il mercato con la Gewirette, una piccola fotocamera per pellicola 127 dal peso ridotto a meno di 200 g e caratterizzata da un corpo in lamiera d’acciaio nichelato. Il nome, contrazione di “GEbrüder WIrgin REtte”, indicava la destinazione d’uso come “ritorno alla semplicità”. La Gewirette montava un obiettivo Wehronar f/6,3 e un otturatore Prontor con tempi da 1/25 s a 1/200 s, e presentava un meccanismo di collasso del gruppo ottico nel corpo macchina, riducendo drasticamente gli ingombri. L’assemblaggio prevedeva guide di messa a fuoco rettificate con tolleranza inferiore a 0,05 mm e soffietti in tessuto cerato cuciti a mano, in grado di mantenere la tenuta alla luce per oltre 10.000 cicli.
Nel corso del decennio successivo la Wirgin affiancò ai modelli a visore semplici le Edinex 35 mm con ottiche alternative quali il Steinheil Culminar (schema Tessar-like) e otturatori a tendina Prontor-F. La produzione di lenti intercambiabili in montatura a vite M42 permise di allargare il mercato verso fotografi professionisti e amatoriali avanzati, e l’azienda emise un catalogo tecnico in cui venivano riportate le curve di rifrazione, i campi di fuoco reale e le mappe di aberrazione per ciascun obiettivo.
Con una forza lavoro che superò le 300 unità nel 1938, la Wirgin divenne un punto di riferimento per le fotocamere economiche ma dall’elevata affidabilità meccanica, destinata a durare nel tempo se correttamente manutenzionata. L’equilibrio tra qualità costruttiva, accessibilità di prezzo e versatilità degli accessori (filtri, paraluce, custodie in cuoio) fece guadagnare alla casa di Wiesbaden una vasta rete di distribuzione in Europa occidentale, Nord America e forse persino in alcuni paesi dell’Europa dell’Est.
L’epoca dell’«Arisierung» e la ripresa postbellica (1938–1950)
Nel 1938, a causa delle leggi razziali in Germania nazista, la Wirgin Kamerawerk venne sequestrata dallo Stato nell’ambito del processo di “Arisierung” e ceduta alla Dr. C. Schleussner Fotowerke di Francoforte. I fratelli Wirgin, di origine ebraica, riuscirono a fuggire negli Stati Uniti, portando con sé disegni tecnici, prototipi e un nucleo di know-how che si sarebbe rivelato cruciale per la rinascita dell’azienda. Durante il conflitto, lo stabilimento di Wiesbaden fu riconvertito alla produzione di binocoli militari, ottiche di ricognizione con focali fino a 600 mm e proiettori d’alto contrasto per effetti notturni, sfruttando tecniche avanzate di molatura vetri in atmosfera controllata per ridurre le inclusioni e le bolle.
Il 1945 segnò la restituzione volontaria dell’azienda ai fratelli Wirgin, grazie anche al loro impegno per mantenere rapporti diplomatici e al supporto di autorità alleate sensibili all’ingiustizia subita. La riapertura dello stabilimento avvenne con la riedizione della Gewirette “Post-War”, prodotta con nuovi materiali sintetici per i soffietti e con otturatori rivisti per tempi fino a 1/250 s, in risposta alla scarsità di leghe leggere tradizionali. Il reparto ottico riprese la lavorazione interna dei vetri, mentre i macchinari danneggiati vennero modernizzati con torni a controllo numerico di prima generazione, introdotti grazie a fondi di ricostruzione.
Tra il 1946 e il 1950 la Wirgin ampliò l’offerta con una serie di fotocamere a soffietto 6×6 cm, la Edixa Flex e la Edixa Junior, entrambe montate con otturatori Prontor-SV e ottiche Reomar f/3,5, progettate per il formato 120. Le guide micrometriche in acciaio inox e le baionette a tre scatti rendevano i passaggi di fuoco fluidi e precisi, con tolleranze di ±0,02 mm. Contemporaneamente l’azienda sperimentò un gruppo di esposimetri al selenio accoppiati a meccanismi differenziali, utili per i fotografi di reportage che operavano in condizioni di luce variabile diurna e artificiale.
La ripresa della produzione fotograficadel dopoguerra avvenne in un clima di forte competizione internazionale, ma la qualità dei prodotti Wirgin conquistò nuovamente i mercati esigenti. La capacità di mantenere standard costruttivi elevati e un’offerta di ottiche con trattamento antiriflesso multistrato — applicato in camera a vuoto con deposizione di ossidi metallici — permise all’azienda di competere fino a inizio anni Cinquanta con le fotocamere inglesi e francesi.
L’espansione nel mercato delle SLR e l’acquisto di Franka (1950–1962)
Gli anni Cinquanta segnarono per la Wirgin Kamerawerk una fase di riconversione verso il formato 35 mm e in particolare verso le fotocamere reflex. Il primo modello, l’Edixa Reflex-B del 1954, montava un pentaprisma a tetto con ingrandimento 0,9× e un otturatore focale a tendina metallica con velocità da B a 1/500 s. Il mirino offriva un campo di visione quasi totale e un vetro smerigliato con microprismi per facilitare la messa a fuoco a f/1.8. Il corpo in lega di magnesio pressofuso garantiva rigidezza torsionale e riduzione del peso a circa 900 g.
Nel 1962 Henry Wirgin acquisì il Franka Kamerawerk di Bayreuth, incorporando nell’offerta una serie di fotocamere 16 mm quali la Edixa 16 e la Franka 16, entrambe dotate di esposimetri selenio rimovibili e innesti per ottiche da 25 mm f/2,8. I corpi macchina di Bayreuth ospitavano distanze di messa a fuoco da 0,9 m all’infinito e uno scatto con ritardo variabile da 3 a 10 s, grazie a un sistema di molla a spirale calibrata. L’integrazione delle linee produttive di Franka e Wirgin permise di sfruttare i reparti metallurgici di Wiesbaden per i corpi macchina e i laboratori bayreutesi per le piccole ottiche a lunghezza focale fissa.
Parallelamente, la gamma di accessori si arricchì con obiettivi Schneider-Kreuznach Edixa-Xenon da 50 mm f/1.9, appositamente progettati per la nuova reflex Edixa Electronica. Quest’ultima, introdotta poco dopo, presentava un avanzato sistema di esposizione programmata in cui il diaframma e l’otturatore erano regolati elettronicamente da un circuito a relè, anticipando le logiche di automazione meccanica che sarebbero diventate standard negli anni successivi.
Innovazioni tecnologiche e chiusura definitiva (1962–1971)
Tra il 1962 e il 1965 la Wirgin culminò le proprie innovazioni con l’Edixa Electronica, reflex 35 mm a montatura DKL, otturatore Synchro-Compur e programmed automatic exposure. Il cuore del sistema era un sensore al selenio collegato a un circuito che modificava in tempo reale la resistenza interna del fotoconduttore, permettendo variazioni simultanee di apertura e velocità di otturatore, fino a 1/500 s, su un range di 12 f-stop. L’obiettivo Edixa-Xenon 50 mm f/1.9, a sei elementi in quattro gruppi, riceveva trattamento multistrato per massimizzare la trasmissione luminosa e minimizzare i riflessi interni.
Negli stessi anni la casa di Wiesbaden sviluppò un prototipo di SLR modulare con innesto a baionetta propria, un pentaprisma illuminato a fibra ottica e un sistema di preselezione del diaframma coassiale con la ghiera dei tempi. Purtroppo, l’elevata complessità costruttiva e i costi di produzione, uniti alla crescente concorrenza asiatica, resero antieconomica la prosecuzione in serie.
Nel 1967 le attività di Bayreuth vennero chiuse, seguite nel 1968 dalla trasformazione in Edixa GmbH, un’ultima società destinata a produrre alcuni modelli residui in un impianto ridotto. L’ultimo tentativo fu l’introduzione di una SLR moderna e robusta nel 1971, dotata di un otturatore a tendina metallica fino a 1/1000 s e di un esposimetro interno al silicio, ma il lancio avvenne troppo tardi. La modella insostenibile dei costi e la mancanza di investimenti in un nuovo progetto chiusero definitivamente la produzione fotografica, lasciando il marchio in liquidazione.