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Talbot & Eamer

La società Talbot & Eamer nacque in Inghilterra nella seconda metà del XIX secolo, in un momento in cui l’interesse per la meccanizzazione della fotografia e la costruzione di dispositivi ottici di precisione si stava intensificando. Non va confusa con la figura ben più celebre di William Henry Fox Talbot, pioniere del calotipo, benché il nome sembri voler evocare un richiamo autorevole alla primissima generazione di inventori fotografici. I fondatori, Edwin Talbot (nessuna parentela accertata con Fox Talbot) e Charles Eamer, erano due ingegneri ottici con esperienze maturate nei settori dell’orologeria e della strumentazione scientifica. Si incontrarono a Birmingham, città al centro della rivoluzione industriale britannica, e decisero di unire le forze per fondare una piccola officina specializzata nella realizzazione di fotocamere in legno lucidato e ottiche di precisione in ottone.

Il marchio Talbot & Eamer iniziò la produzione nel 1872 e rimase attivo almeno fino al 1891, quando la società venne rilevata da un consorzio più ampio che inglobò anche altri produttori minori. La loro sede era situata in un laboratorio al civico 14 di Camden Street, nella zona industriale di Birmingham, e nel primo decennio di attività concentrarono i loro sforzi sullo sviluppo di fotocamere da campo per uso topografico e macchine stereo. Sin dagli esordi, i dispositivi prodotti dalla ditta si distinsero per l’elevata qualità dei materiali e per l’accuratezza meccanica delle componenti mobili.

Il legno utilizzato per la struttura dei corpi macchina era mogano stagionato di importazione, trattato con vernici naturali e montato su giunti a coda di rondine, mentre le guide dei soffietti erano ricavate da barre di ottone piene, lucidate a specchio e incise con numerazione micrometrica. I soffietti, a fisarmonica, venivano cuciti a mano in tela cerata e pelle, secondo un metodo che garantiva tenuta alla luce e flessibilità nell’estensione. L’attenzione ai dettagli non era solo estetica ma funzionale, e rispondeva alle esigenze di una fotografia di precisione destinata a topografi, esploratori e scienziati.

Le fotocamere Talbot & Eamer venivano proposte in più formati, principalmente 6×9, 10×12 e 13×18 centimetri, e offrivano un sistema a corpi estensibili su guide rigide, con livelle a bolla incorporate e piastre intercambiabili per lastre al collodio. La precisione degli ingranaggi consentiva una messa a fuoco micrometrica, grazie a una manopola in ottone azionante un cremagliera interna posta alla base del piano focale. Questa soluzione era particolarmente apprezzata da cartografi e naturalisti, che necessitavano di esattezza nel rilievo delle proporzioni.

Il cuore ottico della maggior parte dei modelli era costituito da lenti achromatiche a doppietto o, nei modelli di punta, da obiettivi Petzval modificati, forniti da terzisti come Ross di Londra e, in alcuni casi, dalla Dallmeyer. La società non produceva internamente le ottiche ma selezionava solo quelle con trattamenti antiriflesso applicati a mano e schema simmetrico correttivo, capaci di ridurre le aberrazioni cromatiche nelle riprese all’aperto.

Talbot & Eamer furono anche tra i primi, prima del 1880, a dotare alcune fotocamere da studio di un sistema di decoupling a molla per l’otturatore, una novità tecnica che permetteva un’esposizione regolata con una certa continuità, piuttosto che affidata ai tradizionali tappi o agli otturatori a disco rotante. Il sistema prevedeva un meccanismo in acciaio armonico caricato da una leva che, rilasciata, attivava il movimento controllato di una tendina verticale.

Degna di nota è la presenza di un attacco per treppiede realizzato in bronzo fresato, integrato direttamente nella base, con filettatura a passo Whitworth. Questo tipo di soluzione garantiva maggiore stabilità durante le lunghe esposizioni in ambienti ventosi o su terreni disagevoli. Anche i meccanismi di bloccaggio delle slitte erano progettati in modo da evitare micromovimenti, un difetto comune nei modelli contemporanei costruiti in serie.

Le fotocamere Talbot & Eamer vennero concepite fin dall’inizio per una clientela professionale e istituzionale, e non per il mercato amatoriale. I primi committenti furono società geodetiche, studi ingegneristici e spedizioni scientifiche impegnate in progetti di rilevamento coloniale nei territori dell’Impero britannico. Alcuni modelli furono venduti alla Royal Engineers Survey Department per l’uso nella mappatura dell’India settentrionale, mentre altri vennero adottati da università e musei per la documentazione di reperti archeologici e fossili.

Talbot & Eamer parteciparono con regolarità a fiere internazionali, tra cui l’Esposizione Universale di Parigi del 1878, dove presentarono una fotocamera da campo su treppiede in frassino e ottone con lenti intercambiabili e piastre in vetro per negativo al collodio umido. La macchina ricevette una menzione d’onore per la sua precisione costruttiva e per il sistema di livellamento a tre assi integrato nella base.

Un aspetto significativo è che l’azienda non adottò mai la produzione in larga scala. Ogni unità veniva costruita su ordinazione e poteva essere personalizzata nel formato del piano focale, nella lunghezza del soffietto e nel tipo di lente montata. Questo comportava costi molto elevati ma garantiva affidabilità assoluta, tanto che alcune fotocamere risultano ancora oggi utilizzabili con minime riparazioni.

Il loro catalogo includeva, oltre ai modelli da campo e da studio, anche camere stereoscopiche, prevalentemente destinate a viaggiatori o naturalisti, complete di ottiche gemelle montate su supporto rigido e visore per lastre in rilievo. Gli apparecchi stereoscopici Talbot & Eamer erano noti per l’eccellente sincronizzazione delle due immagini, grazie alla registrazione simultanea meccanica delle ottiche gemelle, ottenuta tramite ingranaggi accoppiati con tolleranza inferiore al decimo di millimetro.

Alla fine degli anni Ottanta del XIX secolo, il panorama fotografico stava cambiando profondamente. Con l’avvento della pellicola in rullo e della fotografia amatoriale su larga scala promossa da Kodak, la richiesta di fotocamere artigianali di grande formato subì un inevitabile declino. Talbot & Eamer, che non si erano adeguati alle nuove tecnologie della pellicola flessibile e alle logiche produttive seriali, iniziarono a perdere competitività.

Nel 1891 la società venne acquisita da una cordata commerciale di Birmingham, composta da ex produttori di strumenti ottici e da investitori legati al mondo delle attrezzature scientifiche. Il marchio venne dismesso nel 1893 e molti dei prototipi originali andarono dispersi o smontati per recuperare i metalli. Alcuni modelli superstiti si trovano oggi in musei specializzati come il Science and Industry Museum di Manchester e il Museum of the History of Science di Oxford, dove vengono esposti come esempi di tecnologia fotografica pre-industriale.

Una piccola quantità di fotocamere firmate Talbot & Eamer è ancora in mano a collezionisti privati e restauratori. I modelli più rari sono considerati di grande valore per l’altissimo livello artigianale, la precisione meccanica e la qualità dei materiali, e rappresentano una testimonianza preziosa di un’epoca in cui la fotografia era ancora intimamente legata alla meccanica di precisione e alla sperimentazione ottica.

Le loro fotocamere, seppur meno note di quelle di Thornton-Pickard o di Lancaster, costituiscono un riferimento importante per comprendere la fotografia come pratica scientifica e tecnica nella seconda metà del XIX secolo, prima dell’avvento della democratizzazione visiva inaugurata dal XX secolo. Nel mondo dei collezionisti, il nome Talbot & Eamer sopravvive come marchio di eccellenza artigianale, con un’aura quasi mitica dovuta alla rarità dei pezzi rimasti.

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