La Clarus Camera Manufacturing Company nacque a Minneapolis, Minnesota, negli Stati Uniti, con una produzione attiva tra 1946 e 1952. Si trattò di un tentativo tardivo ma ambizioso di entrare nel mercato delle fotocamere 35 mm rangefinder, in un’epoca dominata da marchi come Leica, Kodak e Argus. L’unico modello prodotto fu la Clarus MS‑35, accompagnato da un flashbulb dedicato. Dopo una gestione societaria e produttiva iniziale, la produzione cessò e successivamente il medesimo corso venne riproposto sotto il nome Wescon, un marchio collegato alle ultime serie dell’azienda.
Nonostante l’attività limitata a pochi anni, Clarus si caratterizzò per un approccio tecnico-industriale: la fotocamera veniva realizzata mediante stampaggio a pressofusione di componenti metallici (die cast), con tolleranze più rigide rispetto alle press-fit. Questo approccio consentiva una certa robustezza del corpo, progettato per essere prodotto rapidamente da assemblatori poco specializzati, mantenendo al contempo standard qualitativi elevati. L’ispirazione iniziale veniva da una interpretazione americana del design della Leica II, con modifiche che semplificavano l’assemblaggio e riducevano la complessità tecnica.
Il progetto Clarus fu pensato con un occhio alla standardizzazione industriale: il corpo, i comandi e le parti interne erano modulari, realizzati su tooling professionale americano. Non si trattava di piccole produzioni artigianali ma di un tentativo di realizzare una fotocamera nazionale conveniente, con ampia distribuzione attraverso cataloghi e canali mass-market come Montgomery Ward o negozi regionali.
Intervennero su una piattaforma robusta e relativamente semplice: il design di shutter era ispirato al Praktiflex, noto per la sua affidabilità e facilità di produzione. La MS‑35 mostrava una serie di dialetti tecnici in stile Leica (compreso l’impugnatura e il selettore di tempi), ma realizzati con macchinari americani. L’impiego di die cast contribuiva a ridurre i costi e aumentare veloci tempi di assemblaggio. Venne inoltre proposta una variante dotata di otturatore centrale (central shutter) a velocità multiple che sarebbe diventata la base per la successiva versione Wescon, più economica.
Sul piano commerciale Clarus si posizionò all’interno della fascia bassa/intermedia delle 35 mm, cercando di conquistare una clientela che volesse un’alternativa americana alla Leica, con focali standard come 50 mm, e con accessori dedicati come un flashgun dotato di riflettore dorato di costruzione compatta. L’obiettivo era vendere un pacchetto completo: fotocamera, obiettivo, mirino opzionale, flash e custodia, a un prezzo simbolico ma competitivo.
L’azienda incluse piccoli centri di assistenza e riparazione locale, benché si trattasse di una realtà di breve durata: il modello MS‑35 fu venduto per circa sei anni, dopodiché il nome Clarus sparì. Le ultime produzioni furono marchiate Wescon, ma utilizzavano lo stesso corpo, le stesse parti e design di base. Questo cambiamento riflette un tentativo di rilancio commerciale e abbassamento del costo di produzione, ma la transizione non fu sufficiente per competere a lungo termine con marchi affermati.
In sintesi, Clarus Camera Manufacturing Company rappresenta un esempio di industrializzazione fotografica americana post-seconda guerra mondiale, con un solo modello realizzato in range limitati, sviluppato per essere facilmente assemblabile, venduto a basso prezzo e destinato a mercati di massa. Il concept tecnico era solido, ma le critiche di affidabilità e le difficoltà nel supporto tecnico consolidato spinsero il brand fuori dal mercato in pochi anni.
Modello Clarus MS‑3
La Clarus MS‑35 fu l’unico modello prodotto dalla Clarus Camera Manufacturing Company. Si trattava di una fotocamera rangefinder 35 mm, con corpo compatto ma robusto, realizzato mediante componentistica pressofusa con processo die cast. Caratterizzata da un design robusto e funzionale, cercava di offrire un’alternativa nazionale reperibile a prezzo contenuto rispetto ai concorrenti europei.
Il sistema di avanzamento del film era manuale, con selettore di tempi rotativo (tipicamente tra 1/25, 1/50, 1/100 e “B”). L’ispirazione veniva dal modello Practiflex, cioè un meccanismo semplice di shutter a tendina. Il caricatore era fisso e standard per le bobine comuni, con contatore fotogrammi. L’obiettivo montato era un Raptar f/2 o f/3.5, venduto in kit insieme alla fotocamera, e disponibile anche come teleobiettivo o grandangolare opzionale. Il mirino ottico e il rangefinder erano integrati, anche se di qualità modesta rispetto ai canoni Leica.
Dal punto di vista produttivo, l’assemblaggio fu concepito per operatori con poca manualità specifica: il corpo in pressofusione permetteva una rapida sostituzione di elementi, l’accesso interno era semplice, e l’uso era intuitivo. Non necessitava di calibrazione sofisticata: l’approccio fu quello di realizzare milioni di pezzi identici, piuttosto che poche macchine estremamente rifinite.
Il corpo risultava più pesante di una Leica ma più solido di molte fotocamere economiche: resistenti a urti e vibrazioni. Uno degli elementi distintivi erano i vite di serraggio ben calibrate, i pulsanti realizzati in metallo robusto e la disposizione ergonomica dei comandi. Il flash dedicato includeva un riflettore dorato che migliorava l’efficienza luminosa; veniva venduto separatamente o come kit.
La diffusione del modello avvenne fra il 1946 e il 1952, con alcune migliaia di unità distribuite soprattutto in Midwest USA e tramite cataloghi a basso costo. Dopo il 1952 la produzione cessò e la linea venne rilanciata come Wescon, con corpo identico ma otturatore differente, pensato per sostituire il modello più costoso e rispondere a esigenze più economiche. Purtroppo, entrambi i modelli acquisirono una reputazione di affidabilità discutibile: molti utenti lamentarono shutter che si inceppavano o velocità inaffidabili.
Le comunità analogiche moderne, come quelle su Reddit, spesso descrivono le Clarus MS‑35 come una fotocamera “difficile da riparare” ma potenzialmente utilizzabile dopo un attento CLA (clean, lubricate, adjust). La meccanica interna è accessibile: smontando la placca superiore è possibile accedere agli ingranaggi dello shutter, pulirli e lubrificarli usando olio leggero e Q‑tip, per ottenere una ripresa più fluida. Le parti interne sono facili da identificare e sostituire, grazie alla modularità del design.
Pur con i suoi difetti, la Clarus mostrò alcuni elementi ambiziosi per l’epoca: la possibilità di montare lenti intercambiabili, la compatibilità con flash e il coperchio superiore facilmente rimovibile; tutto ciò mostrava l’intento di competere con le rangefinder europee in modo pratico e immediato. Molti utenti moderni riconoscono che se gestita con cura, la MS‑35 può ancora produrre immagini dignitose, seppure con vignettatura e limiti ottici.
Il modello Wescon successivo, meno costoso, portò via parte dell’immagine originale Clarus ma mantenne la stessa filosofia tecnica: un corpo in die cast modulare e un otturatore alternativo. Anche in quel caso fu venduto nei cataloghi economici, ma con grip semplificato e dotazione più ridotta.
Nel contesto storico della fotografia tecnica americana, Clarus ha rappresentato una parentesi: un tentativo di produrre una vera fotocamera nazionale di massa subito dopo la guerra, con un modello solo, ma con caratteristiche tecniche riconoscibili e con un approccio più industriale rispetto agli artigiani contemporanei. Sebbene il fallimento commerciale sia evidente, il modello MS‑35 costituisce oggi un caso di studio sul tentativo americano di entrare nel mercato delle 35 mm rangefinder, con strumenti realizzati per l’efficienza produttiva e venduti a basso prezzo.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
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