La Durst Phototechnik AG rappresenta una delle realtà più significative nel panorama della fotografia del XX secolo, con contributi tecnologici che hanno ridefinito standard produttivi e metodologie di stampa. Fondata nel 1929 dai fratelli Julius Durst (1909-1964) e Gilbert Durst (1912-2004) a Brixen, in Alto Adige, l’azienda si è distinta per la produzione di apparecchiature fotografiche, ingranditori e, in seguito, sistemi di stampa digitale. Questo articolo esplora le innovazioni tecniche, i modelli iconici e la transizione verso tecnologie avanzate che hanno caratterizzato l’evoluzione della Durst, con particolare attenzione agli aspetti ingegneristici e progettuali.
Le Origini e la Nascita della Durst Phototechnik
La storia della Durst inizia nel contesto culturale e industriale dell’Alto Adige degli anni ’20. Julius Durst, diplomato al Technikum di Costanza, e Gilbert Durst, formatosi presso un negozio di ottica a Innsbruck, unirono le loro competenze tecniche e commerciali per avviare un’attività di riparazione di apparecchi fotografici. Nel 1929, trasformarono questa passione in un’impresa strutturata, inizialmente focalizzata sulla produzione di accessori per camera oscura, come copiatrici per cartoline illustrate e dispositivi per il taglio della carta fotosensibile.
Uno dei primi successi tecnici fu lo sviluppo di una copiatrice automatica per negativi, brevettata nel 1934. Questo dispositivo utilizzava un sistema a rulli per trasportare il negativo e la carta fotosensibile, garantendo un’allineamento preciso e un’esposizione uniforme. La meccanica, realizzata in collaborazione con artigiani locali, impiegava componenti in ottone e legno, con tolleranze di lavorazione inferiori al millimetro5. La precisione costruttiva divenne un marchio di fabbrica dell’azienda, distinguendola dalla concorrenza dell’epoca, come la tedesca Leitz.
Nel 1936, con l’ingresso della famiglia Oberrauch come soci finanziatori, la Durst Phototechnik AG consolidò la sua struttura industriale. L’azienda si trasferì in un ex birrificio a Brixen, dove venne allestito un reparto di produzione dedicato alla fusione di leghe leggere per telai di ingranditori. L’uso dell’alluminio, materiale innovativo per l’epoca, permise di ridurre il peso delle apparecchiature senza comprometterne la stabilità.
Sviluppo di Fotocamere e Tecnologie per la Ripresa
Sebbene la Durst sia oggi associata principalmente agli ingranditori, il suo impegno nella produzione di fotocamere fu pionieristico. Nel 1938, l’azienda lanciò la Gil, una fotocamera a cassetta per formato 6×9 cm su pellicola a rullo. Il design, ispirato alle folding camera americane, integrava un obiettivo a menisco con apertura fissa f/11 e un otturatore a tendina con tempi di 1/25s e posa B. La Gil si distingueva per il meccanismo di blocco dell’esposizione multipla, un sistema a leva che avanzava automaticamente la pellicola dopo ogni scatto, evitando sovrapposizioni accidentali.
Il modello successivo, la Duca (1946), rappresentò un salto tecnologico. Progettata per il formato 35mm, utilizzava caricatori Karat da 12 pose e un obiettivo Durst Ducar 50mm f/11 con messa a fuoco a due posizioni (3 metri e infinito). L’otturatore, fisso a 1/30s con modalità “T” per pose lunghe, era azionato da una molla a ricarica manuale. La Duca era costruita in bachelite rinforzata con inserti metallici, una scelta dettata dalla carenza di alluminio nel dopoguerra. Nonostante le limitazioni tecniche, il design ergonomico e la compattezza (dimensioni: 120x75x40 mm) ne fecero un prodotto di culto tra i fotografi amatoriali.
L’apice dell’innovazione fu raggiunto nel 1956 con la Automatica, la prima fotocamera al mondo con esposizione automatica a priorità di diaframma. Il sistema si basava su una cellula al selenio montata attorno all’obiettivo, che misurava la luce ambientale e regolava il tempo di esposizione tramite un complesso meccanismo di lamine bimetalliche. L’otturatore, di tipo centrale, offriva tempi da 1/2s a 1/500s, sincronizzato con il flash a contatto diretto. La Automatica utilizzava pellicola 35mm e obiettivi intercambiabili con attacco a baionetta, un concetto rivoluzionario per l’epoca.
Ingresso nel Mercato degli Ingranditori e Automazione
A partire dagli anni ’50, la Durst focalizzò le risorse sugli ingranditori, settore in cui divenne leader globale. Il modello Durst 606, introdotto nel 1953, introdusse il concetto di testa mobile su colonna telescopica, permettendo regolazioni di ingrandimento senza spostare il piano di proiezione. La colonna, in lega di magnesio, garantiva rigidità strutturale e resistenza alla torsione, con una precisione di allineamento di ±0,05 mm/metro.
Nel 1962, la serie Durst Laborator introdusse funzionalità avanzate per laboratori professionali. L’L900, ad esempio, offriva un sistema di messa a fuoco automatizzato basato su un encoder ottico collegato a una scala graduata micrometrica. Il movimento della testa era controllato da un motore passo-passo, con risoluzione di 1/100 mm. Per la prima volta, un ingranditore integrava un esposimetro a luce trasmessa, con cellula al solfuro di cadmio collegata a un galvanometro analogico.
La Durst CLS 501 (1978) segnò l’ingresso nell’era elettronica. Equipaggiata con un microprocessore Zilog Z80, gestiva tempi di esposizione, contrasto e filtri per la stampa in bianco e nero mediante un sistema a matrice 4×4. I dati potevano essere memorizzati su schede magnetiche, anticipando concetti oggi comuni nella stampa digitale.
Transizione verso la Digitalizzazione e Sistemi di Stampa
La svolta digitale della Durst avvenne negli anni ’80, con lo sviluppo del Laserlab (1985), un sistema di esposizione laser per carta fotografica. Utilizzando un laser He-Ne a 632 nm e un poligono scannerizzatore, il Laserlab poteva raggiungere risoluzioni di 4000 dpi, sufficienti per stampe fino a 3 metri di larghezza. La calibrazione del colore era gestita da un software proprietario che interpretava i file RGB, convertendoli in segnali analogici per i modulatori acusto-ottici.
Nel 1994, la Durst lanciò la Lambda, la prima stampante digitale professionale per applicazioni grafiche. Basata su tecnologia LED a luce bianca, la Lambda utilizzava un array di 10.240 diodi per esporre carta fotosensibile in formato roll-to-roll. La risoluzione effettiva di 400 ppi e la velocità di 20 m²/ora la resero lo standard per la produzione di poster e backlit.
L’evoluzione continuò con le stampanti Durst Rho (2005), che adottarono testine piezoelettriche a getto d’inchiostro UV. Le Rho impiegavano inchiostri a bassa viscosità con particelle di pigmento di 1,2 micron, garantendo una gradazione di 10 picolitri per goccia. L’integrazione di un sistema di curing UV a LED permetteva l’essiccazione immediata su substrati non assorbenti come PVC e policarbonato.
Innovazioni nei Materiali e Processi Produttivi
La Durst si distinse per l’adozione precoce di materiali avanzati. Già negli anni ’30, sperimentò leghe di alluminio silumin (AlSi12) per i telai degli ingranditori, ottenendo un rapporto resistenza/peso superiore del 30% rispetto alla ghisa5. Negli anni ’70, introdusse guide lineari in politetrafluoroetilene (PTFE) rinforzato con fibra di vetro, riducendo l’attrito nei meccanismi di movimento del 70%.
Nei processi di stampa digitale, la Durst sviluppò il Durst Workflow Software (2002), una suite per la gestione del colore basata su algoritmi di curve di Bézier per la correzione tonale. Il software implementava un motore di rasterizzazione hardware (RIP) con supporto nativo per formati PDF e PostScript Level 3.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
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