La storia della Lumière è profondamente intrecciata con quella dei fratelli Auguste (1862–1954) e Louis Lumière (1864–1948), pionieri che hanno segnato una svolta epocale nella fotografia e nel cinema. Figli di Charles Antoine Lumière (1840–1911), fotografo e imprenditore, i fratelli Lumière non solo rivoluzionarono il modo di vedere la realtà attraverso la loro invenzione del cinématographe, ma contribuirono anche allo sviluppo della fotografia a colori con il processo Autochrome. Il loro contributo si estende ben oltre la semplice invenzione tecnica, influenzando la cultura visiva e la tecnologia fotografica per tutto il XX secolo.
La famiglia Lumière, originaria di Besançon, si trasferì nel 1870 a Lione, città che divenne il fulcro della loro attività. Auguste e Louis frequentarono istituti tecnici, sviluppando competenze che applicarono fin da giovani nell’azienda paterna, specializzata nella produzione di lastre fotografiche ad alta sensibilità.
Nel 1881 Louis brevettò la lastra Etiquette bleue, che ridusse drasticamente i tempi di esposizione, aprendo la strada a una fotografia più accessibile e pratica. Nel 1893, mentre la fotografia si diffondeva rapidamente, i fratelli iniziarono a lavorare a un progetto che avrebbe cambiato per sempre la storia della comunicazione visiva: il cinématographe.
Il 13 febbraio 1895 Auguste e Louis Lumière brevettarono il cinématographe, un dispositivo che combinava macchina da presa, sviluppatrice e proiettore in un unico apparecchio. Il cinématographe utilizzava pellicola perforata da 35 mm, con un formato di fotogramma di 24×36 mm, che sarebbe diventato lo standard mondiale per la fotografia e il cinema.
Il meccanismo di avanzamento intermittente della pellicola, ispirato al movimento delle macchine da cucire, permetteva di proiettare immagini a circa 16 fotogrammi al secondo, sfruttando il fenomeno della persistenza della visione per creare l’illusione del movimento continuo.
Il 28 dicembre 1895, al Grand Café di Parigi, i Lumière proiettarono dieci cortometraggi, tra cui il celebre L’uscita dalle officine Lumière a Lione. Questo evento è comunemente considerato la nascita ufficiale del cinema. I film successivi, come L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat e L’innaffiatore innaffiato, mostrarono la capacità del cinema di catturare la vita quotidiana e di intrattenere il pubblico, segnando l’inizio di una nuova forma d’arte.
Il successo del cinématographe fu rapido e globale. Nel 1896 i Lumière inviarono operatori in tutto il mondo per mostrare i loro film e girare nuovi materiali, contribuendo alla nascita della figura del cinematografista itinerante. Questi pionieri portarono il cinema in città lontane, trasformandolo in un fenomeno di massa.
Nonostante ciò, i fratelli Lumière considerarono il cinema un fenomeno passeggero e decisero di abbandonare presto la produzione cinematografica, concentrandosi invece sulla fotografia e sui materiali sensibili. La loro visione imprenditoriale li portò a vendere i diritti del cinématographe a Charles Pathé, che industrializzò e globalizzò il cinema.
Nel 1903 i Lumière brevettarono il processo Autochrome, primo metodo commerciale di fotografia a colori. Basato su una lastra di vetro ricoperta da una matrice di granuli di amido di patata colorati (arancione, verde e viola), il sistema sfruttava un processo additivo: la luce filtrata dai granuli colorati impressionava una pellicola ortocromatica sottostante, producendo un’immagine a colori senza necessità di stampa separata.
L’Autochrome, immesso sul mercato nel 1907, fu un successo per la sua resa cromatica naturale e la semplicità d’uso, sebbene richiedesse tempi di esposizione più lunghi e l’uso del cavalletto. Questo processo dominò la fotografia a colori fino agli anni ’30, influenzando profondamente la percezione visiva del mondo.
Oltre al cinema e alla fotografia a colori, i Lumière furono pionieri nella fotografia stereoscopica, nella fotografia a raggi X e nella produzione di materiali fotografici di alta qualità. La loro fabbrica di Lione divenne uno dei principali centri europei per la produzione di lastre, pellicole e prodotti chimici, contribuendo alla diffusione della fotografia amatoriale e professionale.
Il cinématographe rappresentava un concentrato di ingegneria meccanica e ottica: la pellicola perforata da 35 mm, con fori laterali per il trascinamento, e il meccanismo intermittente assicuravano un avanzamento preciso e un’esposizione uniforme. L’otturatore a tendina, con tempi regolabili, garantiva la nitidezza delle immagini in movimento.
Il processo Autochrome, invece, era una raffinata combinazione di chimica e ottica: la matrice di granuli di amido colorati, con dimensioni di circa 15 micrometri, agiva da filtro naturale, mentre la pellicola ortocromatica catturava l’immagine in bianco e nero modulata dai colori. La complessità del processo richiedeva una produzione industriale di precisione, che i Lumière seppero garantire.
Il contributo dei Lumière va oltre la mera invenzione tecnica: il loro cinématographe inaugurò una nuova forma di narrazione visiva, capace di documentare la realtà e di creare spettacoli di intrattenimento. Le loro vedute, caratterizzate da inquadrature singole e profondità di campo estesa, rappresentano un patrimonio visivo unico.
La fabbrica Lumière, situata nel quartiere Monplaisir di Lione, non fu solo il luogo di produzione di materiali fotografici, ma anche il teatro delle prime riprese cinematografiche. Il film “L’uscita dalle officine Lumière” fu girato proprio all’esterno di questa fabbrica, immortalando gli operai mentre terminavano la loro giornata lavorativa. Questa scena, apparentemente ordinaria, segnò l’inizio di una nuova era nella comunicazione visiva.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
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