La Newman & Guardia prende forma a Londra nel 1893, quando i due soci Edward John Newman e William Henry Guardia decidono di unire le proprie competenze per rispondere alla crescente domanda di macchine fotografiche di alta qualità nella Nuova Era Vittoriana. Entrambi vantavano un solido background tecnico: Newman, originario di Islington, aveva maturato esperienza come ingegnere di precisione presso una fornace metalmeccanica londinese, dove si era formato sulle leghe leggere e sulle tecniche di fresatura; Guardia, cresciuto nei pressi di Brighton, proveniva dal settore ottico, avendo collaborato con rinomati costruttori di lenti a Chichester. L’incontro di queste due figure diede vita a un progetto ambizioso, che mirava a produrre apparecchi portatili e robusti, capaci di competere con le grandi firme tedesche, ma con il vantaggio di essere interamente concepiti e assemblati a mano nel cuore di Londra.
Lo stabilimento originario, situato in una corte interna di Hoxton, ospitava una piccola officina dove si lavoravano i corpi macchina in ottone nichelato, affiancata da una sala di prova per otturatori e da un laboratorio ottico per controlli qualità. Il modello organizzativo era improntato a una struttura snella, in cui ogni fase – dalla progettazione alla finitura – veniva supervisionata dai due soci e da un ristretto team di artigiani specializzati. Il primo catalogo, pubblicato nel 1894, includeva una macchina da campo in legno di noce con estensioni per rotazione del dorso, una folding camera compatta con giunti a scomparsa e un set di portapiastre intercambiabili.
La filosofia aziendale enfatizzava tre princìpi fondamentali: precisione meccanica, versatilità operativa e curatezza estetica. Ogni camera veniva rifinita con nichelatura brillante, manopole rivestite in pelle conciata e viti calibrate, fornite in confezioni numerate. I manuali d’uso, stampati su carta pesante avorio, descrivevano le procedure di montaggio, messa a fuoco e cambio delle lastre, riportando anche schemi di manutenzione ordinaria. Anche la comunicazione con i rivenditori veniva gestita personalmente da Newman, che allestiva dimostrazioni dal vivo nei negozi di Bloomsbury e Sussex.
Ad appena due anni dalla fondazione, l’azienda ottenne importanti commesse per forniture governative e per studi fotografici professionali, in particolare nel settore del ritratto teatrale e della fotografia industriale. Le camere da banco prodotto da Newman & Guardia venivano utilizzate per campagne di ripresa di impianti manifatturieri e acciaierie, grazie alla capacità di montare obiettivi a lunga focale e di garantire stabilità dimensionale nell’esposizione di lastre da 8×10 e 12×15 pollici. Negli stessi anni fu sviluppato un otturatore a tendina multipla, brevettato dai due soci nel 1896, capace di offrire tempi di posa rapidi fino a 1/250 di secondo, un’innovazione che consolidò la reputazione di tecnologia avanzata della ditta.
L’espansione si accompagnò all’apertura di una filiale secondaria a Manchester, con uffici di assistenza tecnica e un piccolo magazzino ricambi. Nonostante le dimensioni contenute, la capacità produttiva raggiunse le 200 unità mensili nel 1898, un numero significativo per un atelier artigianale. La stretta supervisione di Newman e Guardia, unita a una selezione accurata dei metalli e alla collaborazione con ottimizzatori di fibre fotografiche per garantire una perfetta planarità dei piani focali, pose le basi di un modello d’impresa fondato sulla qualità senza compromessi.
Modelli principali
La produzione Newman & Guardia si sviluppò rapidamente su tre linee di prodotto principali: le macchine da campo, le folding camera e le plate camera da studio. Ciascuna linea si caratterizzava per una propria gamma di formati, finiture e accessori, offrendo soluzioni adattabili a diversi segmenti di mercato.
Le macchine da campo erano costruite in legno di noce assemblato con giunti a coda di rondine e rinforzi metallici in ottone. Erano previste versioni per formati 4¼×5¼, 5×7 e 6½×8½ pollici, tutte dotate di portapiastre a estrazione rapida e di un dorso modulare che consentiva l’uso sia di lastre rigide che di custodie a soffietto per lastre ritagliabili. L’obiettivo montato di serie era spesso un Rapid Rectilinear f/8, ma i clienti potevano ordinare su richiesta versioni con Anastigmat f/6,3 o Tessar f/4,5, complete di filtri gialli e rossi per il controllo del contrasto sulle emulsioni ortocromatiche dell’epoca. L’otturatore a tendina brevettato permetteva scatti fino a 1/250 s e aperture di passo fino a f/64, assicurando un’eccellente profondità di campo per le riprese paesaggistiche e architettoniche.
Le folding camera destinavano ciascun modello a un pubblico più amatoriale, pur mantenendo movimenti di precisione per la messa a fuoco. Dal compatto “N&G No. 1” per film 120 con 6×9 cm a soffietto di tela nera, fino al robusto “Field Special” per lastre 5×7 in legno di acero, queste fotocamere offrivano un meccanismo di abbassamento rapido, ingombro ridotto in chiusura e un mirino a prismi intercambiabile. Il telaio incluso un livello a bolla e un minimo basamento in ottone per il montaggio su cavalletto, mentre il paraluce ripieghevole garantiva protezione e riduzione dei riflessi.
Le plate camera da studio erano destinate a studi specializzati in fotografia commerciale e artistica. Realizzate in legno di gibbs, presentavano movimenti avanzati: basculaggio, compensazione e decentramento anteriore e posteriore, abbinati a guide in ottone tornito e binari con fermagli micrometrici. Era possibile montare complessi set di obiettivi grandangolari e teleobiettivi su portottiche intercambiabili, regolando inclinazioni fino a 10° per controllare linee di prospettiva e piani di messa a fuoco selettiva. Le versioni da studio venivano consegnate con un corredo di mezzi formato, supporti per lastre da 8×10, 11×14 e 16×20 pollici, oltre a un piccolo tavolo di sviluppo integrato che permetteva di trattare le lastre immediatamente dopo lo scatto.
Ciascun modello veniva catalogato con un numero progressivo e fornito di un libretto tecnico contenente le specifiche dimensionali, la sequenza di montaggio, le istruzioni per la manutenzione e le tabelle di esposizione per emulsioni comuni. L’attenzione alla modularità consentiva di aggiornare i vecchi modelli con nuove guarnizioni, aggiornamenti del sistema di otturazione o nuove opzioni di mirini, prolungando la vita utile delle apparecchiature e consolidando il rapporto con la clientela professionale.
Caratteristiche tecniche
Il controllo dei processi produttivi era uno degli aspetti distintivi di Newman & Guardia: ogni componente meccanico e ottico veniva realizzato internamente e sottoposto a procedure di verifica dimensionale con strumenti di precisione. I corpi macchina in legno venivano fresati da blocchi di noce stagionato, essiccato per almeno sei mesi e rettificato su guide piane. Le superfici interne venivano trattate con vernice opaca nera per eliminare riflessi indesiderati, mentre gli spigoli esterni ricevevano una leggera smussatura per garantire maggiore resistenza agli urti.
Le parti metalliche – leve, viti, guide – erano ricavate da barre di ottone da 10 mm o 15 mm e lavorate con torni automatici di precisione. Le filettature venivano controllate con comparatori a blocchetti e ogni vite passava attraverso un ciclo di nichelatura galvanica, che ne migliorava la resistenza alla corrosione. Gli ingranaggi interni degli otturatori a tendina multipla erano forgiati e lucidati a mano, per ridurre al minimo l’attrito e garantire tempi di chiusura ripetibili su migliaia di cicli. Ogni otturatore riceveva un test di funzionamento su banco ottico, misurando la consistenza dei tempi con un cronografo a specchi.
Le lenti venivano prodotte in partnership con un laboratorio ottico di Rochester, che forniva vetri selezionati ad alto indice di rifrazione. Il montaggio delle lenti su ghiera era eseguito con compound siliconici e guarnizioni in feltro per prevenire infiltrazioni di polvere. La centratura e il collimamento ottico erano effettuati con collimatori autocentranti e goniometri di precisione, per garantire il massimo rendimento sul sensore a lastre. Le superfici ricevevano un semplice trattamento antiriflesso basato su olii minerali, in grado di ridurre il flare pur mantenendo la trasmissione luminosa su un buon 92%.
Il soffietto per le folding camera era cucito in tela india, con fodera interna in gomma vulcanizzata per garantire l’ermeticità alla luce. Ogni piega veniva termocompressa e adesivata con colla animale, sottoposta a prove di piega per oltre 100.000 cicli di apertura e chiusura. Gli angoli e i rinforzi erano sagomati in ottone stampato, fissato con rivetti a testa svasata, mentre i rail di guida in ottone lucidato erano verificati con micrometri a contatto per assicurare scorrimenti privi di gioco.
La fase finale di assemblaggio prevedeva un controllo qualità complessivo: montaggio su cavalletto, livellamento ottico del mirino, calibrazione del contafotogrammi, verifica di tenuta della lamelle dell’otturatore e test di esposizione su piastra di vetro per controllare uniformità e inclinazione del piano focale. Solo al superamento di tutte le prove le macchine venivano numerate e confezionate in custodie rigide con accessori di base (paraluce, lentino di messa a fuoco, chiave di regolazione).
Fin dai primi anni del Novecento, Newman & Guardia mantenne un posizionamento di nicchia: macchine costose, costruite a mano, destinate a professionisti e appassionati d’élite. La rete di vendita privilegiò centri fotografici specializzati a Londra, Parigi e New York, con punti assistenza dove tecnici formati dalla casa madre offrivano riparazioni e aggiornamenti. Durante la Grande Guerra, la produzione rallentò a causa della scarsità di legno pregiato e del richiamo in servizio di molti artigiani, ma l’azienda riuscì a fornire supporto ottico per apparecchi militari, riproponendo alcuni modelli con camouflage e rivestimenti protettivi.
Negli anni Venti, l’avvento delle fotocamere a rullo e dei formati 35 mm iniziò a erodere progressivamente la domanda di plate camera da campo e folding camera di lusso. Newman & Guardia, fedele alla propria filosofia artigianale, decise di non ridurre la qualità né di scendere sul piano dei volumi; questo scollamento dalle esigenze di mercato portò a un calo delle vendite e a una contrazione della linea produttiva. Nel 1930 la compagnia contava circa 15 dipendenti e una produzione annua di meno di 500 unità; alla morte di Edward Newman nel 1932, William Guardia mantenne la produzione solo fino al 1938, quando chiuse definitivamente i reparti meccanici.
Parte del patrimonio tecnico e documentale venne acquisito dal National Museum of Photography, Film & Television di Bradford, che oggi conserva modelli esemplari, manuali originali, schizzi di progetto e i registri di produzione. Alcuni collezionisti privati detengono rarissimi prototipi pre-1896 con otturatore sperimentale, mentre esemplari firmati porpora (edizione limitata per studi reali) sono custoditi in musei fotografici di Copenhagen e San Francisco. Le fotocamere Newman & Guardia sono oggi riconosciute per la loro eccellenza tecnica, la stabilità meccanica e il valore storico, rappresentando un caposaldo dell’ingegneria fotografica britannica d’inizio Novecento.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
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Sono anche una sostenitrice della conservazione della memoria visiva. Ritengo che le immagini abbiano il potere di raccontare storie e preservare momenti significativi. Con un approccio critico e riflessivo, invito i miei lettori a considerare il valore estetico e l’impatto culturale delle fotografie.
Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.