La Teddy Camera Company venne fondata nel 1921 a San Francisco da Edward “Teddy” Montgomery, un ex ufficiale del Genio Militare Statunitense esperto in fotogrammetria, e da Louise Carrington, ingegnere ottico con esperienza nella progettazione di telescopi terrestri. L’azienda nacque in una città in forte espansione dopo il terremoto del 1906, con una domanda crescente di strumentazione visiva affidabile e resistente alle condizioni ambientali più estreme.
Montgomery e Carrington posero le basi per un’impresa orientata alla costruzione di apparecchi robusti e tecnicamente avanzati, combinando la capacità ingegneristica di progettazione con la conoscenza empirica delle esigenze del rilevamento e della fotografia da campo. L’obiettivo era chiaro: realizzare fotocamere portatili capaci di operare in climi difficili (zone desertiche, aree montuose o ambienti costieri), senza penalizzare la qualità ottica o la precisione meccanica.
Il nome “Teddy” era un richiamo familiare, ma evocava affidabilità, familiarità e durevolezza. La sede principale si trovava nel quartiere industriale di Mission Bay, in locali con officina meccanica, torneria, reparto ottico e… una piccola camera oscura interna per testare emulsioni e tempi di esposizione su rullini e lastre. Il catalogo ufficiale del 1922 presentava tre modelli principali: Explorer No. 1, Surveyor No. 2 e Aviator No. 3, ognuno progettato per un uso specifico ma con una base tecnica condivisa.
La filosofia costruttiva della Teddy Camera Company era improntata al concetto di modularità tecnologica. Tutti i modelli potevano ospitare ottiche intercambiabili e avevano una struttura a campo estensibile su guide metalliche, con piano focale regolabile via micrometrica. La produzione combinava l’approvvigionamento di componenti standard (viti, molle, piani metallici) con montaggi manuali garantiti da tecnici specializzati che effettuavano le operazioni di centraggio, prova e calibrazione individualmente.
San Francisco offriva accesso a legni locali selezionati, come cedro rosso o acero stagionato, impiegati per le casse esterne. I componenti metallici erano realizzati in ottone nichelato, bronzo o acciaio inossidabile, a seconda delle parti meccaniche più sollecitate. Tutti i corpi fotocamera erano decorati con pannelli in legno lucido, con pannelli ripiegabili che proteggevano il soffietto e riducevano ingombri durante il trasporto. Anche il packaging era studiato: valige in cuoio con fodere in feltro e una piccola tasca interna per un libretto di istruzioni personalizzato.
La fotocamera Explorer No. 1, modello base della Teddy Camera Company, era equipaggiata con una lente meniscata da 95 mm f/6.8 montata su otturatore a ghigliottina, con tempi selezionabili da 1/25, 1/50, 1/100 e posa Bulb. Il soffietto estensibile permetteva una distanza focale fino a 250 mm, utile per primi piani o dettagli architettonici. Il corpo macchina integrava una cremagliera micrometrica per la messa a fuoco, con precisione di 0,05 mm e scala graduata visibile e illuminata da prismi interni.
Il modello Surveyor No. 2 era destinato all’uso topografico o al rilievo: montava ottiche acromatiche da 120 mm f/8 realizzate dalla stessa azienda su disegno personalizzato, con schema a quattro elementi per mantenere nitidezza uniforme e ridurre la distorsione prospettica. Il diaframma variava da f/8 a f/32, e l’otturatore a settore rotante offriva tempi fino a 1/200 di secondo, garantendo precisione nei rilievi di luce intensa o in movimento.
Per il modello Aviator No. 3, ideato per l’uso a bordo di aeromobili leggeri, venivano impiegate ottiche da 85 mm con apertura f/4.5, accoppiate a otturatori ad alta velocità integrati nel barilotto, con tempi fino a 1/500 di secondo. La struttura era ammortizzata tramite molle e gommini antivibranti, per compensare le oscillazioni dell’aereo. Il dorso era dotato di una finestra per il riconoscimento del numero di fotogramma e di un contatore meccanico.
Tutti i modelli erano compatibili con pellicole 120 roll film o con chassis per lastre da 4×5 pollici, intercambiabili velocemente sul campo. Il supporto del dorso era costruito con tolleranze di 0,03 mm, garantendo un registro numerico e una planarità elevata fra supporto pellicola e piano focale, fondamentale per evitare errori di messa a fuoco quando si adottavano spessori di carta o vetro diversi.
Una caratteristica distintiva fu il sistema interno di livellamento a tre assi integrato: una livella a bolla e due goniometri miniaturizzati erano incorporati nella base metallica, consentendo all’operatore di verificare l’orizzontalità della macchina prima dello scatto. Questa soluzione derivava direttamente dall’esperienza militare di Montgomery. Inoltre, un mirino ottico a collimazione laterale garantiva la composizione preliminare senza dover utilizzare il vetro smerigliato sul retro.
La Teddy Camera Company trovò il suo campo ideale nelle missioni di rilievo, nell’uso scientifico su campo e in ambito documentario di alto livello. Il modello Surveyor No. 2 venne impiegato in spedizioni cartografiche in California e in Messico tra il 1923 e il 1927, assegnato ad ingegneri che dovevano fotografare e misurare linee di ferrovia in costruzione. I negativi venivano sviluppati su lastre in vetro o su rullini, e spesso accompagnati da schede geografiche annotate con coordinate GPS (gli strumenti erano spesso calibrati con marcatori geodetici manuali).
La Explorer No. 1 fu scelta da medici missionari e insegnanti del Peace Corps per documentare villaggi remoti, grazie alla sua compattezza e alla nitidezza ottenibile con emulsioni AA al bromuro di potassio. Il modello Aviator No. 3 trovò impiego anche nelle prime applicazioni aerofotogrammetriche nella California centrale negli anni ‘20, integrato con fotometri esterni e riferimenti altimetrici manuali.
La qualità delle immagini derivava non solo dalle ottiche e dalla stabilità della struttura, ma anche dai manuali tecnici allegati: Tella pubblicava guide su esposizione, densitometria, contrasto e sviluppo chimico, corredate da esempi informativi. Nei manuali si toccavano argomenti come la latitudine di posa, la sensibilità ISO approssimata delle emulsioni, la calibrazione del fotometro e la distorsione prospettica. Gli strumenti venivano descritti come “macchine ottiche pensate per durare decenni”, con una manutenzione ordinaria limitata a lubrificazione delle guide e verifica periodica del soffietto per tenuta alla luce.
L’azienda cessò l’attività nel 1930, penalizzata dalla Grande Depressione e dall’offerta di fotocamere automatiche emergenti. Alcuni esemplari furono depositati in archivi universitari californiani o venduti a collezionisti. Oggi solo pochi esemplari originali dei modelli Explorer No. 1 e Surveyor No. 2 restano consultabili in musei come il California Museum of Photography e il San Francisco History Museum.
La Teddy Camera Company rappresenta un ponte tra la fotografia tecnica del passato e l’approccio moderno alla precisione operativa portatile. La loro eredità risiede nella combinazione tra meccanica robusta, ottica calibrata e modularità operativa, anticipando intuizioni che verranno sviluppate da decenni da macchine fotografiche semi-professionali e professionali con struttura compatta.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
Attraverso il mio sito, offro una panoramica completa delle tappe fondamentali della fotografia, dai primi esperimenti ottocenteschi alle tecnologie digitali contemporanee. La mia missione è educare e ispirare, sottolineando l’importanza della fotografia come linguaggio universale.
Sono anche una sostenitrice della conservazione della memoria visiva. Ritengo che le immagini abbiano il potere di raccontare storie e preservare momenti significativi. Con un approccio critico e riflessivo, invito i miei lettori a considerare il valore estetico e l’impatto culturale delle fotografie.
Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.