Nel fitto tessuto artigianale e tecnico della Parigi di fine Ottocento, la sigla E. Mazo rappresenta una delle realtà più affermate nel commercio e nella distribuzione di attrezzature fotografiche. Étienne Mazo, fondatore della maison, stabilì la sua attività nella capitale francese attorno agli anni ’80 del XIX secolo, in un periodo in cui la fotografia stava transizionando da sperimentazione chimico-ottica a pratica borghese consolidata. Nonostante non fosse propriamente un costruttore, Mazo si distinse per essere un distributore e rivenditore di primissimo piano, il cui nome compare frequentemente nei cataloghi dell’epoca accanto a quello di altri grandi marchi della distribuzione come Maison Gaumont o J. Geisler.
Il primo negozio, localizzato inizialmente in Rue Saint-André-des-Arts, e successivamente trasferito in Rue de Rivoli, divenne un punto di riferimento per appassionati, dilettanti e professionisti. La sua proposta commerciale si distingue sin da subito per l’eclettismo e l’aggiornamento costante, unendo fotocamere di manifattura francese a modelli d’importazione, in particolare tedeschi, inglesi e americani. Tra gli articoli proposti vi erano anche ottiche, chassis, esposimetri, visori stereoscopici, carta sensibile e lastre secche. In molti casi, i prodotti stranieri venivano marchiati con il nome E. Mazo, creando una linea identificativa riconoscibile pur senza la responsabilità della fabbricazione diretta.
Tra le peculiarità più apprezzate della ditta si colloca la qualità del servizio post-vendita, la consulenza specializzata e la ricchezza dei cataloghi annuali, che costituivano veri e propri compendi tecnici. Questi cataloghi, illustrati con litografie minuziose, presentavano schede dettagliate degli apparecchi: lunghezza focale, apertura, formato della pellicola o della lastra, peso, accessori disponibili. Non era raro trovare anche tabelle comparative tra diversi modelli di macchine e ottiche, anticipando un approccio quasi moderno alla vendita tecnica e informata.
Negli stessi anni, la ditta Mazo si distinse anche nella promozione della fotografia stereoscopica, vendendo visori Holmes-style e raccolte di immagini stereoscopiche preconfezionate. Tra i modelli venduti con maggiore successo vi furono versioni modificate di apparecchi a cassetta per formato 9×12 e 13×18, spesso prodotti su commissione da fabbricanti terzi come Lucien Gaumont, Demaria-Lapierre, o Hermagis, ma adattati a specifiche commerciali del negoziante parigino.
Uno dei contributi tecnici più rilevanti della ditta E. Mazo si manifesta nella forma dei cataloghi di vendita, veri e propri strumenti di alfabetizzazione fotografica. Pubblicati con cadenza annuale e distribuiti gratuitamente presso lo showroom o spediti su richiesta, questi cataloghi non si limitavano all’elenco di articoli. Essi rappresentano una finestra sulla evoluzione tecnologica e commerciale della fotografia in Francia tra il 1885 e il 1920 circa.
Ciascun catalogo Mazo conteneva specifiche tecniche rigorose per ogni prodotto: lunghezza del soffietto, presenza o meno di dispositivo di messa a fuoco micrometrica, meccanismo di traslazione frontale o basculaggio, innesti intercambiabili per obiettivi, compatibilità con differenti sistemi di lastre o pellicole. Erano presenti anche diagrammi ottici semplificati per aiutare il cliente nella scelta della focale più adatta al tipo di fotografia desiderata, dal ritratto allo still-life, dalla riproduzione scientifica alla fotografia da viaggio.
Altro aspetto distintivo era la personalizzazione delle forniture, una pratica tutt’altro che rara tra i distributori francesi, ma portata a compimento con coerenza da Mazo: molti apparecchi venivano assemblati su richiesta con specifici obiettivi — ad esempio ottiche Hermagis per il ritratto o rapidissimi anastigmati Krauss per la fotografia sportiva o scientifica — e con chassis a doppia apertura o cassette multiple a seconda delle esigenze del cliente. Mazo fungeva, in questo senso, da vero e proprio mediatore tecnico tra produttore e utilizzatore, in un’epoca ancora priva di standardizzazione industriale spinta.
Questa attitudine alla modularità tecnica emerge chiaramente nei modelli proposti per la fotografia ambulante: le casse mobili da 13×18 cm erano spesso adattate a supporti per cavalletti pieghevoli, con inserti in ottone lavorato a mano e finiture in mogano o palissandro lucidati a gommalacca. Ogni dettaglio tecnico, dai soffietti in pelle lavorata all’alloggiamento delle lenti in ottone nichelato, era descritto nei minimi particolari nel catalogo, il che rende oggi questi documenti fondamentali per la ricostruzione storica e filologica degli apparecchi dell’epoca.
Sebbene E. Mazo non fosse un fabbricante in senso stretto, è impossibile ignorare il ruolo strategico che giocò nel supporto alla produzione di dispositivi fotografici a uso scientifico, medico e industriale. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, la ditta si fece infatti promotrice di una linea di strumenti specializzati rivolti a tecnici, anatomopatologi, botanici, topografi e ingegneri.
Uno dei segmenti di punta fu la fotografia macro e microfotografica, per cui Mazo distribuiva una serie di accessori dedicati: lenti di ingrandimento ad alto potere, sistemi di slitte micrometriche per la messa a fuoco fine, diaframmi intercambiabili con valori f/64 e oltre, e persino obiettivi acromatici montati su tubi ottici compatibili con microscopi Leitz o Zeiss. In tal modo, la fotografia scientifica parigina di inizio Novecento trovava nella maison Mazo un interlocutore competente e attrezzato.
Interessante è anche la documentazione storica relativa alla fotografia astronomica: alcuni modelli proposti da Mazo prevedevano tubi estensibili lunghi fino a 80 cm, regolazioni micrometriche per il traguardo e attacchi universali per telescopi. Questi dispositivi, per quanto ingombranti, anticipavano la direzione che l’astrofotografia avrebbe preso nel secondo dopoguerra, confermando la lungimiranza commerciale e tecnica della casa parigina.
Un altro settore d’interesse fu la fotografia panoramica e aereo-topografica. Sebbene meno documentato, risulta da alcune pubblicazioni della Société Française de Photographie che Mazo distribuì a partire dal 1905 circa versioni modificate di macchine panoramiche a scorrimento orizzontale, probabilmente di derivazione tedesca, dotate di ottiche grandangolari simmetriche e chassis curvilinei. Questi apparecchi, oggi rari, erano adatti alla documentazione territoriale, al rilievo e all’ingegneria civile.
È proprio nella capacità di identificare e soddisfare le esigenze di nicchia che si colloca la vera originalità della ditta E. Mazo, più che in una produzione materiale. Il suo valore sta nell’aver agito come crocevia tra domanda e offerta tecnica, come interprete dei bisogni emergenti di una società che iniziava a vedere nella fotografia non solo un mezzo artistico o documentario, ma anche un dispositivo scientifico e operativo.
Le ultime tracce documentate dell’attività E. Mazo risalgono agli anni immediatamente precedenti la Prima Guerra Mondiale. A partire dal 1912, si assiste a una progressiva riduzione della presenza pubblicitaria della ditta sulle riviste specializzate come Le Moniteur de la Photographie e La Revue de Photographie. Le ragioni del declino non sono interamente chiarite, ma si possono individuare alcuni fattori strutturali.
Primo tra tutti, l’emergere di grandi gruppi industriali come Gaumont e Pathé Frères che, unendo produzione e distribuzione, resero obsoleta la figura del rivenditore indipendente. A questo si aggiunge la progressiva standardizzazione tecnica delle apparecchiature, che ridusse la necessità di adattamenti e consulenze tecniche, fulcro dell’offerta di Mazo. La guerra contribuì infine alla cessazione di molte attività non strategiche, soprattutto nel campo del commercio al dettaglio.
Alcuni documenti suggeriscono che il marchio possa essere stato acquisito o inglobato da altre entità commerciali tra il 1918 e il 1922, ma non vi sono prove conclusive. I cataloghi cessano di essere pubblicati, le insegne scompaiono dagli annuari, e con esse svanisce una figura che aveva contribuito a formare generazioni di fotografi francesi.
Oggi il nome E. Mazo sopravvive in alcuni chassis in legno, in visori stereoscopici marchiati a fuoco, e soprattutto in cataloghi conservati nelle biblioteche specializzate di Parigi e Bruxelles, preziosi testimoni di un’epoca in cui il venditore non era semplice tramite commerciale, ma interprete tecnico e culturale della fotografia nascente.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
Attraverso il mio sito, offro una panoramica completa delle tappe fondamentali della fotografia, dai primi esperimenti ottocenteschi alle tecnologie digitali contemporanee. La mia missione è educare e ispirare, sottolineando l’importanza della fotografia come linguaggio universale.
Sono anche una sostenitrice della conservazione della memoria visiva. Ritengo che le immagini abbiano il potere di raccontare storie e preservare momenti significativi. Con un approccio critico e riflessivo, invito i miei lettori a considerare il valore estetico e l’impatto culturale delle fotografie.
Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.