La Gem Dry Plate Company Ltd. fu fondata a Londra nel 1881, in un momento cruciale per la trasformazione dell’industria fotografica britannica e per l’emergere della produzione industriale di lastre fotografiche secche. L’azienda nacque in un’epoca in cui la fotografia stava attraversando una transizione tecnica fondamentale: l’abbandono delle lastre umide al collodio in favore delle più pratiche lastre secche all’emulsione di gelatina e bromuro d’argento. Questa nuova tecnologia, sviluppata nei primi anni Settanta dell’Ottocento, trovò nell’Inghilterra vittoriana un terreno fertile per la meccanizzazione della produzione fotografica e per l’emergere di aziende specializzate nella fabbricazione di materiali fotosensibili pronti all’uso.
La Gem Dry Plate Co. fu fondata da Frederick W. Sawyer, un chimico industriale con esperienza nel campo della preparazione di materiali fotosensibili, e da Henry Prout, figura legata al commercio di articoli ottici e fotografici nell’area di Holborn. Fin dall’inizio, l’azienda si specializzò esclusivamente nella produzione di lastre fotografiche secche al gelatino-bromuro, destinate a un pubblico ampio: professionisti del ritratto, fotografi paesaggisti, operatori itineranti, ma anche amatori avanzati, sempre più numerosi nella società tardo-vittoriana.
La sede originaria della compagnia era situata a Holloway, nel nord di Londra, in un complesso industriale riconvertito da una precedente manifattura tessile. Gli impianti furono adattati alla lavorazione fotosensibile, includendo camere oscure, locali a temperatura controllata, ambienti di asciugatura ventilati e depositi di stoccaggio a basso tenore di umidità. L’attività avviata nel 1881 si inseriva nel più ampio fenomeno della standardizzazione dei supporti fotografici in epoca post-wet-plate. A differenza delle lastre al collodio, che dovevano essere sensibilizzate e sviluppate sul campo, le dry plates potevano essere preparate industrialmente, confezionate in scatole opache e spedite ovunque, pronte all’uso.
La Gem Dry Plate Company Ltd. si affermò rapidamente come una delle principali produttrici indipendenti del Regno Unito, seconda solo, per alcuni anni, alla Wratten & Wainwright e, a livello globale, all’emergente Eastman Dry Plate Company negli Stati Uniti. La sua specializzazione in lastre piane standard da 4×5 pollici, 5×7 pollici, 8×10 pollici e formati europei, le permise di servire un’ampia fascia del mercato, inclusi laboratori di stampa e studi di ritratto.
L’azienda fondava la propria credibilità sul rigore chimico della sua produzione. Le emulsioni erano realizzate secondo ricette originali che prevedevano l’uso di gelatina animale purificata, bromuro d’ammonio, e nitrato d’argento finemente calibrato. Ogni lotto veniva testato su densitometri ottici e mediante curve di esposizione standardizzate, in modo da garantire omogeneità di sensibilità, assenza di velature e alta risoluzione dei dettagli. Fu questa attenzione alla precisione chimica che permise alla Gem di imporsi come fornitore affidabile, soprattutto per gli operatori professionali.
Le lastre fotografiche Gem erano basate su un vetro ottico piano, trattato per eliminare impurità e migliorare l’adesione dell’emulsione. Il vetro veniva sottoposto a un processo di depolverizzazione con vapori acidi, seguito da una sgrassatura meccanica a base di silicato di sodio, che garantiva la totale adesione della gelatina sensibilizzata. Questo passaggio era fondamentale per evitare sollevamenti dell’emulsione durante lo sviluppo o il lavaggio.
L’emulsione fotografica era composta da una soluzione calda di gelatina fotografica tipo A, nella quale venivano disciolti con precisione chimica bromuri alcalini, ioduri e soluzioni acquose di nitrato d’argento. La reazione tra questi composti produceva, per doppio scambio, il bromuro d’argento in sospensione, che rappresentava il principio fotosensibile dell’intero sistema. Una volta formata, l’emulsione veniva lasciata maturare in appositi tini a temperatura controllata per diverse ore, affinché i cristalli raggiungessero dimensioni omogenee.
Successivamente, l’emulsione veniva filtrata e colata meccanicamente sulle lastre di vetro già preparate. Questo processo, noto come flow coating, consisteva nel far scorrere un velo sottile e omogeneo di emulsione su ogni lastra, in condizioni di luce rossa. Dopo l’asciugatura in camere ventilate e pulite da polveri, le lastre venivano tagliate, controllate al microscopio per rilevare imperfezioni, e quindi confezionate in pacchi da 6, 12 o 24 unità, separati da fogli di carta nera antistatica.
Le caratteristiche tecniche delle lastre Gem erano considerate tra le più avanzate del loro tempo. La sensibilità ISO equivalente si collocava, nelle versioni iniziali, attorno ai 5–8 gradi ISO, per poi salire nei modelli ortocromatici a valori ISO 20–25. La gamma tonale era ampia, con un’ottima linearità della curva H&D, che consentiva una buona latitudine di esposizione e un controllo prevedibile del contrasto. La granulosità era molto bassa, anche nei formati maggiori, rendendo le lastre ideali per ritratti a stampa diretta, vedute architettoniche e lavori fotomeccanici.
La Gem Dry Plate Company Ltd. produsse, nel corso degli anni, varianti ortocromatiche e, più tardi, anche lastre pancromatiche, adatte alla riproduzione fedele del rosso e del verde, tramite l’uso di sensibilizzatori a base di cianina. Questa innovazione, introdotta tra il 1902 e il 1906, fu essenziale per conquistare la clientela dei fotografi editoriali e dei primi cineoperatori.
Tra le peculiarità produttive si annovera anche la lavorazione su commessa: alcune serie di lastre venivano prodotte su richiesta per esposizioni scientifiche, astronomia, e microscopia fotografica, con trattamenti specifici come emulsioni a grana fine, coating bifacciale, o vetro otticamente neutro. L’azienda disponeva di un piccolo laboratorio interno di ricerca, nel quale venivano sperimentate varianti su base colloidale, inclusi tentativi di emulsione sensibilizzata al verde per la fotoincisione industriale.
La Gem Dry Plate Co. Ltd. operava in un mercato fortemente competitivo, ma riuscì a distinguersi grazie a una doppia strategia di qualità e flessibilità. Mentre i colossi come Ilford o Wratten & Wainwright investivano in campagne promozionali e collaborazioni con le grandi riviste fotografiche, Gem preferì consolidare relazioni dirette con studi fotografici locali, rivenditori specializzati e società fotografiche amatoriali, allora molto attive in tutto il Regno Unito.
La clientela principale era costituita da ritrattisti da studio, che trovavano nelle lastre Gem un prodotto affidabile per l’uso quotidiano, e da viaggiatori professionisti, che apprezzavano la compattezza delle confezioni e la resistenza delle emulsioni. Anche alcuni fotografi coloniali operarono con materiale Gem nelle colonie britanniche, in particolare in India, Sud Africa e nelle Antille.
I principali formati in uso erano compatibili con le camere a soffietto inglesi, come quelle prodotte da Sanderson, Thornton-Pickard e Houghtons, ma l’azienda produceva anche lastre metriche destinate al mercato tedesco e francese, in collaborazione con distributori come Maison Gaumont e Voigtländer.
Il marchio Gem fu presente anche nei cataloghi dei principali fornitori europei fino agli anni Venti, e sporadicamente apparve anche in alcuni punti vendita americani, anche se con distribuzione irregolare. L’azienda operava senza una vera e propria filiale internazionale, ma con accordi di rappresentanza presso commercianti londinesi con canali d’esportazione.
La concorrenza sul prezzo rappresentò uno degli ostacoli principali alla sopravvivenza dell’impresa. A partire dagli anni Dieci del Novecento, l’ingresso sul mercato delle lastre americane a basso costo e delle prime pellicole flessibili rese progressivamente obsoleto il modello produttivo su vetro. Pur mantenendo una reputazione d’eccellenza, la Gem si trovò a operare in un mercato in contrazione, dove i margini si riducevano e la clientela passava sempre più alla pellicola in rullo.
A partire dal 1923, l’azienda ridusse drasticamente la produzione e iniziò a operare solo su ordinazione, finché, nel 1927, cessò formalmente l’attività industriale. Parte del personale tecnico fu assorbito dalla Imperial Dry Plate Company, mentre le strutture vennero riconvertite a uso chimico-farmaceutico.

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