La Royal Photographic Society (RPS) è la più antica associazione fotografica ancora in attività al mondo ed è stata fondata con l’obiettivo di promuovere sia la scienza sia l’arte della fotografia. La Società nacque a Londra nel 1853 come Photographic Society of London ed è nota per la sua continuità operativa, per la pubblicazione ininterrotta del suo periodico e per le sue attività di ricerca, didattica, esposizione e standardizzazione tecnica.
Origini e costituzione istituzionale (1853–1870)
La matrice storica della Royal Photographic Society si inserisce nel primo ventennio successivo alle invenzioni fotografiche ufficiali: la fotografia era allora un terreno di sperimentazione chimica e ottica, una pratica che raccoglieva inventori, scienziati e dilettanti con competenze interdisciplinari. La Società fu promossa da figure come Roger Fenton, che incarnava il ruolo del fotografo-esploratore e del promotore di esposizioni pubbliche, e trovò in William Henry Fox Talbot e in altri pionieri interlocutori fondamentali. La riunione costitutiva del gennaio 1853 attivò fin da subito un programma di incontri tecnici, letture e una pubblicazione periodica.
Il contesto tecnico di quegli anni era dominato dalla coesistenza di più processi: il dagherrotipo, processo diretto su lastra metallica con resa estremamente nitida ma non riproducibile; il calotipo (o talbotipo), che introdusse l’idea del negativo su carta e dunque la riproducibilità; e infine l’evoluzione verso il processo al collodio umido, che migliorò sensibilità e definizione rispetto ai primi sistemi. La Società si fece luogo di confronto tecnico su questi metodi: non s’impegnò solo in mera teoria, ma promosse esperimenti comparativi e sviluppi pratici, cercando anche la standardizzazione di procedure e materiali a beneficio sia della documentazione scientifica sia della produzione artistica.
La pubblicazione della Società fu un elemento identitario: fin dal primo anno fu edito un periodico tecnico-scientifico che documentava le ricerche, i procedimenti chimici e le osservazioni sperimentali. Tale rivista, che nel tempo è divenuta The Photographic Journal (oggi RPS Journal), costituisce la più antica pubblicazione periodica di fotografia ancora esistente e fu da subito strumento principale per diffondere procedure, recensioni tecniche e resoconti di mostre. Questa presenza editoriale rese la Società un centro di raccolta e disseminazione di conoscenze tecniche che altrimenti sarebbero rimaste isolate fra singoli laboratori.
Sul piano istituzionale la Photographic Society di Londra impostò fin dall’inizio una modalità ibrida: era un’associazione aperta a praticanti di differenti nature — scienziati, pediatri di ricerca, studiosi di ottica e appassionati d’arte — e allo stesso tempo un consesso dove si sperimentava la legislazione tecnica, la conservazione dei materiali e la presentazione pubblica delle immagini. Le prime esposizioni pubbliche, tenute sin dai primi anni, ebbero valore di banco di prova per valutare la resa dei vari processi (albumina, stampa al salnitro, ecc.) ma anche per misurare aspettative estetiche e di fruizione del pubblico.
Il ruolo sociale della nuova istituzione si manifestò in modo chiaro quando, su corrispondenza ufficiale con la Corona e su pressioni di personalità influenti, la Società ottenne il riconoscimento reale quale ente degno di relazione e protezione. Degli anni di questa fase vanno ricordati i lavori su materiali, su inchiostri per la fotoincisione e sulla riproduzione meccanica delle immagini, cioè tutte quelle pratiche che portarono la fotografia fuori dall’ambito artigianale per inserirla in processi di riproduzione industriale e di divulgazione scientifica.
Dal punto di vista tecnico va sottolineato che l’attenzione era duplice: da una parte si studiava la chimica delle emulsioni — sali d’argento, ioduri, bromuri, sensibilizzanti organici — e dall’altra l’ottica: sviluppo di obiettivi a maggiore luminosità, correzioni per astigmatismo e aberrazioni, prime formule anastigmatiche. La Società, quindi, non era un semplice club di appassionati: divenne progressivamente il luogo dove si misuravano standard di qualità dei materiali e dove si confrontavano esperienze pratiche con ricadute sull’industria emergente della fotografia.
A livello internazionale, la Photographic Society si inserì nella rete di scambi tecnici tra società europee e americane, promuovendo la circolazione di articoli sulle nuove emulsioni e sulle possibilità di stampa. In questi anni nacque il profilo dell’organizzazione come centro di esperti, capace di agire da trait d’union fra ricerca e produzione pratica, un tratto che caratterizzerà la RPS per tutto il suo sviluppo successivo.
Standardizzazione, tecniche e leadership scientifica (1870–1914)
La fase che va dagli anni settanta dell’Ottocento fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale è segnata da un’accelerazione tecnica e dalla progressiva professionalizzazione della fotografia. La Società assunse un ruolo ancor più marcato come centro di raccolta dei risultati sperimentali, come commissione di prova per le nuove emulsioni e come ente che promuoveva la formazione tecnica. Negli ultimi decenni del XIX secolo la questione della qualità di riproduzione e della stabilità chimica divenne centrale: non solo come problema di resa estetica, ma come requisito per l’impiego della fotografia nella scienza, nell’industria e nella documentazione legale.
Dal punto di vista tecnico, il periodo vide la diffusione della stampa all’albumina come processo dominante per le tirature commerciali, e l’ingresso delle tecniche a base di platino e delle stampe a carbone per lavori di maggior pregio tonale e di longevità. Entrarono nella discussione pubblica anche processi come la fotoincisione e la fotogravura, fondamentali per la riproduzione a stampa di immagini fotografiche su larga scala. La Società ospitò dimostrazioni comparative tra questi metodi, mostrando vantaggi e limiti relativi alla stabilità dei toni e alla durabilità delle immagini.
A livello di apparecchiatura si affermarono i formati di grande camera a lastre, con macchine da campo e ottiche specifiche (Petzval, Dallmeyer, Rapid Rectilinear ecc.). L’evoluzione degli obiettivi e delle tecnologie di appoggio (treppiedi più robusti, otturatori a lamelle, sistemi a tendina e poi a ago per esposizioni più veloci) consentì di ridurre i tempi di posa e di ottenere maggiore nitidezza e contrasto in condizioni di luce limitata. La Società fu attiva nel pubblicare test comparativi sulle performance delle lenti e sulla correzione delle aberrazioni cromatiche, temi che influenzarono le committenze industriali del settore ottico.
La RPS si distinse anche come autorità di valutazione estetica e tecnica per i concorsi espositivi: fu negli anni di questa fase che si consolidarono pratiche di giudizio, criteri di selezione delle opere e standard espositivi che avrebbero poi permesso di mettere a confronto opere di diversa natura (dagherrotipi, stampe su carta senza argento, stampe a platino). Il dibattito fra pittorialisti, fautori di manipolazioni che avvicinavano la fotografia alla pittura, e gli aderenti alla cosiddetta straight photography fu intenso e trovò nello spazio della Società il confronto pubblico necessario a definire categorie e confini disciplinari.
Gli strumenti editoriali dell’epoca — il già citato Journal e le memorie delle conferenze — divennero canali per diffondere metodologie di laboratorio: indicazioni sulla qualità del sale ammoniacale, osservazioni empiriche sulla conservazione delle stampe in ambienti con diverso tasso di umidità, suggerimenti per evitare fenomeni di bronzing o ingiallimento, e discussioni su fattori come l’influenza dello zolfo nell’aria sulle chimiche delle stampe. Queste discussioni erano tecniche e anche preventive: parte del lavoro della Società fu quello di creare raccolte di buone pratiche, non solo per fini estetici ma per la tutela del patrimonio fotografico.
Nel 1878 la RPS istituì il Progress Medal, un riconoscimento mirato a premiare invenzioni, ricerche e pubblicazioni che avessero contribuito in modo significativo allo sviluppo tecnico o scientifico della fotografia; la creazione di questo premio sottolineò la vocazione fortemente tecnica e innovativa dell’ente.
Un altro aspetto strategico fu l’attenzione alla formazione: la Società organizzava lezioni di chimica fotografica, seminari su come realizzare lastre sensibili, esposizioni lampo volte a illustrare il comportamento di un’emulsione a diverse temperature. Era un’attività che univa scienza e mestiere e che consolidò la reputazione della RPS come luogo dove si doveva andare per aggiornare competenze professionali.
La fine del secolo vide anche l’affermazione delle prime pellicole a secco e quindi l’affermarsi di formati più maneggevoli; questo favorì la diffusione di un approccio meno vincolato alla camera da studio: cominciò a svilupparsi la fotografia di reportage, che la Società osservò con attenzione, fornendo indicazioni tecniche su come affrontare luci in movimento e condizioni di ripresa difficili.
Fotografia scientifica, bellica e professionale (1914–1950)
Il primo conflitto mondiale trasformò radicalmente il rapporto fra fotografia e società: la fotografia divenne strumento cruciale per la ricognizione aerea, per la documentazione tecnica e per le necessità militari. La RPS, pur mantenendo la propria funzione culturale, assunse anche una funzione consulenziale, coordinando approcci tecnici e raccomandando pratiche adatte a nuove applicazioni. Le esigenze belliche richiesero emulsioni più sensibili, ottiche per impieghi ad alta risoluzione e meccaniche di stabilizzazione per piattaforme in movimento.
L’evoluzione tecnica in questo ventennio coinvolse anche la fotografia aerea, con contributi fondamentali allo sviluppo della fotogrammetria e della cartografia fotografica: produzione di stereogrammi per la misura di rilievi, ideazione di obiettivi a focale fissa ottimizzati per la proiezione su lastre piane, studi sulle deformazioni prospettiche e metodi di correzione. Le sessioni tecniche della Società affrontarono questioni come la taratura degli obiettivi, la compensazione della sensibilità all’altitudine e l’uso di filtri per correggere l’effetto della radiazione diffusa.
Sul versante scientifico, la fotografia divenne sempre più uno strumento di laboratorio: fotomicrografia, documentazione di fenomeni chimici e studi di cinematica a bassa velocità furono temi affrontati dai membri. Le tecniche radiografiche, complementari alla fotografia ottica, furono analizzate nelle pubblicazioni come possibili strumenti diagnostici e di ricerca. La RPS facilitò lo scambio di protocolli per la documentazione delle prove in laboratorio e per la standardizzazione delle immagini a fini scientifici.
La seconda guerra mondiale estese ulteriormente le applicazioni: fotografia infrarossa, sensori speciali e tecniche di occultamento e camuffamento fotografico divennero oggetto di ricerca. Nel dopoguerra, la domanda civile per tecnologie derivate dall’esperienza bellica (aerofotogrammetria, ottiche di precisione, emulsioni ad alta velocità) favorì l’ampliamento delle applicazioni industriali e mediche della fotografia.
Parallelamente alla dimensione tecnica, la Società consolidò pratiche di conservazione e archiviazione: mobili e depositi con controllo del microambiente, individuazione delle cause principali di degrado (ossidazione, contaminazione con zolfo/azoto, aggressione da funghi), la scelta di carte e supporti chimicamente inerti per la stampa. Tali questioni cominciarono a far parte delle competenze richieste a chi gestiva raccolte fotografiche, sia nei musei sia nelle biblioteche.
La produzione fotografica professionale si strutturò culturalmente, con la nascita di associazioni professionali e di percorsi di formazione specialistica. La RPS rafforzò il proprio ruolo come ente di riferimento per l’aggiornamento tecnico e la certificazione delle competenze, istituzionalizzando dibattiti sulle norme di qualità, sull’etica professionale e sulle modalità di presentazione delle immagini nei contesti scientifici e giuridici.
Formazione, distinzione e collezioni: consolidamento del ruolo pubblico (1950–1990)
Dopo il secondo conflitto mondiale la fotografia attraversò una fase di massificazione ma anche di elevazione professionale. La RPS rafforzò la sua attività didattica e di valutazione, definendo livelli di riconoscimento professionale che divennero standard per il mercato e per la comunità fotografica. Il sistema di distinzioni — strutturato su livelli di competenza e qualità — previde nella storia la creazione e l’evoluzione di titoli come FRPS (Fellow), ARPS (Associate) e LRPS (Licentiate); questi riconoscimenti permisero di formalizzare percorsi di carriera e di introdurre pratiche di valutazione tecnica e creativa riconosciute a livello internazionale.
Il ruolo pubblico della Società si espresse anche nella gestione di collezioni, mostre e canali editoriali. Fu nel dopoguerra che l’importanza di preservare stampe storiche e negativi venne sistematizzata; la RPS iniziò ad accumulare una collezione significativa che documentava non solo la fotografia britannica ma anche i principali processi tecnici e le sperimentazioni internazionali. Nel 1980 la Società trasferì la propria sede a Bath, dotandosi di uno spazio espositivo e di conservazione che poté ospitare archivi, convegni e corsi specialistici. Questo spostamento segnò la disponibilità dell’ente a investire in infrastrutture per il pubblico e per la ricerca.
Sul piano tecnico la seconda metà del Novecento assistette all’affermazione del gelatin silver print come standard bianco-nero e dell’ampia diffusione del colore a pellicola (Kodachrome, Ektachrome e poi porzioni diverse di stampa cromogenica). La RPS promosse studi sull’accuratezza cromatica, sulla stabilità delle stampe a colori e sulla conservazione delle immagini cromatiche, argomenti che richiedevano conoscenze chimiche e tecnologiche più sofisticate rispetto agli esperimenti dell’Ottocento.
La Società continuò a custodire un ruolo di ponte tra praticanti e industria: seminari con i principali produttori di emulsioni, dibattiti sui parametri di qualità in fase di stampa e nella scelta delle carte fotografiche permisero di armonizzare le esigenze del mercato con la tutela del patrimonio. Inoltre, l’attività espositiva divenne più sistematica: mostre curate con cataloghi, retrospettive dedicate a maestri e progetti tematici contribuirono a costruire la reputazione della RPS come istituzione culturale oltre che tecnica.
La politica di riconoscimenti continuò a essere centrale: la RPS istituì premi specialistici, borse di studio e commissioni per progetti di ricerca fotografica, favorendo lo scambio internazionale di pratiche e la crescita professionale. L’istituzione di riviste e la formalizzazione di procedure di peer review nei gruppi di imaging scientifico resero l’ente un punto di riferimento anche per la ricerca accademica legata al mondo dell’immagine.
Transizione digitale, gestione colore e la RPS oggi (1990–oggi)
L’ingresso massiccio del digitale ha rappresentato la sfida più radicale per la Royal Photographic Society nel tardo XX e all’inizio del XXI secolo. La trasformazione ha interessato molteplici piani: hardware (CCD e poi sensori CMOS), software (formati RAW, modelli di demosaicizzazione), flussi di lavoro (gestione metadati, archiviazione digitale), standard di stampa (profilazione ICC, stampa a getto d’inchiostro con pigmenti) e, non meno importante, questioni giuridiche e di copyright nel nuovo contesto di diffusione via rete.
I sensori digitali modificarono radicalmente la nozione di “sensibilità”: la misura ASA/ISO mantenne una funzione indicativa ma fu accompagnata da parametri come il rumore termico, la gamma dinamica e il bit depth dei file (da 8 a 16 bit per canale e oltre nei RAW). La RPS affrontò questi temi organizzando conferenze tecniche su calibrazione dei monitor, profiling colore, gestione del gamut, scelta di spazi colore (sRGB, Adobe RGB, ProPhoto), e sull’uso di strumenti di misurazione come spettrofotometri per la stampa.
Il lavoro di laboratorio — prima chimico, ora digitale — richiede competenze nuove: processi di sviluppo digitale, controllo dell’algoritmo di demosaicizzazione, gestione della nitidezza e delle maschere, riduzione del rumore e preservazione della gamma tonale sono ora materia di studio e insegnamento. Lo spazio del laboratorio si è spostato in parte dal buio della camera oscura al monitor calibrato: le competenze tecniche della RPS si sono adeguate per certificare conoscenze su software, flussi di lavoro e tecniche di output professionale.
A fini conservativi la Società ha promosso pratiche per la longevità dei file digitali: formati di archiviazione (TIFF non compresso, file RAW con sidecar), strategie di backup (architetture ridondanti, migrazione periodica dei supporti), uso di metadata standard (EXIF, IPTC, XMP) per garantire la reperibilità e l’interpretabilità dei contenuti nel tempo. La questione della catena di custodia e della validità probatoria delle immagini digitali è stata affrontata nei seminari tecnici, senza enfatizzare procedure operative ma proponendo linee guida per una buona pratica professionale.
A livello istituzionale, la RPS ha ottenuto il Royal Charter nel 2004 (implementato nel 2005) che ha formalizzato il suo ruolo di società scientifica e culturale di rilievo e ha confermato la sua missione educativa e di tutela del patrimonio fotografico; la sede è stata trasferita a Bristol nel 2019, consolidando una presenza territoriale che mira ad ampliare la rete di relazione con musei, università e centri di ricerca.
La politica di riconoscimenti e di premi della RPS resta centrale: il Progress Medal (istituito nel 1878) continua a onorare contributi scientifici e tecnici rilevanti nel campo dell’imaging e la Società mantiene un articolato programma di awards, borse e onorificenze che stimolano innovazione e riflessione critica. L’attenzione alla ricerca scientifica è testimoniata dalla pubblicazione di riviste peer-reviewed e dallo sviluppo di gruppi specialistici in imaging science, che analizzano fenomeni come la degradazione dei materiali, la caratterizzazione di pigmenti e inchiostri, e le prestazioni dei sensori artificiali.
Sul fronte della promozione culturale la RPS continua a ospitare mostre, a gestire collezioni storiche e ad articolare programmi didattici rivolti a professionisti e amatori. La presenza del periodico della Società, la sua capacità di mettere a sistema conoscenze tecniche e la rete di gruppi regionali garantiscono una dinamica di scambio che rimane peculiare: l’istituzione non è solo custode di un passato tecnico e artistico, ma piattaforma viva per la sperimentazione contemporanea.
Mi chiamo Marco Americi, ho circa 45 anni e da sempre coltivo una profonda passione per la fotografia, intesa non solo come mezzo espressivo ma anche come testimonianza storica e culturale. Nel corso degli anni ho studiato e collezionato fotocamere, riviste, stampe e documenti, sviluppando un forte interesse per tutto ciò che riguarda l’evoluzione tecnica e stilistica della fotografia. Amo scavare nel passato per riportare alla luce autori, correnti e apparecchiature spesso dimenticate, convinto che ogni dettaglio, anche il più piccolo, contribuisca a comporre il grande mosaico della storia dell’immagine. Su storiadellafotografia.com condivido ricerche, approfondimenti e riflessioni, con l’obiettivo di trasmettere il valore documentale e umano della fotografia a un pubblico curioso e appassionato, come me.


