Erich Salomon nacque il 28 luglio 1886 a Berlino, in Germania, in una famiglia di commercianti. Durante la sua vita professionale stabilì il proprio quartier generale tra Berlino e Monaco di Baviera, dove gestiva gran parte delle sue attività fotografiche. Morì tragicamente il 15 febbraio 1944 a Cappenberg (Germania) in un incidente aereo mentre fuggiva dalla persecuzione nazista.
Erich Salomon visse un’infanzia immersa nell’ambiente cosmopolita della Berlino di fine Ottocento, città in rapida espansione e crocevia di correnti artistiche. Sin da giovanissimo dimostrò curiosità per la documentazione visiva: all’età di quattordici anni ottenne in prestito una Kodak Pocket in formato 4.5×6 cm e imparò rapidamente le basi della fotografia su pellicola a rullo, sperimentando tempi di posa che oscillavano tra 1/50 e 1/200 di secondo e gestendo diaframmi f/6.3 o f/8 in funzione della luce naturale disponibile.
Gli studi liceali furono accompagnati da attività da autodidatta in camera oscura: Salomon apprese a padroneggiare soluzioni di sviluppo in D‑76 e Metol‑Idrochinone, calibrando la temperatura dei bagni attorno a 20 °C per ottenere una granulosità media e una gamma tonale uniforme. Con attenzione meticolosa, annotava ogni parametro – tempo di sviluppo, concentrazione degli agenti chimici, temperatura – in quaderni tascabili, gettando le basi di un approccio scientifico alla fotografia che lo avrebbe contraddistinto per tutta la carriera.
Nel 1905 si iscrisse all’Università di Berlino per studiare Giurisprudenza, ma la sua passione per l’osservazione sociale lo portò ben presto a entrare in contatto con giornalisti e redattori. Durante gli anni universitari, collaborò con il settimanale satirico Simplicissimus, per il quale iniziò a realizzare semplici vignette fotografiche con la sua Kodak a soffietto 6.5×11 cm. Qui mise a punto tecniche di ritocco manuale dei negativi: trattava le lastre con pennellate leggere di china per ribassare ombre troppo profonde e utilizzo del controllo dell’esposizione selettiva in camera oscura per alterare il contrasto delle stampe.
Conseguì il diploma di dottorato in diritto nel 1910, ma il suo spirito avventuroso lo spinse a dedicarsi completamente alla fotografia. Tra il 1911 e il 1914 intraprese un viaggio di formazione attraverso l’Europa: a Vienna studiò il giornalismo d’inchiesta, mentre a Parigi approfondì l’uso della fotocamera Leica I appena lanciata sul mercato. Con Leica sperimentò il ritratto discreto, muovendosi tra la folla e scattando a tempi rapidi (1/500 s) e diaframmi aperti (f/2.8–f/3.5) per isolare i soggetti in ambienti dinamici. L’elaborazione delle sue prime diapositive avvenne in processo E‑1, con bagni a 25 °C e inversioni multiple per ottenere un contrasto moderato e una nitidezza elevata.
Evoluzione stilistica e tecniche fotografiche
Durante la Prima Guerra Mondiale Salomon fu chiamato come volontario e documentò la vita delle retrovie con una Graflex Speed Graphic 4×5″, rivelando grande abilità nell’impiego di lastre di vetro in condizioni difficili. Padroneggiò l’uso di esposizioni lunghe fino a 2 secondi per riprendere le officine belliche di notte, bilanciando con flash bulb sincronizzati a 1/50 s per ottenere dettagli nelle aree in ombra. Questa capacità di lavorare in situazioni estreme gli permise di sviluppare un approccio flessibile, caratterizzato da rapidi cambi di emulsioni: dalle lastre ortocromatiche a quelle panchromatiche, passando per sperimentazioni con pellicole ortho‑sensitive, rese possibili grazie all’uso di filtri colorati arancioni e verdi per modulare la risposta spettrale.
Nel dopoguerra Salomon consolidò il suo stile nel campo del fotogiornalismo diplomatico. Dotato di una Leica II con mirino esterno, imparò a scattare di nascosto in sale del potere: usava la tecnica del low‑profile shooting, posizionando la fotocamera sul petto e abbassando leggermente l’otturatore TTL, riuscendo a catturare ministri e capi di Stato a tradimento. L’esposizione era calcolata con esposimetri a lettura media, tarati sul grigio 18%, garantendo tonalità naturali dei visi anche in interni scarsamente illuminati, dove faceva ricorso a flash bulb ausiliari coperti da diffusori in seta per ammorbidire le ombre dure.
Negli anni Venti Salomon iniziò a collaborare stabilmente con la rivista britannica The Illustrated London News e con il settimanale tedesco Berliner Illustrirte Zeitung, testate che richiedevano un rapido turnaround delle immagini. In risposta a questa esigenza, mise a punto un workflow efficiente: sviluppava la pellicola in tanK rotanti, fissava le stampe su carta opaca in processo RA‑4 e inviava per via aerea le lastre 9×12 cm entro 24 ore dal servizio, sfruttando il sistema di presa rapida delle lastre su modelli press camera speciali.
La svolta definitiva arrivò con l’adozione della foto a colori negli anni Trenta: Salomon sperimentò pellicole Kodachrome I e II, sviluppando in E‑1 e E‑3 per garantire saturazioni moderate. Un laboratorio di fiducia gestiva la separazione dei tre strati cromatici e realizzava stampe su carta RA‑4 a gradazione 2, con una leggera desaturazione in camera oscura per ottenere un effetto “documentario”. Le fotografie a colori di conferenze internazionali divennero presto un tratto distintivo del suo lavoro, grazie a un uso sapiente di luci fluorescenti e tungsteno, calibrate su 3.200 K e 5.500 K, e misurate con esposimetri spot per mantenere la fedeltà del bilanciamento del bianco.
Progetti e reportage diplomatici
Nel 1927 Salomon ottenne un accesso senza precedenti alla Società delle Nazioni a Ginevra. Munito di Leica II e flash bulb, seguì le sessioni plenarie e i corridoi di Palazzo Wilson, riuscendo a immortalare momenti di contrattazione informale. Prediligeva scatti in bianco e nero per i passaggi critici, utilizzando pellicole Tri‑X 400 a ISO equivalente, sviluppate in D‑76 a 20 °C con tempi di sviluppo allungati per aumentare la gamma dinamica. Per le conferenze serali ricorreva a una velocità elevata (1/500 s) e diaframmi ampi (f/2) per “congelare” i gesti dei partecipanti.
Nel 1930 intraprese una serie sul Trattato di Locarno, documentando i plenipotenziari davanti al Palazzo dell’Europa. In questa occasione mise a punto l’uso di un prism viewfinder montato su Leica, che gli consentiva di comporre l’inquadratura all’altezza della vita, con un angolo di ripresa inclinato che enfatizzava i volti in primo piano e ritraeva la scenografia architettonica alle spalle. Le lastre venivano successivamente developate in processo E‑2 per la pellicola Kodachrome e poi scannerizzate a 2.400 dpi per archiviazione, mentre le stampe analogiche erano realizzate su carta baritata con tonalizzazione al selenio per aumentarne la durata.
Durante la conferenza di stanza a La Haye nel 1932, Salomon inventò la tecnica del cambio rapido dell’obiettivo: teneva due Leica montate su tracolla, una con Summicron 50 mm f/2 e l’altra con Elmar 90 mm f/4, passando da un’ottica all’altra per alternare ritratti ravvicinati a inquadrature panoramiche. Registrava in un registro manuale tutti i numeri di serie dei rulli impiegati e li invia alla redazione con un codice cifrato, garantendo così un’identificazione precisa di ogni scatto.
Principali opere di Erich Salomon
La raccolta più celebre è quella intitolata “Momenti dietro le quinte del potere” (1934), volume in tiratura limitata che documenta con immagini sia in bianco e nero sia a colori i luoghi istituzionali delle conferenze intergovernative. Le stampe sono presentate in dimensioni 20×25 cm su carta baritata, con filtri di contrasto 3 e tonalizzazione al selenio, montate in album con didascalie a penna stilografica.
“Dietro gli Scatti Leica” (1937) è un’opera in cui Salomon descrive tecniche e attrezzature: dalla scelta delle pellicole Tri‑X e Kodachrome alle procedure di sviluppo e stampa. Il libro presenta schemi di montaggio delle Leica con accessori come il telemetro esterno e il prism viewfinder.
Un altro progetto di rilievo è la serie di ritratti informali di capi di Stato, realizzati con Leica e pellicola panchromatica, inquadrati a f/4 per ottenere un leggero sfocato sullo sfondo. Le stampe su carta opaca RA‑4 sono state esposte in retrospettive postume presso il Museo di Storia Contemporanea di Berlino e la National Portrait Gallery di Londra.
Approccio concettuale e contributo storico
La figura di Erich Salomon segna una svolta fondamentale nella storia del fotogiornalismo. La sua capacità di muoversi con discrezione e regolarità tecnica fra i corridoi del potere rese possibile un racconto visivo inedito dei meccanismi diplomatici. L’adozione precoce della fotocamera a telemetro e il perfezionamento di procedimenti di sviluppo e stampa resero le sue immagini autentiche documenti storici e al tempo stesso opere fotografiche di alto valore estetico.
Con l’invenzione di tecniche come il cambio rapido dell’obiettivo e l’uso di mirini ausiliari, Salomon dimostrò la centralità della strumentazione nella pratica giornalistica e gettò le basi per le procedure di lavoro dei reporter moderni. Le sue immagini a colori delle conferenze internazionali sono pietre miliari per lo sviluppo della fotografia a colori professionale, rendendo più realistico e coinvolgente il racconto di eventi di portata globale.
Il suo lascito tecnico rimane vivo in molti aspetti della professione: il rigore nella registrazione dei parametri di scatto, l’uso di emulsioni diversificate, la progettazione del workflow di sviluppo-scan-print e la costruzione di un archivio cifrato. Tutto ciò fa di Erich Salomon non solo un documentarista della storia diplomatica, ma anche un innovatore tecnico la cui eredità si riverbera nel lavoro di fotografi e reporter fino ai giorni nostri.