Il laboratorio che darà origine al Paul Zeh Kamerawerk nacque a Dresda nei primi anni del Novecento, quando Paul Zeh avviò nel 1902 una piccola officina per la realizzazione di otturatori e accessori fotografici a uso di altre case locali. Quella bottega rappresentava già un’eccellenza nell’assemblaggio di meccanismi a lamelle, capaci di offrire tempi di posa relativamente rapidi e un’affidabilità superiore rispetto a molti concorrenti dell’epoca. La collaborazione con i principali produttori del territorio consolidò la reputazione di Zeh come fornitore di componenti meccanici di precisione.
Nel 1913 la gamma di prodotti si ampliò con la produzione in proprio di fotocamere, specialmente modelli a lastra pieghevoli che sfruttavano la meccanica dell’otturatore Zeca, derivato dal nome d’azienda “Zeh-Camera-Fabrik” adottato ufficialmente nel 1922. Questi primi apparecchi a lastra, pur privi di caratteristiche rivoluzionarie, erano apprezzati per la robustezza del telaio in ottone e acciaio, il meccanismo di apertura “a libro” e le soffietti costruiti in tessuto trattato per garantire tenuta alla luce e flessibilità nelle fasi di messa a fuoco.
La transizione da officina a fabbrica vera e propria si concretizzò con l’adozione di linee di montaggio semplificate, dove le parti meccaniche e ottiche venivano realizzate internamente, assicurando un controllo qualitativo totale sui materiali impiegati. I vetri ottici venivano forniti da partner locali come Optische Werke Göttingen, che produceva il Westar 1:4,5 / 105 mm usato sui modelli di punta. L’evoluzione del processo produttivo portò Zeh a integrare macchinari per la tornitura di precisione, i quali consentivano lavorazioni con tolleranze inferiori al decimo di millimetro, e ad installare lucidi di prova ottica per verificare l’assenza di aberrazioni e bolle nel vetro.
Alla metà degli anni Venti l’organico era cresciuto sensibilmente, e la registrazione del marchio Zeca per l’export facilitò l’ingresso nei mercati nordamericani e britannici, dove i cameraman professionisti iniziarono a importare in esami comparativi la qualità costruttiva tedesca. La produzione delle prime fotocamere Zeh-Camera-Fabrik era orientata a formati di lastra dal piccolo 6,5×9 cm fino al tradizionale 13×18 cm, con opzioni di otturatore Compur o Prontor-S, a scelte che riflettevano la ricerca di equilibrio tra velocità di scatto e compattezza dell’insieme. Questa fase gettò le basi tecniche e organizzative per l’espansione verso il mercato delle pellicole a rullo, preannunciata già sul finire del decennio.
Dalle piastre alla pellicola: le fotocamere a lastra e i modelli innovativi
Quando il Paul Zeh Kamerawerk assunse ufficialmente la denominazione Zeh-Camera-Fabrik nel 1922, la tecnologia fotografica stava rapidamente evolvendo verso la pellicola flessibile. La casa di Dresda continuò tuttavia a perfezionare le proprie fotocamere pieghevoli a lastra, affinando soffietti in tessuto sintetico resistente all’umidità e implementando guide di messa a fuoco micrometriche su doppio binario. L’obiettivo Radionar Anastigmat 6,5 / 105 mm, dotato di trattamento antiriflesso primigenio, rappresentò uno degli esempi più riusciti di ottica corretta per aberrazioni sferiche e cromatiche.
Il catalogo di metà anni Venti includeva modelli definiti “run-of-the-mill” — semplici macchine a estensione singola o doppia — ma spiccavano esemplari più sofisticati come la Astro e la Luxus, entrambe con innesto per obiettivi intercambiabili e possibilità di montare otturatori Synchro-Compur per scatti sincronizzati al flash. Il design di queste macchine puntava a garantire stabilità meccanica: i piani focali erano realizzati in ottone tornito, mentre le staffe di collegamento presentavano nervature di rinforzo per evitare flessioni che avrebbero compromesso la nitidezza.
Parallelamente, Zeh sviluppò una linea di fotometri meccanici, in cui un filtro neutro calibrato e uno specchio a 45° instradavano la luce su un diaframma di misura. La precisione di questi esposimetri stava nella ripetibilità delle aperture calibrate entro ±⅓ di diaframma, un risultato sorprendente per quegli anni. La doppia collaborazione con produttori di sensori come la Reichsanstalt für Optik garantiva una taratura uniforme tra un lotto produttivo e l’altro.
Negli stessi anni furono sperimentate prime versioni di bellows shift, ovvero la possibilità di decentramento del gruppo ottico rispetto al piano focale, utile per correzioni prospettiche e riprese architettoniche. Questo meccanismo, ottenuto tramite un innesto con guida a cremagliera, esemplificava la volontà di Zeh di rivolgersi anche a nicchie professionali che richiedevano precisione geometrica.
L’era delle pellicole a rullo: Zeca-Flex, Goldi e le TLR di Dresda
La transizione verso la pellicola a rullo caratterizzò i primi anni Trenta, durante i quali Zeh introdusse il celebre Zeca-Flex, una twin-lens reflex (TLR) 6×6 cm pieghevole, che combinava un gruppo ottico anteriore per la visione con un secondo gruppo per l’esposizione. Ogni ottica montava lenti Dallmeyer-derivate, calibrate a f/3,5, e un otturatore a lamelle Copal-Type con tempi da 1 s a 1/250 s. Il corpo macchina si ripiegava in un pacchetto compatto, con un sistema di innesto rapido che riduceva i tempi di montaggio e smontaggio a pochi secondi, ideale per fotografi di reportage.
Per il formato 127, Zeh realizzò la Goldi 3×4 cm, piccola pieghevole che offriva fino a 16 scatti su ogni rullo, dotata di soffietto auto-ereggente e messa a fuoco scale con distanze da 0,5 m fino all’infinito. I modelli Goldi venivano equipaggiati con obiettivi Zecanar Anastigmat da 50 mm f/2,9 e otturatori Compur-Rapid, garantendo un’ampia gamma di diaframmi e tempi per affrontare condizioni di luce variabili.
Accanto a queste due linee, Zeh produsse anche la Bettax, una pieghevole 6×9 cm con ottica Radionar da 105 mm e otturatore Prontor-S con sincronizzazione flash, e la Goldi-Plus, versione migliorata con mirino a punto di mira in vetro smerigliato e supporto per filtri intercambiabili. Le finiture metalliche venivano ossidate o verniciate a polvere, mentre le manopole e le ghiere di comando erano in bachelite, resistente e leggera.
Gli anni Trenta segnarono il culmine dell’innovazione meccanica di Zeh: il sistema di caricamento rapido del rullo fu brevettato nel 1934, permettendo di cambiare film in meno di 30 secondi. Questo meccanismo impiegava un rullo pilotato da ingranaggi a denti elicoidali e un morsetto a baionetta che assicurava il corretto tensionamento della pellicola.
Ottiche, meccaniche e chiusura (1948)
Le ottiche prodotte o selezionate da Zeh-Camera-Fabrik, seppur spesso derivate da fornitori esterni, venivano sottoposte a rigorosi controlli di aberrazione cromatica e curvatura di campo. Il trattamento antiriflesso multistrato, applicato in camera a vuoto, riduceva i riflessi interni fino al 60 %, aumentando contrasto e resa tonale. Gli obiettivi Radionar e Zecanar venivano testati su tavoli ottici con reticoli di prova ad alta risoluzione, capaci di misurare linee per millimetro superiori a 80.
I meccanismi di scatto e avanzamento pellicola furono perfezionati attraverso l’adozione di molle in acciaio al cromo-vanadio, che mantenevano costante la forza di ritorno anche dopo migliaia di cicli, e l’uso di boccole in bronzo fosforoso per ridurre l’attrito. Molti esemplari Zeh presentano ancora oggi una scorrevolezza eccezionale, testimonianza di lavorazioni con lubrificanti minerali di alta purezza.
La chiusura nel 1948 non dipese dalla qualità dei prodotti, bensì dalla diffusione di sistemi produttivi industriali di grande scala in Germania Ovest e dalla devastazione subita da Dresda durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli stabilimenti furono distrutti e il marchio cessò le attività, lasciando però un patrimonio di esperienze tecniche: molte soluzioni meccaniche, come l’innesto di precisione e i soffietti auto-ereggenti, saranno ripresi in seguito da altre case di nicchia e da artigiani specializzati in fotocamere analogiche.