mercoledì, 29 Ottobre 2025
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Lisette Model

Lisette Model, nata Elisabeth Schiff a Vienna il 10 novembre 1901, proveniva da una famiglia della borghesia ebraica austriaca. La capitale imperiale, all’inizio del XX secolo, era un crogiolo culturale in cui convivevano tradizione e modernità, ed era attraversata da tensioni sociali e intellettuali che avrebbero segnato il destino della giovane fotografa. La sua formazione iniziale non fu orientata subito verso la fotografia: da adolescente, Lisette studiò musica e canto con il celebre Arnold Schönberg, assorbendo la sensibilità delle avanguardie artistiche viennesi. Questa educazione musicale, improntata alla disciplina e alla ricerca di un linguaggio personale, costituì una base importante per la sua successiva attività visiva, fondata sul ritmo, sul contrasto e sulla composizione rigorosa.

Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1924, Lisette si trasferì con la madre e i fratelli a Parigi, città che divenne il suo laboratorio creativo. Qui entrò in contatto con i circoli artistici dell’avanguardia francese e iniziò a interessarsi alla pittura, frequentando l’atelier di André Lhote, teorico del cubismo e docente di grande influenza. La pittura rimase per alcuni anni la sua principale attività, ma già a metà degli anni Trenta avvenne la svolta verso la fotografia. Fu la sorella Olga, sposata con il pittore e fotografo russo Evsa Model, a introdurla alla pratica del mezzo. In questo periodo Lisette cominciò a esplorare la fotografia di strada a Nizza, scattando immagini che riflettevano un’attenzione acuta alle espressioni umane e alle contraddizioni sociali.

Il contesto politico divenne presto determinante. Con l’avanzata del nazismo e l’aggravarsi della situazione per gli ebrei in Europa, Lisette scelse la via dell’esilio. Nel 1938 sposò Evsa Model e, insieme a lui, emigrò negli Stati Uniti, stabilendosi a New York. Qui iniziò la fase più importante della sua carriera, segnata dall’incontro con il mondo del fotogiornalismo, con le riviste illustrate e con l’ambiente della New York Photo League, un collettivo progressista che promuoveva la fotografia come strumento sociale e politico.

Lisette Model morì a New York il 30 marzo 1983, dopo aver lasciato un’impronta profonda nella fotografia del Novecento, sia attraverso le sue opere sia attraverso l’attività didattica che la rese maestra di intere generazioni di fotografi, tra cui Diane Arbus.

Tecniche fotografiche e linguaggio visivo

Il lavoro di Lisette Model si caratterizza per una straordinaria padronanza della tecnica fotografica e per un uso consapevole delle possibilità espressive del mezzo. Fin dagli esordi, il suo strumento privilegiato fu la fotocamera 35 mm, in particolare la Leica, che le garantiva discrezione, rapidità di scatto e grande libertà di movimento. Questo le consentì di dedicarsi a una fotografia istantanea e ravvicinata, in cui la prossimità con il soggetto era elemento fondamentale.

Uno degli aspetti più peculiari del suo stile fu l’uso di inquadrature serrate, spesso tagliate, che concentravano l’attenzione sui volti e sui corpi. A differenza di molti fotografi del suo tempo che cercavano la compostezza e l’armonia, Model privilegiava la spontaneità imperfetta, accettando il rischio di immagini sgranate o di esposizioni imperfette pur di catturare la verità del momento. Questo approccio, radicale e anticonvenzionale, anticipava molte tendenze della street photography contemporanea.

Dal punto di vista tecnico, il suo lavoro si basava su tempi di esposizione rapidi e su diaframmi che garantivano profondità di campo ridotta, isolando il soggetto dallo sfondo. Le sue stampe erano caratterizzate da un forte contrasto tonale, ottenuto attraverso un controllo accurato della camera oscura. Non esitava a “spingere” lo sviluppo delle pellicole per aumentare la grana e accentuare la drammaticità delle immagini. Questo uso della grana fotografica come elemento espressivo divenne uno dei tratti distintivi del suo linguaggio.

Un altro elemento tecnico fondamentale era la luce naturale. Lisette preferiva fotografare in ambienti urbani, sfruttando le ombre e i riflessi delle vetrine, i controluce delle strade, la luce radente dei parchi e delle spiagge. Questa scelta la collocava in continuità con la tradizione documentaria, ma al tempo stesso le consentiva di valorizzare il carattere teatrale e surreale delle scene quotidiane. Spesso le sue immagini trasformavano i passanti in personaggi, caricandoli di una tensione narrativa che trascendeva la mera documentazione.

Il linguaggio visivo di Lisette Model si fondava infine su un atteggiamento psicologico e critico nei confronti della società. Le sue fotografie non erano mai semplici ritratti, ma rivelavano la fragilità, la vanità, l’arroganza o la malinconia dei soggetti. Questo sguardo diretto e talvolta impietoso costituiva una vera e propria critica sociale, resa ancora più efficace dal mezzo tecnico che permetteva di cogliere dettagli invisibili all’occhio distratto. In questo senso, la fotografia per Model era un atto di verità, un modo per smascherare le apparenze.

New York, la Photo League e il contesto americano

L’arrivo a New York nel 1938 segnò una svolta radicale nella carriera di Lisette Model. La città era allora un centro nevralgico della fotografia mondiale, grazie alla presenza di fotografi europei emigrati e alla diffusione delle riviste illustrate come Harper’s Bazaar, Look e Life, che utilizzavano la fotografia come linguaggio principale per raccontare la società contemporanea.

Lisette entrò in contatto con la New York Photo League, un collettivo fondato da fotografi progressisti che vedevano nella fotografia uno strumento politico e sociale. All’interno della League, Model affinò il suo linguaggio e sviluppò un approccio più consapevole alla fotografia di strada. La sua serie “Reflections”, realizzata a partire dal 1939, documentava le vetrine dei negozi di New York e i passanti riflessi nei vetri. Attraverso queste immagini, Model mostrava la società americana in un gioco di specchi, rivelando contraddizioni tra opulenza e povertà, tra esteriorità e interiorità. La scelta tecnica di utilizzare la Leica e di lavorare con tempi rapidi le consentiva di catturare momenti fugaci, dando vita a un linguaggio moderno e incisivo.

Parallelamente, Model iniziò a collaborare con riviste prestigiose. I suoi reportage per Harper’s Bazaar, curati da Carmel Snow e Alexey Brodovitch, segnarono l’ingresso della sua fotografia nel mondo editoriale. Pur lavorando per la moda, Lisette mantenne uno stile personale, lontano dalla perfezione patinata delle immagini pubblicitarie. Anche nei contesti commerciali, i suoi ritratti rivelavano un carattere diretto e anticonformista, con forte attenzione alle imperfezioni e alle idiosincrasie.

Negli anni Quaranta, la fotografa realizzò alcune delle sue serie più celebri, come le immagini scattate a Coney Island, in cui immortalava bagnanti, famiglie e anziani con uno sguardo ironico e insieme partecipe. Queste fotografie, tecnicamente impeccabili e compositivamente ardite, mostravano la sua capacità di cogliere il lato grottesco e teatrale della vita quotidiana americana.

Il contesto politico influenzò profondamente la sua carriera. Negli anni Cinquanta, durante il maccartismo, la Photo League fu sciolta per presunti legami comunisti, e molti dei suoi membri subirono pressioni e censure. Lisette Model, pur non essendo direttamente coinvolta, vide ridursi le possibilità di pubblicare sulle grandi riviste. Questo la spinse a dedicarsi sempre di più all’insegnamento, senza tuttavia abbandonare del tutto la pratica fotografica.

Le opere principali e il contributo all’arte fotografica

Il corpus delle opere principali di Lisette Model si articola in alcune serie fondamentali, che rappresentano momenti diversi della sua ricerca.

La prima è “Promenade des Anglais”, realizzata a Nizza nei primi anni Trenta, prima dell’emigrazione. Qui Model fotografò la borghesia francese in vacanza, colta in pose vanitose e teatrali lungo il celebre lungomare. Tecnicamente, le immagini mostrano un uso magistrale del bianco e nero e una capacità di avvicinarsi ai soggetti senza timore, ottenendo ritratti crudi e ironici. Queste fotografie rappresentano il nucleo originario della sua poetica: smascherare le illusioni sociali attraverso l’occhio fotografico.

Un secondo momento fondamentale è costituito dalla serie “Reflections” (1939–1945), ambientata a New York. Qui la fotografa sfruttò le superfici vetrate per creare immagini stratificate, in cui i riflessi dei passanti si mescolano con le merci esposte, producendo un effetto visivo complesso e di grande forza simbolica. Questa serie fu innovativa anche sul piano tecnico: l’uso di tempi rapidi, la ricerca di angolazioni insolite e la capacità di comporre immagini complesse in tempo reale anticipavano molte pratiche della fotografia urbana contemporanea.

Un’altra opera fondamentale è rappresentata dai ritratti di Coney Island, in cui Model immortalò i corpi imperfetti, le espressioni buffe, le pose involontarie dei bagnanti. Queste immagini, apparentemente leggere, sono in realtà una riflessione profonda sulla condizione umana, sulla vanità e sulla fragilità dei corpi. Tecnicamente, rivelano un controllo perfetto della profondità di campo e della composizione, con un uso sapiente della luce naturale.

Negli anni successivi, Lisette Model realizzò anche numerosi ritratti di artisti e intellettuali, tra cui quelli di Orson Welles, Georges Simenon e Frank Sinatra. Anche in questo caso, il suo approccio era lontano dall’idealizzazione: i volti venivano colti con intensità, mettendo in evidenza tratti caratteriali e psicologici piuttosto che l’immagine pubblica.

Il contributo di Lisette Model alla fotografia non si limita alle sue opere. A partire dagli anni Cinquanta, divenne una delle più importanti insegnanti di fotografia degli Stati Uniti, con corsi tenuti alla New School for Social Research di New York. Qui formò generazioni di giovani fotografi, trasmettendo loro non solo le tecniche, ma soprattutto un’attitudine etica ed estetica. Tra i suoi allievi vi fu Diane Arbus, che riconobbe in Model una maestra determinante per lo sviluppo del proprio sguardo fotografico. L’insegnamento di Lisette insisteva sulla necessità di avvicinarsi ai soggetti senza pregiudizi, di fotografare “ciò che si ha paura di vedere”, di accettare l’imperfezione come parte della verità dell’immagine.

Curiosità Fotografiche

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