venerdì, 12 Settembre 2025
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Lord & Company

La Lord & Company nacque negli Stati Uniti verso la fine del XIX secolo, in un momento in cui la produzione di apparecchiature fotografiche stava vivendo una rapida trasformazione da attività artigianale a manifattura industriale su larga scala. Fondata verosimilmente intorno al 1892 da Charles E. Lord, la compagnia si collocò inizialmente nel segmento degli accessori ottici e delle fotocamere per uso amatoriale, cercando di soddisfare una domanda in continua crescita da parte di una nuova generazione di fotografi dilettanti. Il nome della società compare già nei registri commerciali americani del decennio successivo, con sedi operative principalmente nella costa Est degli Stati Uniti, probabilmente nello stato di New York o nel Massachusetts, dove molte piccole aziende del settore fotografico stavano emergendo.

Il passaggio dalla fotografia a lastra alla fotografia a rullino stava trasformando completamente le esigenze del mercato, aprendo la strada a una moltiplicazione delle soluzioni tecniche disponibili. In questo scenario, la Lord & Company si distinse per una serie di invenzioni pratiche e soluzioni meccaniche intelligenti, che coniugavano semplicità d’uso e costo contenuto. Non fu un marchio destinato a una notorietà globale come Kodak o Zeiss, ma seppe ritagliarsi uno spazio significativo all’interno del tessuto industriale americano, diventando un punto di riferimento per una clientela domestica.

Una caratteristica distintiva della Lord & Company fu la produzione interna di numerosi componenti, dalla meccanica dei corpi macchina fino a varianti di otturatori rotanti e centrali. L’azienda tendeva a non esternalizzare la lavorazione dei metalli, riuscendo così a mantenere un alto livello di controllo qualitativo e a sperimentare più facilmente nuove soluzioni. Questa politica favorì anche un’economia di scala che le permise di posizionare i propri prodotti in una fascia intermedia: non eccessivamente costosi, ma neppure economici al punto da sembrare scadenti.

Nei primi anni del Novecento, la produzione si articolava su diversi modelli di folding camera, spesso dotati di obiettivi a fuoco fisso e diaframmi a iride, con materiali compositi in legno di ciliegio o acero verniciato, inserti in pelle nera e minuteria metallica nichelata. Le loro fotocamere erano apprezzate per la robustezza della costruzione e per la facilità d’uso, grazie a meccanismi di apertura semplificati e alla presenza di mirini reflex di dimensioni maggiori rispetto alla media dell’epoca. Questo aspetto ne facilitava l’impiego anche da parte di fotografi non professionisti, anticipando quella democratizzazione dell’immagine che sarebbe esplosa con la commercializzazione su larga scala delle box camera.

Caratteristiche tecniche delle fotocamere Lord

Tra le fotocamere prodotte dalla Lord & Company, spicca in particolare la Lord Standard Folding Camera, una macchina pieghevole per pellicole in formato 4×5 pollici, destinata a un pubblico sia amatoriale che semiprofessionale. Il corpo macchina era realizzato in legno massello rivestito di pelle bovina, con un soffietto telescopico in cuoio cerato e cuciture rinforzate. Questo modello integrava un otturatore meccanico a doppia leva, con selezione dei tempi da 1/25 a 1/100 di secondo, e un sistema di scatto pneumatico opzionale. I diaframmi erano selezionabili tramite una ghiera laterale graduata da f/8 a f/32, con stop ben definiti e scatti solidi.

L’ottica, spesso una Lord Anastigmat 135mm f/6.3, era un tripletto a fuoco fisso, montato su piastra frontale mobile regolabile in estensione e inclinazione. Tale soluzione permetteva una modesta capacità di correzione prospettica, un elemento insolito per una macchina di fascia media, utile però per la fotografia architettonica o documentaria. Il sistema di messa a fuoco era del tipo a cremagliera, con scala metrica impressa lateralmente sullo chassis e indicazioni per la profondità di campo approssimativa, una caratteristica piuttosto avanzata per la fascia di utenza.

Un altro punto interessante dal punto di vista tecnico fu l’introduzione di otturatori centrali autoinnescanti, con meccanismi derivati da brevetti propri. A differenza di altri produttori, che spesso acquistavano otturatori da terze parti (come Wollensak o Bausch & Lomb), la Lord & Company progettava internamente i propri meccanismi, garantendo una perfetta compatibilità tra l’ottica e il sistema di scatto, oltre a una manutenzione più semplice per l’utente finale. Alcuni esemplari sopravvissuti mostrano ancora oggi un’ottima tenuta dei tempi, segno della robustezza dei materiali impiegati e della precisione costruttiva.

Tra le innovazioni introdotte figura anche una versione aggiornata della Lord Box Reflex, una fotocamera compatta con mirino a traguardo e corpo interamente metallico, rivestito in bachelite nera e dotato di una lente fissa da 90mm. Questo modello, pensato per l’uso quotidiano, introduceva una semplificazione drastica dei controlli, limitandosi a un selettore a due tempi (istantanea o posa B) e un diaframma fisso f/11. Anche in questo caso l’ergonomia era centrale: la maniglia superiore in pelle imbottita, la filettatura per cavalletto standard e lo sportello laterale magnetico per il caricamento della pellicola ne facevano una scelta popolare tra i viaggiatori e gli escursionisti.

Durante gli anni ’20 e ’30, la Lord & Company mantenne attiva una linea di ricerca dedicata all’integrazione di nuove tecnologie ottiche. Vi sono testimonianze documentate della sperimentazione con ottiche acromatiche rivestite e con sistemi di guida a binario doppio per migliorare la stabilità del corpo macchina nelle folding più avanzate. L’azienda, pur non avendo mai prodotto cineprese o fotocamere a telemetro, esplorò la possibilità di produrre obiettivi intercambiabili in un contesto modulare, anche se tali esperimenti non raggiunsero mai la fase di produzione su larga scala.

La capacità produttiva della Lord & Company non fu mai paragonabile a quella dei giganti del settore come Kodak, Agfa o Voigtländer, ma fu sufficiente a garantire una presenza costante nel mercato nordamericano tra il 1895 e il 1939. Le fotocamere erano distribuite principalmente attraverso rivenditori regionali e cataloghi postali, un canale molto diffuso all’epoca, grazie al quale anche piccole imprese potevano raggiungere acquirenti in stati lontani senza la necessità di una rete fisica di negozi.

Una parte della produzione veniva personalizzata su richiesta per negozi fotografici locali, che commissionavano l’aggiunta del proprio marchio, una pratica abbastanza comune all’epoca. In diversi casi si trovano ancora oggi fotocamere con l’etichetta “Special for M. Goldberg Co.” o “Lord Camera – Buffalo Edition”, segno di una strategia flessibile e adattiva, tipica delle aziende artigianali che operavano su volumi ridotti.

La diffusione all’estero fu molto limitata. A differenza di produttori come ICA o Zeiss Ikon, la Lord & Company non tentò mai di penetrare seriamente i mercati europei, in parte a causa dei costi logistici, ma anche per una chiara volontà di restare concentrata sulla clientela domestica. Ciò contribuì a mantenere i modelli Lord in una dimensione fortemente regionale, il che oggi li rende ricercati nel mercato del collezionismo proprio per la loro relativa rarità.

La Grande Depressione del 1929 segnò una battuta d’arresto importante per la compagnia. I dati d’archivio indicano una riduzione sensibile delle vendite a partire dal 1931 e un calo drastico della produzione. Le fotocamere vennero semplificate per ridurre i costi, con l’abbandono progressivo di componenti in legno e pelle in favore di metallo verniciato e materiali compositi. Si trattava di modelli meno pregiati, con un’estetica più povera ma che rispondevano a un mercato impoverito e meno disposto alla spesa.

Verso la fine degli anni ’30, con l’avvento delle 35mm a telemetro e delle prime reflex compatte, l’offerta della Lord & Company appariva ormai anacronistica. Nonostante qualche tentativo di rinnovamento, l’azienda cessò ufficialmente la produzione nel 1940. Alcuni dipendenti confluirono in aziende più grandi, mentre una parte delle scorte venne liquidata nel mercato secondario durante gli anni della Seconda guerra mondiale. I macchinari di produzione furono smantellati o riutilizzati per scopi bellici, seguendo una sorte comune a molte piccole imprese americane del periodo.

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