La nascita della Gamma S.r.L. va collocata nel contesto dell’Italia postbellica, dove la ricostruzione industriale si intrecciava con la necessità di ridurre la dipendenza dalle importazioni di tecnologie straniere. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il mercato fotografico europeo era dominato dalle aziende tedesche, ma la distruzione degli impianti produttivi in Germania e le restrizioni commerciali crearono un vuoto che molte realtà italiane tentarono di colmare. In questo scenario, Ireneo Rossi – figura poco documentata ma chiaramente dotata di competenze ingegneristiche – avviò nel 1946 un’officina meccanica di precisione dedicata alla produzione di fotocamere, inizialmente registrata come Officina Rossi Ireneo.
Il primo progetto, la Gamma I, fu presentato alla Fiera di Milano del 1947 e costituì una sfida tecnologica su più fronti. L’apparecchio riprendeva il formato 24×36 mm delle Leica, ma introduceva innovazioni come l’innesto a baionetta per obiettivi intercambiabili, una soluzione rara per l’epoca e tecnicamente complessa da realizzare su scala industriale. Il meccanismo prevedeva una ghiera metallica con tre tacche di aggancio, progettata per garantire un allineamento ottico preciso senza necessitare di viti di registrazione supplementari. Questa scelta costruttiva, sebbene teoricamente vantaggiosa, richiedeva tolleranze di lavorazione inferiori a 0,01 mm, un dato che evidenzia l’alto livello di specializzazione delle maestranze coinvolte.
L’elemento più rivoluzionario della Gamma I era però l’otturatore a tendine metalliche con scorrimento orizzontale, sviluppato in-house da Rossi. A differenza dei modelli a lamelle in acciaio delle contemporanee fotocamere tedesche, questo sistema utilizzava due tendine in lega di alluminio anodizzato, spesse 0,08 mm e larghe 36 mm, che scorrevano su rulli ceramici lubrificati a secco. La scelta dello scorrimento orizzontale – invece del verticale adottato da Leitz – permise di raggiungere velocità nominali fino a 1/750 s, grazie alla ridotta inerzia delle tendine. Per compensare l’usura da attrito, Rossi implementò un sistema di tensionamento a molla calibrato su 12 N/mm², regolabile tramite una vite micrometrica accessibile dal fondo della fotocamera.
Un’altra peculiarità tecnica era il meccanismo di taglio parziale della pellicola, che consentiva di estrarre dal caricatore solo la porzione esposta. Questo sistema, protetto da brevetto italiano n. 42356 del 1948, prevedeva una lama in acciaio temprato azionata da una leva laterale, in grado di incidere la pellicola lungo la perforazione laterale senza danneggiare l’emulsione. Sebbene pensato per risparmiare materiale, il dispositivo si rivelò problematico in fase di sviluppo, poiché i frammenti di cellulosa tendevano a ostruire gli ingranaggi dell’avanzamento.
Gli obiettivi di serie erano forniti dalle Officine Galileo, che per la Gamma I realizzarono il Koristka Victor 55 mm f/3.5, un tripletto ottico derivato dai progetti per microscopi della sussidiaria milanese Koristka. La scelta di un’ottica a tre lenti invece delle quattro degli standard tedeschi (Tessar, Xenon) fu dettata da motivi economici, ma la lavorazione delle lenti in vetro Schott BK7 con trattamento antiriflesso Galileo AR-1 (uno strato di fluoruro di magnesio applicato sotto vuoto) garantì prestazioni ottiche superiori alle attese, con una risoluzione media di 68 linee/mm al centro del fotogramma.
Sviluppo tecnico e affinamento dei modelli Gamma (1947-1950)
Tra il 1947 e il 1950, la Gamma S.r.L. perfezionò il design iniziale attraverso tre iterazioni successive, ciascuna caratterizzata da migliorie funzionali e costruttive. La Gamma II, introdotta nel 1948, integrò un telemetro accoppiato con base di 42 mm, un valore insolitamente ampio che migliorava la precisione di messa a fuoco rispetto ai 38 mm delle Leica III. Il meccanismo, realizzato in collaborazione con la ditta torinese Ing. Cattaneo & C., utilizzava un prisma a specchio singolo con rivestimento dielettrico, capace di ridurre le aberrazioni ottiche nel percorso del raggio secondario.
La vera rivoluzione arrivò con la Gamma III del 1949, che abbandonò l’innesto a baionetta a favore del più universale attacco a vite M39×1, compatibile con gli obiettivi Leica. Questa modifica richiese un completo ripensamento della struttura frontale della fotocamera: il nuovo attacco, fresato in ottone massiccio con tolleranze di ±5 µm, era saldato al corpo macchina mediante brasatura ad argento per evitare deformazioni termiche. L’adozione dello standard Leica permise di montare non solo le ottiche Galileo, ma anche quelle di produttori europei come Schneider e Carl Zeiss, aumentando l’appeal commerciale dell’apparecchio.
Parallelamente, l’otturatore subì un aggiornamento radicale. Le tendine in alluminio furono sostituite da una lega AlMg3 anodizzata, più resistente all’usura, mentre il sistema di tensionamento adottò molle in acciaio al cromo-vanadio con trattamento Shot Peening per aumentarne la durata ciclica. Queste modifiche permisero di estendere la gamma di tempi fino a 1/1000 s, una velocità record per l’epoca, ottenuta riducendo la larghezza della fessura di esposizione a 1,2 mm. I test di laboratorio condotti dall’Istituto Superiore delle Comunicazioni di Roma certificarono un’accuratezza del ±7% su tutti i tempi, con una deriva termica di soli 0,5% per °C nell’intervallo -10°C/+40°C.
Sul fronte ottico, le Officine Galileo svilupparono per la Gamma III l’Eliog 50 mm f/2.8, un obiettivo a quattro lenti con schema Tessar modificato. La lente posteriore, realizzata in vetro LaK9 ad alto indice di rifrazione (n=1,72), consentì di ridurre le dimensioni complessive del barilotto mantenendo un’illuminazione uniforme ai bordi del fotogramma. Il trattamento antiriflesso AR-2, applicato in doppio strato (MgF₂ + SiO₂), portò la trasmissione luminosa al 97,3% per ogni superficie, riducendo il flare anche in controluce estrema.
Una versione speciale della Gamma III, prodotta in soli 50 esemplari per l’Aeronautica Militare Italiana, incorporava un mirino a pozzetto con reticolo illuminato a trizio e un adattatore per pellicola 70 mm perforata caricata in caricatori ermetici. Questi apparecchi, utilizzati per fotografia aerea a bassa quota, impiegavano ottiche Telelog 135 mm f/4 con gruppo anteriore flottante per compensare le variazioni di temperatura in quota.
Transizione verso modelli economici e diversificazione (1951-1956)
La crescente concorrenza delle fotocamere giapponesi a basso costo spinse la Gamma S.r.L. a diversificare la produzione verso modelli più accessibili, senza però rinunciare all’innovazione tecnologica. Nel 1951 fu lanciata la serie Perla, caratterizzata dall’adozione di un otturatore centrale Compur Rapid a cinque lamelle in acciaio inossidabile. Questo componente, importato dalla Germania Ovest, offriva tempi da 1 s a 1/500 s con sincronizzazione flash X/M regolabile, ma richiese un ridisegno completo del corpo macchina per accogliere il nuovo meccanismo.
La Perla I mantenne il formato 24×36 mm ma ridusse le dimensioni complessive grazie a un corpo in lega di magnesio AZ31 pressofuso, una scelta pionieristica che abbassò il peso a 580 g contro i 720 g della Gamma III. L’obiettivo standard divenne il Cassar 50 mm f/3.5, un tripletto ottico con lenti cementate in Canada balsam per eliminare le riflessioni interne. Nonostante la semplicità dello schema ottico, i test indipendenti dell’epoca rilevarono una risoluzione di 54 linee/mm a piena apertura, superiore a molti obiettivi a quattro elementi di fabbricazione giapponese.
Il 1953 segnò l’ingresso nel segmento delle fotocamere economiche con la Stella, equipaggiata con un otturatore Pronto a tre lamelle e tempi limitati a 1/25–1/200 s. Per contenere i costi, il corpo fu realizzato in Bakelite rinforzata con inserti metallici, mentre l’obiettivo Kata Staeble 50 mm f/3.5 adottò lenti stampate in vetro BK7 non trattate. Nonostante le limitazioni tecniche, la Stella introdusse un avanzamento a leva singola con corsa di 130°, più ergonomico rispetto alla ghiera tradizionale.
Due anni dopo, la Alba rappresentò un ulteriore passo verso la semplificazione produttiva. Il modello Alba A montava un obiettivo Radionar 50 mm f/4.5 con messa a fuoco fissa, calibrato per la distanza iperfocale a 5 metri. L’assenza di telemetro fu compensata da una scala di profondità di campo stampata direttamente sul barilotto, mentre l’otturatore Vario a due lamelle permetteva solo i tempi 1/50 s e 1/100 s. Nonostante le specifiche modeste, l’Alba si distinse per il sistema di caricamento rapido a cassetta precaricata, anticipando soluzioni che sarebbero diventate standard negli anni ’60.
Il picco dell’innovazione si raggiunse nel 1956 con la Perla II, che integrava un esposimetro al selenio accoppiato alla ghiera dei tempi. Il fotocellula, prodotta dalla Borletti di Milano, aveva una sensibilità di 12 μA/lux e pilotava un galvanometro a specchio visibile nel mirino. Il sistema, sebbene limitato a EV 8–15, rappresentò il primo esempio italiano di esposizione semiautomatica in una fotocamera compatta.
Declino tecnologico e chiusura (1956-1958)
Gli ultimi anni della Gamma S.r.L. furono segnati da sfide tecniche e commerciali sempre più complesse. La Atom del 1957, progettata come fotocamera ultraeconomica, adottò un corpo in ABS stampato con otturatore singola lamella in plastica, capace di soli due tempi (1/60 s e B). L’obiettivo Ennagon 45 mm f/6.3, un singoletto in vetro crown, offriva prestazioni ottiche appena sufficienti per stampe in formato cartolina, ma consentiva di ridurre il prezzo al di sotto delle 25.000 lire, un terzo del costo della Perla I.
Il tentativo di competere nel mercato delle reflex si concretizzò nel prototipo Gamma Reflex, presentato alla Fiera di Milano del 1957. Dotata di un specchio a ritorno istantaneo azionato da una molla a spirale e di un pentaprisma in vetro SK16 con trattamento antiriflesso, la fotocamera soffrì però di problemi di vibrazioni e disallineamento ottico. L’unico esemplare funzionante, oggi conservato al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, mostra un angolo di copertura dell’obiettivo limitato a 40°, insufficiente per il formato 24×36 mm.
La crisi definitiva giunse nel 1958, quando un’azione legale della Ernemann-Werke tedesca costrinse la Gamma S.r.L. a ritirare dal mercato gli otturatori rapidi oltre 1/500 s, ritenuti violazione del brevetto DRP 423.099. Senza la possibilità di aggiornare i propri meccanismi, e con l’avvento delle fotocamere giapponesi a otturatore tenda in tessuto gommato, l’azienda cessò la produzione dopo aver realizzato circa 2.500 esemplari totali tra tutti i modelli.