La società Tudar T. Hora & Co., fondata nel 1879 nella periferia industriale di Leeds, emerge con un’identità cruciale nella storia degli apparecchi fotografici ottocenteschi. Il suo fondatore, Thomas Hora, un ex apprendista meccanico convertito alla fotografia, sposò l’ingegnere ottico ungherese István Tudar, dando vita a un’atelier dalla forte impronta tecnica e internazionale. Leeds era allora un polo tessile e metallurgico, e questo terreno industriale forniva l’energia necessaria per sperimentazioni meccaniche e produzione di precisione. La nascita della ditta rispondeva all’esigenza di coniugare meccanica di precisione con ottica specialistica: Tudar e Hora progettavano fotocamere da campo e da studio, concentrandosi su armonia tra materiali, meccanismi e risoluzione fotografica.
Il primo catalogo del 1880 recita la dicitura “Tudar T. Hora & Co., Machine‑Optik & Photographic Apparatus”, una denominazione che sottolinea l’aspirazione industriale della ditta. I due soci non erano interessati al mercato di massa, ma ambivano a creare apparecchi di fascia medio-alta per professionisti, ingegneri, geografi, collezionisti informati. La produzione avveniva in un laboratorio-laboratorio dotato di officina per tornitura meccanica, reparto di levigatura ottica, falegnameria, reparto di cucitura per soffietti e camera oscura interna per prove su pellicola e lastre.
La data ufficiale di fondazione (1879) segnò l’inizio di una serie di miglioramenti tecnici: la realizzazione di un piano focale regolabile con cremagliera micrometrica, un sistema di livellamento interno tramite goniometro e l’adozione di ottiche acromatiche da 150 mm con trattamento antiriflesso manuale. La collaborazione tra le parti meccaniche e ottiche consentiva alla Tudar T. Hora & Co. di offrire un apparecchio di elevata precisione, destinato a chi richiedeva una fotografia scientifica, topografica o documentaria.
La scelta del legno non era casuale: veniva impiegato mogano stagionato, lavorato artigianalmente, con verniciature certificate per garantire stabilità. I componenti metallici, in ottone nichelato o bronzo, erano fresati con tolleranze di pochi centesimi di millimetro. L’attenzione alla calibrazione delle guide di messa a fuoco, delle cerniere e degli attacchi per il treppiede rifletteva una filosofia basilare: la fotocamera deve essere strumento ottico e macchina di precisione.
Contemporaneamente, l’integrazione fra capacità artigianale e visione internazionale mostrava nelle esportazioni verso l’India, il Sudafrica e il Medio Oriente che l’apparecchio era apprezzato per affidabilità, robustezza e qualità di resa.
La fotocamera Tudar T. Hora & Co. era disponibile in vari formati, tra cui i più diffusi erano 6×9 cm, 9×12 cm e 4×5 pollici. La struttura era quella tipica a campo estensibile, con piano posteriore e frontale collegati via guida a rotaia e soffietto pieghevole. La messa a fuoco veniva realizzata tramite una cremagliera micrometrica in ottone, azionata lateralmente, dotata di scala graduata in pollici e centimetri. Questa soluzione era di livello assai superiore rispetto ai semplici sistemi di messa a fuoco a zona o a fuoco fisso, e permetteva un’accuratezza di 0,1 mm.
Il soffietto era costruito in tela cerata multistrato, generalmente color mogano o nero, cucito a mano e garantito nastrato con guarnizioni interne contro la perdita di luce. Il telaio era composto da guide di legno a sezione rettangolare con binari interni in ottone nichelato che garantivano scorrimento fluido e paralassi minimi.
Le ottiche fornite erano principalmente doppietti acromatici da 150 mm f/8 sviluppati su schema di Ross o Dallmeyer, con trattamento antiriflesso a base di cerote naturale. I modelli di alta gamma montavano ottiche Petzval modificate o R.R. Rapid Rectilinear, con quattro lenti in due gruppi, diaframmi a lamelle metalliche da f/8 a f/32, comando completamente manuale, apertura visibile su un barilotto inciso con numeri chiaramente leggibili.
L’otturatore era di tipo a ghigliottina azionato da una leva laterale. I tempi misurabili includevano meccanismi per 1/25, 1/50 e 1/100 di secondo, nonché modalità Bulb (B) e Time (T), entrambe attivabili manualmente. Il meccanismo di armamento era integrato nel barilotto e richiedeva rotazione manuale di un pulsante; la precisione era sufficiente per la fotografia da studio e da campo in condizioni di buona luminosità.
La fotocamera supportava lastre in vetro da 4×5 pollici inserite in chassis intercambiabili, oltre a un accessorio facoltativo per rullini flessibili tipo “paper-backed roll film”, che consentiva circa 12 fotogrammi per rotolo. Il formato roll film era gestito tramite un dorso appositamente progettato da Tudar T. Hora, mantenendo la qualità dell’immagine pur garantendo maggiore versatilità e rapidità di scatto.
La costruzione meccanica era orientata alla compatibilità con strumenti di rilievo: la base riportava un attacco per treppiede universale con filettatura Whitworth ½‑20, mentre un goniometro retrattile incorporato permetteva il livellamento preciso della macchina rispetto all’orizzonte. Esistevano anche versioni dotate di visore di mirino a stella per la fotografia panoramica a sequenza continua.
L’uso della fotocamera Tudar T. Hora & Co. ricadde prevalentemente in ambiti professionali e tecnici: fu adottata da geografi, topografi, ingegneri ferroviari e medici imperiali in colonie. Le sue caratteristiche di precisione e flessibilità la resero ideale per la documentazione di siti archeologici, infrastrutture, panorami geografici e comunità remote. Sebbene non sia mai arrivata a una diffusione di massa, rimane documentata la sua presenza nelle spedizioni scientifiche in India settentrionale e nel deserto del Kalahari.
Nei manuali originali l’uso veniva illustrato tramite esercizi pratici su contrasto, esposizione e inclinazione della macchina. La resa tonale delle lastre era influenzata dall’uso di emulsioni alla gelatina‑bromuro, sviluppate con formule consigliate da Tudar T. Hora, che enfatizzavano la nitidezza, il contrasto moderato e un leggero aumento della gamma dinamica rispetto alle emulsioni più comuni dell’epoca.
Le stampe venivano realizzate a contatto su carta salata o albumina, evidenziando dettagli minimi come crepe, solchi del terreno o texture delle rocce, dati preziosi per scienziati e ricercatori. Il controllo geometrico già in fase di scatto permetteva di evitare sagomature prospettiche rilevabili, riducendo l’intervento di correzione in stampa o disegno.
Il marchio scomparve dopo l’acquisizione da parte di una più grande officina ottica nel 1895. Alcuni esemplari sopravvivono oggi in collezioni private e musei specialistici nel Regno Unito. Vengono studiati come esempi di equilibrio tra meccanica di precisione e ottica artigianale, capaci di produrre documenti visivi ad alta affidabilità, prima dell’era delle fotocamere industriali da massa.
La rarità delle fotocamere Tudar T. Hora ha cresciuto l’interesse collezionistico: gli appassionati di fotografia storica le considerano dispositivi che incarnano la tensione tra innovazione tecnica e controllo operativo manuale, oggi sentito come testimonianza di una fase intermedia tra la fotografia scientifica e la sua democratizzazione.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
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Sono anche una sostenitrice della conservazione della memoria visiva. Ritengo che le immagini abbiano il potere di raccontare storie e preservare momenti significativi. Con un approccio critico e riflessivo, invito i miei lettori a considerare il valore estetico e l’impatto culturale delle fotografie.
Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.