Con l’aumento del numero di fotografi professionisti che hanno iniziato a lavorare a colori durante gli anni Settanta, le domande sulla possibilità di conservare a tempo indefinito le immagini sono diventate più pressanti. Il problema è dovuto al fatto che i colori magenta, ciano e gialli cambiano e sbiadiscono a velocità diverse quando sono esposti alla luce normale e alle radiazioni ultraviolette. Inoltre, i materiali a colori sono influenzati in misura ancora maggiore rispetto ai cristalli d’argento monocromatici dall’umidità, dal calore e dalle sostanze chimiche presenti nell’ambiente. Con la raccolta di immagini a colori e in bianco e nero da parte di persone e musei, la crescente consapevolezza dei potenziali problemi nella conservazione dei materiali fotografici ha spinto i produttori a produrre più prodotti più stabili. Gli specialisti della conservazione hanno messo a punto strategie per stampare, conservare ed esporre tutti i tipi di fotografie in modo da ridurre al minimo il loro deterioramento. Allo stesso tempo, è cresciuto l’interesse per il restauro di opere già deteriorate. Tutti problemi che, in ogni caso, sono tutt’ora validi anche se largamente mitigato dall’uso di stampe a più pigmenti e che sono stati risolti (aprendo altri problemi ben più gravi!) con l’avvento del digitale che ha permesso la conservazione di una copia a tempo indefinito (ma con il rischio di una cancellazione, considerando che la foto è di fatto immateriale).
Nel 1969 cominciò la rivoluzione digitale (almeno in senso lato): fu infatti inventato il CCD (Charge Coupled Device) da parte dei fisici Willard S. Boyle e George E. Smith (Bell laboratories), entrambi insigniti del Nobel nel 2009.
Il 1970 segnò l’inizio della fine dell’Europa quale produttore di fotocamere: in quest’anno la Rollei chiuse le fabbriche europee e trasferì la produzione a Singapore. L’anno successivo, il 1971, segnò la fine di Carl Zeiss quale produttore di macchine fotografiche, decidendo di concentrarsi unicamente sulle ottiche.
Nel 1972 cominciò a svilupparvi la battaglia Canon/Nikon: la prima presentò la Canon F-1 (la prima vera reflex professionale di casa Canon) mentre la Nikon rispose con la Nikon F2, che andò a bissare il successo della progenitrice F. Nello stesso anno arrivarono anche la Pentax Electro Spotmatic (la prima reflex automatica a priorità di diaframmi, equipaggiata con un otturatore a controllo elettronico) e la Olympus OM-1 (famosa per essere, in quel periodo, la reflex più compatta mai prodotta). Nello stesso anno anche Kodak immise sul mercato probabilmente il suo prodotto di maggior successo; la Pocket Instamatic, capace di vendere, nel suo ciclo vitale, più di un miliardo di esemplari. Anche Polaroid immise sul mercato una propria reflex, chiamata SX-70 (era pieghevole). Nello stesso anno, la Texas Instruments brevettò una macchina fotografica senza pellicola. Macchina che però non venne mai realizzata.
Nel 1973 fu la volta della Leica gettare più o meno la spugna: fece produrre i propri apparecchi CL (le Compact Leica) dalla giapponese Minolta.
Il 1974 fu l’anno in cui venne realizzato il primo vero sensore CCD (a firma Fairchild Camera and Instrument): si trattava di un sensore 100×100 linee. In contemporanea, in Italia, Lino Manfrotto immise sul mercato il suo primo treppiedi.
1975: Ancora Kodak fece parlare di sé. Steven Sasson (morto recentemente) effettuò la prima fotografia digitale della storia. Peccato che la Kodak decise di congelare il progetto e di secretare l’invenzione (di cui non si seppe nulla fino al 2005), per paura che la vendita delle pellicole e delle macchine fotografiche analogiche ne potesse risentire (cosa che poi accadde). La macchina fotografica realizzata (sempre nella foto a destra) era dotata di un sensore CCD da 0,01 Megapixel e catturò un’immagine in bianco e nero, impiegando qualcosa come 23 secondi per salvare l’immagine su una cassetta. In contemporanea, la giapponese Yashica fu una delle prime vittime dell’agguerrita competizione nel mercato fotografico, riuscendo a salvarsi dalla bancarotta solo grazie all’intervento delle banche.
Curiosità: Lo sapevate che la prima fotocamera digitale inventata nel 1975 non ha prodotto la prima fotografia digitale? La prima foto digitale è arrivata quasi vent’anni prima, nel 1957, quando Russell Kirsch realizzò un’immagine digitale di 176×176 pixel scansionando una fotografia del figlio di tre mesi. La bassa risoluzione era dovuta al fatto che il computer utilizzato non era in grado di memorizzare più informazioni.
Nel 1976 Canon presentò uno dei suoi modelli più famosi, la AE-1 (ne vendette 8 milioni di pezzi), caratterizzata dall’elettronica molto spinta. Sempre nello stesso anno, in America, il ricercatore (ancora in forza alla Kodak) Bryce Bayer inventò l’omonimo filtro RGB, tutt’ora impiegato sui sensori fotografici per permettere la memorizzazione dei colori come percepiti dall’occhio umano (stesse proporzioni). Carl Zeiss, intanto, si accordò con l’agonizzante Yashica per provare a entrare nuovamente nel mercato fotografico, commissionandogli le fotocamere Contax.
Nel 1979 Minolta immise sul mercato la reflex XD-7, una macchina fotografica con esposizione automatica, a priorità di tempo e di diaframmi. Anche Konica fece la sua parte, introducendo la prima compatta totalmente autofocus, la C35AF. È l’inizio della fotografia di “massa”, alla portata praticamente di chiunque.
Nel 1980 Nikon presentò la F3 quale risposta alla Canon AE-1, anch’essa ricchissima di elettronica. La Nikon F3 gode tutt’ora di un record: fu prodotta per circa 20 anni, fino al 2000).
Ed eccoci alla svolta: il digitale. L’immagine elettronica è uno sviluppo abbastanza recente che ha già avuto effetti significativi, soprattutto sulla riproduzione delle fotografie.
Nota: La fotografia digitale grazie ai computer. Resa possibile inizialmente dall’invenzione, nel 1945, dei computer elettronici analogici, la capacità di produrre e valorizzare le immagini con questo strumento ha ricevuto un notevole impulso dalle esplorazioni fotografiche dello spazio effettuate dalla NASA negli anni Sessanta. In un primo momento, i computer hanno migliorato le fotografie scattate nello spazio dai satelliti eliminando le imperfezioni o trasformando viste multiple da prospettive diverse in immagini tridimensionali e panoramiche. Di contro, le macchine fotografiche digitali, che convertono i raggi di luce in segnali elettronici, sono state utilizzate per fotografare le zone più lontane del sistema solare. Sempre negli anni Sessanta, le immagini elettroniche si sono fatte strada in campi specializzati come l’archeologia, le scienze mediche e il rilevamento militare: la luce, misurata da sensori, può produrre immagini di città sepolte, cellule cerebrali, struttura del DNA o installazioni militari nascoste.
Intorno al 1979, i computer divennero digitali, cioè equipaggiati per elaborare le informazioni su luci e ombre dividendo il piano dell’immagine in una griglia microscopica e designando il tono e il colore di ogni minuscola cella, o pixel, con un numero. Memorizzati nella memoria del computer, i pixel potevano essere visualizzati su uno schermo, modificati e stampati o trasmessi. La risoluzione dell’immagine e il dettaglio erano (o meglio…è) determinato dalla densità dei pixel: una risoluzione più alta e un maggiore dettaglio richiedono un numero maggiore di pixel, che a sua volta richiede una maggiore memoria del computer. Le industrie delle comunicazioni utilizzavano i computer per dimensionare le immagini, per creare separazioni di colore e per facilitare la manipolazione e la pettinatura delle fotografie. Con l’introduzione del microchip nei primi anni ’98, i personal computer più piccoli e meno costosi sono diventati disponibili per un pubblico più ampio di artisti e fotografi. A metà degli 90, l’espansione delle capacità cromatiche ha permesso agli utenti di scegliere tra oltre 16 milioni di colori, aprendo quindi la strada al mondo dei computer che oggigiorno conosciamo.
Nota: Differenza tra digitale ed analogico. L’immagine codificata digitalmente viene talvolta definita “fotografia elettronica”, ma le sue caratteristiche fisiche sono diverse da quelle delle tradizionali rappresentazioni fotografiche. In entrambi i tipi di fotografie, i cambiamenti di tonalità sono continui, cioè i toni si fondono in gradazioni ininterrotte dal nero al bianco. La differenza la si nota però in fase di ingrandimento: l’ingrandimento di un’immagine fotografica catturata su un negativo a base di argento produce più informazioni di quante se ne possano vedere nel digitale: poiché il loro numero di pixel è finito, l’ingrandimento di una griglia di pixel non produrrà più informazioni, ma il colore e il tono rimarranno invariati. Di contro, la qualità si perde quando le fotografie tradizionali vengono copiate (una copia di un negativo, per esempio, è sempre meno nitido del negativo originale), mentre le copie digitali sono semplicemente identiche.

Ed è quindi il 1981 è l’anno della seconda rivoluzione fotografica, 98 anni dopo la messa in produzione della prima macchina fotografica (la Box Kodak). Il fondatore della Sony, Akio Morita, presentò la reflex Mavica (Magnetic Video Camera): la prima fotocamera digitale in grado di memorizzare le immagini su di un floppy disk. Nasce la fotografia digitale. Va inoltre ricordato come, in contemporanea, Pentax presentò la reflex ME-F, prima reflex in assoluto a montare un sistema di autofocus interno al corpo macchina (l’obiettivo era motorizzato e il contatto con il corpo macchina, dal punto di vista elettrico, avveniva tramite l’attacco KF), mentre la Ricoh introdusse sul mercato un obiettivo 50mm con incorporato il sistema autofocus sviluppato da Honeywell. Nacque inoltre Logitech. In contemporanea l’azienda francese KIS presentava il primo minilab (per lo sviluppo della fotografia a pellicola) nonché introdusse il concetto di “foto in 1 ora”, che diventerà il messaggio pubblicitario di tutti i negozi di sviluppo e stampa rapido.
Il 1982 vide la fine della Agfa quale produttore di apparecchi fotografici (e di proiettori) mentre sia Kodak che Polaroid immisero sul mercato due prodotti-flop: il formato Disc e Polavision rispettivamente, totalmente snobbati dal mercato. In contemporanea venne fondata la Adobe. Nel 1983, invece, la Yashica fu acquisita dalla Kyocera, chiudendo di fatto la sua attività. I 1984 fu una data importante: la società giapponese Toshiba inventa la scheda flash memory.
Nel 1985 Minolta introdusse la reflex autofocus 7000, dotata appunto di un autofocus integrato nonché di un avanzamento automatico della pellicola. L’anno prima, per la cronaca, fu inventata la flash memory da Toshiba.
Il 1986 vide porre sul mercato tre modelli dotati di avanzamento meccanizzato della pellicola: la Pentax SFX e la Canon EOS 650. Sempre nel 1986, prese il via la produzione da parte di Pentax della prima reflex dotata di obiettivo Zoom, chiamata Zoom 70 e della prima Canon digitale (la RC-701). In contemporanea, Kodak mise a punto il primo CCD da 1,4 Megapixel.
Nel 1987 fu la volta della prima Nikon con avanzamento della pellicola automatico, la F501. Al contempo, Kodak entrò nel mondo dei video con ben sette differenti prodotti in grado di coprire tutte le fasce di attività, dalla registrazione alla memorizzazione, dalla trasmissione alla stampa di immagini e video. Contemporaneamente Adobe presentò il suo programma di punta per il video editing, Photoshop.
Nel 1988 Kodak sviluppò ulteriormente il suo CCD, raggiungendo i 4 Megapixel. Nel 1989 vide la luce la prima compatta digitale, chiamata Ion, firmata Canon.
Nel 1990 Kodak creò il sistema CD Photo e nell’anno successivo immise sul mercato la prima reflex totalmente digitale, chiamata DCS-100. La DCS-100 però, non è una vera macchina Kodak: la ditta americana, infatti, modificò una Nikon F3 integrando su di esso un motore MD-4, un sensore da 1,3Mpx, un hard disk esterno ed un display da 4 pollici.
Nel 1991 la Kodak immise sul mercato la DCS-200 (modello basato sulla Nikon F801 ma in grado di riprendere immagini digitali grazie al sensore Kodak da 1.3Mpx). Nel 1992 venne presentata la prima reflex subacquea a firma Nikon, chiamata Nikonos RS e nasce la lomografia (grazie al rinvenimento di una vecchia Lomo, una macchina russa, non perfettamente impermeabile alla luce esterna). In contemporanea Sigma lanciò la sua prima reflex digitale, la SA300 mentre la Svizzera Logitech lanciò una compatta digitale che ebbe un grande successo, grazie anche al prezzo molto competitivo.
Nel 1994 Kodak abbandonò Nikon per allearsi con Canon. Da questo connubio videro la luce ben quattro fotocamere basate sulla EOS-1N, dotate di elettronica (e sensore) Kodak. Fu inoltre presentata a firma Sandisk la prima Compact Flash. Samsung sviluppò la prima fotocamera con zoom 4x.
1995: Nikon, chiuso il rapporto con Kodak, si alleò con Fuji e presentarono la Nikon E2 e la Nikon E2S, la fotocamera reflex digitale più veloce del mondo, capace di registrare fino a 7 scatti per secondo.
Il 1996 fu l’anno del grande flop firmato da 5 produttori, ovvero Kodak, Minolta, Canon, Nikon e Fuji: il sistema APS (Advanced Photo System). Il sistema APS nacque come “successore” del 35mm analogico e si basava su dei negativi che si interfacciavano da una parte con la fotocamera (magneticamente) e dall’altra con il laboratorio di stampa. Il vantaggio dell’APS era la possibilità di ottenere tre differenti formati di stampa dallo stesso negativo, purtroppo fu immesso sul mercato nel momento peggiore, ovvero quando il digitale stava prepotentemente prendendo il sopravvento sull’analogico. In contemporanea, proprio a sottolineare la problematica sopravvivenza dell’analogico, Casio immise sul mercato la QV-10, la prima fotocamera compatta dotata di schermo LCD: era ora possibile vedere immediatamente le fotografie scattate, la fotografia è sempre più vicino alle grandi masse. Nello stesso anno anche Leica produsse la prima reflex digitale (26 megapixel) anche se, per vedere una Leica digitale a telemetro, bisognerà aspettare il 2006.
Gli anni successivi furono un inseguirsi sempre più frenetico tra i vari produttori fotografici: nel 1997 Nikon produsse la sua prima compatta digitale (Coolpix 100) e Canon la sua prima PowerShot, mentre Pentax uscì sul mercato con la prima reflex medio formato analogica in assoluto, la 645N.
Nel 1999 Nikon presentò la Reflex D1, una pietra miliare nel mondo della fotografia. Si trattava di una reflex digitale professionale disponibile a circa la metà del prezzo delle reflex concorrenti. Inutile dire che ebbe un successo enorme.