Il nome Bourquin emerge nella storia della fotografia francese come uno dei rappresentanti della manifattura ottico-meccanica artigianale della seconda metà dell’Ottocento, operante tra gli anni 1870 e 1910, in un periodo di fortissima evoluzione tecnologica e di consolidamento industriale della fotografia a lastre. Fondata a Parigi intorno al 1872, la maison Bourquin fu registrata commercialmente come “Maison Bourquin – Appareils Photographiques & Instruments d’Optique”, con sede iniziale in Rue de Turenne, nel Marais, un quartiere dove già operavano numerosi ottici, meccanici di precisione e produttori di apparecchi scientifici.
Non si dispone di una data anagrafica certa del fondatore, ma dai documenti camerali si deduce che Jean-Baptiste Bourquin, ingegnere ottico e orologiaio di formazione ginevrina, si trasferì a Parigi nel 1869 per collaborare con la maison Duboscq. Dopo aver maturato esperienza nel campo degli strumenti per la proiezione scientifica, decise di avviare una produzione propria di apparecchi fotografici, inizialmente incentrata su camerae oscurae da laboratorio, ingranditori, lanterne magiche e fotocamere da studio in legno nobile, con meccanismi ad alta precisione e componenti in ottone tornito.
La Bourquin operò in un ambiente tecnologicamente vivace, in cui si stavano affermando produttori più noti come Alphonse Giroux, Derogy, Hermagis, e Darlot. Tuttavia, la maison riuscì a ritagliarsi una nicchia riconoscibile grazie a una filosofia costruttiva fondata sull’ergonomia d’uso, la solidità strutturale e l’eleganza visiva dei propri modelli, caratterizzati da una spiccata sobrietà formale, adatta sia allo studio che all’utilizzo in ambienti didattici o scientifici.
Nel catalogo industriale del 1883, Bourquin è registrata come impresa con “otto operai fissi e due tecnici ottici”, un numero modesto ma coerente con la produzione semi-artigianale della casa. I materiali venivano approvvigionati da fornitori specializzati nella regione dell’Île-de-France e dal Giura, mentre alcune ottiche erano commissionate a laboratori esterni o costruite su disegno da subfornitori tedeschi.
Fotocamere e apparati tecnici
La produzione Bourquin si concentrava su apparecchi fotografici a lastra, in formati medio-grandi destinati prevalentemente a studi professionali, università, licei tecnici e laboratori fotografici di musei o istituti militari. Non era un produttore per dilettanti, ma una maison rivolta a un’utenza specializzata, incline alla precisione meccanica, alla versatilità modulare e all’estetica rigorosa dell’apparato.
Uno dei modelli più diffusi fu la Bourquin Universelle 24×30, una macchina fotografica a soffietto da banco ottico, realizzata in legno di noce o mogano, con finiture in ottone brunito, doppio standardo mobile, basculaggio micrometrico su asse verticale e orizzontale, guida a cremagliera e dorso rotante. La costruzione modulare permetteva di sostituire lo standardo anteriore per l’adattamento a ottiche di lunghezza focale superiore. Il mirino era costituito da un vetro smerigliato a grana fine, fissato in una cornice metallica con blocco a molla.
La “Universelle” era utilizzata principalmente con ottiche anastigmatiche f/6.3 o f/8, di produzione Darlot o Hermagis, montate su otturatori a ghigliottina o a caduta. L’interfaccia meccanica era compatibile con gli standard francesi del tempo, ma Bourquin offriva su richiesta adattatori per obiettivi tedeschi Voigtländer o Goerz. Il soffietto era in pelle gommata nera, estensibile su guide in ottone pieno, mentre la base era dotata di una livella a bolla in vetro, per garantire la perfetta orizzontalità in riprese d’architettura e riproduzione.
Oltre alla Universelle, la maison produceva modelli portatili da campo, come la Bourquin Voyageur 18×24, più compatta, richiudibile a valigetta, con maniglia in cuoio e serrature a chiave. La struttura a fisarmonica era ripiegabile internamente, e lo chassis poteva ospitare fino a sei lastre, caricate in successione tramite sistema a cassettino estraibile. Anche questo modello era dotato di basculaggio e possibilità di decentramento laterale dell’ottica, caratteristiche tipiche di strumenti da architettura.
Bourquin sviluppò anche camere per riproduzione, particolarmente utilizzate da incisori e tipografi. Queste erano spesso installate su tavoli a binario fisso e dotate di colonne verticali per la regolazione della distanza di messa a fuoco. L’illuminazione avveniva mediante lampade ad arco o sorgenti a olio, riflessa su specchi parabolici direzionabili. La stabilità e la linearità delle guide rendevano questi strumenti ideali per la documentazione di mappe, incisioni, fossili e campioni botanici.
La casa produceva infine lenti d’ingrandimento, condensatori, polarizzatori e ingranditori a colonna, tutti costruiti con componenti di alta precisione e pensati per l’uso in laboratorio. Il comparto chimico (bacinelle, miscelatori, pinze, telai per carta sensibile) era esternalizzato, ma brandizzato su licenza.
L’utenza Bourquin era principalmente costituita da istituzioni educative, studi fotografici professionali, artisti, illustratori, cartografi e ingegneri militari. Gli apparati dell’azienda erano spesso acquistati con fondi pubblici o tramite concorsi ministeriali, e appaiono frequentemente citati nei registri di dotazione scolastica delle Écoles des Beaux-Arts e nelle forniture dell’École Polytechnique.
La distribuzione avveniva prevalentemente per corrispondenza, grazie a cataloghi illustrati a stampa tipografica, aggiornati ogni due o tre anni, e distribuiti in occasione di saloni e fiere. La maison partecipò con stand autonomi al Salon de la Photographie di Parigi e alle Esposizioni Universali del 1889 e 1900, ottenendo menzioni d’onore per la “perfezione meccanica” e la “robustezza dei materiali”.
Nonostante la qualità, Bourquin soffrì la mancanza di aggiornamento industriale. A partire dagli anni Dieci del Novecento, con l’avvento delle fotocamere portatili a rullino e il crescente abbattimento dei costi di produzione, il mercato si spostò verso soluzioni più accessibili, leggere e meccanicamente semplificate. La maison tentò un ultimo aggiornamento con la linea “Compact Bourquin”, destinata agli operatori di campagna e agli insegnanti itineranti, ma senza successo. L’ultimo catalogo è datato 1911, e la ditta risulta chiusa entro il 1913, con i locali ceduti a una manifattura di ottiche astronomiche.
Non è nota alcuna eredità industriale diretta, né fusioni con aziende maggiori. Tuttavia, alcuni artigiani precedentemente impiegati presso Bourquin risultano in attività autonoma a partire dagli anni Venti, principalmente come ottici riparatori o costruttori di apparati da laboratorio.
Gli strumenti Bourquin sono oggi piuttosto rari nei circuiti collezionistici, ma estremamente apprezzati per la qualità artigianale, l’affidabilità meccanica e la raffinatezza estetica. La maggior parte degli esemplari conservati si trova in musei tecnici e fotografici europei, come il Musée Nicéphore Niépce di Chalon-sur-Saône, il Musée des Arts et Métiers di Parigi e l’East Anglian Museum of Photography in Inghilterra. Alcune collezioni private francesi possiedono esemplari completi con chassis, ottiche originali, lastre in vetro, e perfino i documenti d’acquisto.
Nei mercati d’asta, un modello Bourquin Universelle completo, funzionante e in ottimo stato, può raggiungere valori compresi tra i 1.500 e i 3.500 euro, mentre le versioni da campo “Voyageur” possono essere più rare e superare i 4.000 euro, se accompagnate da documentazione originale.
L’interesse storico è legato non solo alla fotocamera in sé, ma all’intero sistema fotografico offerto dalla casa, che prevedeva camere, accessori, strumenti da laboratorio e talvolta corsi pratici per l’uso in contesto scolastico o tecnico. Le carte intestate e i manuali d’uso Bourquin sono oggi fonti primarie per la ricostruzione delle pratiche didattiche fotografiche in ambito francese tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
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