La E.R.A.C. Selling Co. Ltd., pur non essendo uno dei nomi più noti della storia della fotografia, ha ricoperto un ruolo interessante e tutt’altro che trascurabile nel contesto dell’industria britannica della prima metà del XX secolo. Fondata presumibilmente tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta del Novecento, l’azienda si stabilì nel Regno Unito in un momento in cui il mercato fotografico era in pieno fermento. La fotografia stava vivendo una transizione fondamentale da prodotto per élite a bene di consumo destinato alla piccola e media borghesia. Era un’epoca segnata da profonde trasformazioni tecnologiche e da un’inedita democratizzazione del mezzo fotografico. È in questo contesto che la E.R.A.C. Selling Co. Ltd. cercò di inserirsi.
Il nome stesso della compagnia, E.R.A.C., rimane ancora oggi un acronimo avvolto da un certo alone di mistero. Le fonti disponibili non forniscono chiarimenti definitivi, ma è probabile che si trattasse delle iniziali di un fondatore o di una società madre, oppure di un marchio registrato pensato per il mercato britannico. L’elemento “Selling Co.” sottolinea invece la vocazione dell’azienda più come distributore e venditore che non come progettista e costruttore diretto. Tuttavia, nel corso della sua attività, la E.R.A.C. si occupò anche della commercializzazione di apparecchi fotografici a proprio nome, spesso prodotti da terzi e ribrandizzati con il marchio aziendale, una prassi comune in quegli anni, soprattutto nel Regno Unito.
Il quartier generale della compagnia si trovava molto probabilmente a Londra o comunque in una delle città industriali dell’Inghilterra meridionale, epicentro del commercio e della distribuzione tecnica. Questo collocamento geografico le permise di accedere facilmente ai porti e alle reti ferroviarie, facilitando l’importazione e l’esportazione di apparecchiature. L’azienda si occupava non solo della distribuzione di fotocamere e accessori fotografici, ma anche di articoli per l’ufficio, strumenti ottici e attrezzature per lo sviluppo e la stampa.
La produzione e i dispositivi commercializzati
Non si può parlare della E.R.A.C. Selling Co. Ltd. senza menzionare la macchina fotografica più rappresentativa venduta dall’azienda: la E.R.A.C. Box Camera. Si trattava di una fotocamera a scatola (box camera) molto semplice, costruita secondo un design funzionale, e destinata a un pubblico amatoriale. Queste fotocamere, che risalgono agli anni Trenta, avevano come principale vantaggio un costo contenuto e una facilità d’uso in linea con le esigenze dei fotografi dilettanti del tempo.
Il corpo della E.R.A.C. Box Camera era realizzato in metallo verniciato nero o brunito, con rinforzi angolari e finiture in similpelle. L’ottica era di tipo menisco, con lunghezza focale fissa e tempo di scatto unico, elementi che semplificavano notevolmente la costruzione ma anche l’esperienza d’uso. Il formato fotografico era 6×9 cm su pellicola in rotolo tipo 120, uno standard allora largamente diffuso in tutta Europa e che permetteva una buona resa dell’immagine in stampa da contatto.
Questa macchina fotografica era spesso dotata di un otturatore a ghigliottina a singola velocità, tipicamente attorno a 1/30 di secondo, sufficiente per le riprese all’aperto in buona luce. Il mirino era costituito da due visori a specchio laterali, posizionati in diagonale, utilizzabili per l’inquadratura sia in verticale che in orizzontale. Non era raro che alcuni modelli fossero forniti con attacco per cavalletto, un dettaglio non comune nelle box camera più economiche.
La semplicità costruttiva della linea E.R.A.C. non deve essere scambiata per superficialità progettuale: questi apparecchi erano robusti, affidabili, e costruiti secondo standard che, per quanto essenziali, permettevano un uso duraturo nel tempo. È probabile che alcuni degli esemplari commercializzati dalla E.R.A.C. fossero in realtà prodotti da aziende tedesche come Balda o Hüttig, oppure da manifatture britanniche minori, per poi essere rebrandizzati e distribuiti nel mercato locale.
Al di là della box camera, la E.R.A.C. Selling Co. Ltd. si occupò anche di accessori fotografici quali filtri, flash a bulbo, stativi, visori stereoscopici e custodie. Anche questi articoli erano spesso importati e ribrandizzati. Va ricordato che nel periodo tra le due guerre, il mercato fotografico europeo era altamente dinamico e interconnesso, e le collaborazioni tra aziende produttrici e distributori erano frequenti e determinanti.
Nel vasto panorama della fotografia inglese degli anni Trenta e Quaranta, la E.R.A.C. Selling Co. Ltd. si collocava come un attore intermedio, né leader tecnologico né marginale. L’azienda riusciva a offrire prodotti accessibili, solidi e ben confezionati, posizionandosi tra i colossi come Kodak Ltd. o Ensign e una miriade di piccoli costruttori locali con risorse più limitate. Il segmento principale di clientela era composto da dilettanti, nuclei familiari e appassionati che cercavano una soluzione semplice e immediata per immortalare vacanze, eventi pubblici o momenti privati.
La Pistol Camera: il curioso dispositivo subminiatura a forma di pistola
Nel catalogo della E.R.A.C. Selling Co. Ltd., emerge un dispositivo particolarmente originale: la pistol camera, nota anche come E.R.A.C. Mercury I Supercamera, o Automatic Pistol Camera, prodotta in Inghilterra attorno al 1938, realizzata in bachelite stampata ed ispirata esteticamente alla forma di una piccola pistola . Questo dispositivo incarna una curiosa combinazione tra innovazione di design e filosofia della fotografia subminiatura, ovvero l’uso di formati estremamente ridotti (18 × 18 mm su pellicola da 20 mm di larghezza) montati in un involucro insolito.
L’elemento centrale della macchina fotografica è un meccanismo interno derivato dalla Merlin camera, un apparecchio subminiatura metallico fix-focus con otturatore a velocità singola e obiettivo fisso a diaframma f/16, capace di realizzare immagini su formato 18 × 18 mm (alcune fonti riportano 20 × 20 mm, ma è opinione diffusa che la misura corretta sia la prima). Il brevetto relativo alla forma e al meccanismo fu depositato nel 1931 da Harry Steward e Harry Covill ed ufficialmente riconosciuto nel 1937 (British Patent 379501), che descriveva una fotocamera dalla forma simile a una pistola, dotata di sistema di scatto e avanzamento film combinati.
Il corpo esterno della camera era costituito da un guscio in bachelite termoplastica, modellato ad hoc per assomigliare a una pistola compatta, con impugnatura ergonomica. All’interno era alloggiata la estratta micro-camera Merlin, mentre il caricamento della pellicola, l’azionamento dell’otturatore e l’avanzamento del film avvenivano tramite una singola leva a grilletto: spingendola in avanti si faceva avanzare la pellicola sul rullo, tirandola indietro si attivava lo scatto. Questo sistema consentiva un uso estremamente compatto e immediato: la camera assumeva dimensioni e impatto visivo piccoli, adatti a chi desiderava massima discrezione.
Il design brevettato prevedeva uno spazio all’interno dell’impugnatura per ospitare uno o due rulli di pellicola di scorta, garantendo così continuità d’uso senza necessità di aprire la custodia esterna. Il meccanismo di scatto era basato su otturatore ad unica velocità, e l’obiettivo fisso a f/16, non prevedeva alcuna messa a fuoco regolabile, essendo progettato per garantire una profondità di campo accettabile su soggetti a distanza media, in piena luce.
La pistol camera fu commercializzata con nomi diversi: oltre a Mercury I, veniva chiamata ERAC Automatic Pistol Camera, oppure Covill and Steward ERAC o ERAC Merlin, a seconda delle varianti. Alcuni esemplari erano accompagnati da diciture come “Made in England” sul corpo frontale, mentre versioni successive differivano per rivestimenti metallici e bulloneria interna.
La destinazione d’uso della camera era prevalentemente legata alla sorveglianza, alla fotografia clandestina o alla novità di possedere un oggetto insolito: alcune fonti riferiscono che venne adottata anche da forze di polizia statunitensi per operazioni covert, sfruttando la forma potenzialmente intimidatoria e la capacità di scattare in modo rapido con una sola mano. Le esigue dimensioni e la forma mimetica rendevano l’E.R.A.C. Mercury un artefatto curioso nel panorama delle fotocamere subminiatura prebelliche.
Dal punto di vista tecnico, la camera era semplice: l’ottica menisco montata sulla Merlin non disponeva di trattamento antiriflesso, consigliava esposizioni per condizioni luminose, e la pellicola da 20 mm era posta su rulli dedicati, non più in produzione, limitando l’uso a collezionisti o ricreazioni speciali. Il design versava in condizioni discrete, con evidenza di lievi crepe nel guscio in bachelite in esemplari d’epoca, ma molti esemplari sono ancora funzionanti a livello meccanico, sebbene richiedano lubrificazione e revisione.
La rarità del pezzo e la sua estetica insolita hanno attratto l’interesse dei collezionisti: in aste recenti si sono registrati prezzi compresi tra 500 e 1 400 euro/dollari per esemplari in buono stato. Nonostante il design atipico, l’E.R.A.C. Mercury I consente di comprendere l’ingegno commerciale e il gusto estetico dell’epoca, oltre a testimoniare un approccio futurista alla forma e alla funzionalità delle fotocamere.
In termini di concorrenza diretta, la E.R.A.C. doveva confrontarsi con altri marchi britannici come Coronet Camera Co., Conway, Midget, nonché con l’ingombrante presenza della Kodak, che produceva e vendeva in Inghilterra da diversi decenni. Per mantenere un certo livello di competitività, la E.R.A.C. puntava non tanto sull’innovazione tecnologica quanto su una rete commerciale agile e un rapporto qualità/prezzo particolarmente favorevole.
Uno degli elementi chiave della sua strategia commerciale era la vendita attraverso negozi di articoli generici e grandi magazzini, anziché esclusivamente presso rivenditori specializzati in fotografia. Questa distribuzione “popolare” permetteva all’azienda di raggiungere capillarmente il territorio nazionale, soprattutto nelle province e nei centri urbani minori.
Durante gli anni della Seconda guerra mondiale, l’attività commerciale della E.R.A.C. subì inevitabilmente una contrazione. Le restrizioni sui materiali, le difficoltà logistiche e l’orientamento dell’industria verso la produzione bellica influenzarono profondamente la disponibilità e la varietà di prodotti distribuiti. Tuttavia, l’azienda riuscì a mantenere una presenza attiva almeno fino alla metà degli anni Quaranta.
Il secondo dopoguerra segnò una fase di profondo mutamento per tutto il settore fotografico europeo. L’ingresso nel mercato britannico di nuove fotocamere giapponesi, l’innovazione tecnologica trainata da aziende come Leica, Zeiss Ikon, Voigtländer e Canon, e l’accelerazione dei gusti dei consumatori verso prodotti più avanzati portarono a una ridefinizione del mercato.
In questo scenario, la E.R.A.C. Selling Co. Ltd. non riuscì ad aggiornarsi con sufficiente rapidità. Le sue fotocamere, ancora vincolate a progetti semplici e ormai datati, non potevano competere con i nuovi modelli a telemetro o reflex che cominciavano a diffondersi anche presso il pubblico amatoriale. Non sono noti tentativi significativi dell’azienda di convertire la propria produzione verso apparecchi più sofisticati o di investire in ricerca e sviluppo.
Non si hanno notizie certe riguardo alla data di chiusura definitiva dell’azienda, ma secondo molte testimonianze archivistiche, la E.R.A.C. Selling Co. Ltd. cessò la propria attività tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta. È probabile che la compagnia venne liquidata o assorbita da realtà commerciali più solide, oppure che semplicemente svanì nel processo di razionalizzazione economica post-bellica.
La produzione esigua, la mancanza di documentazione sistematica e il carattere prevalentemente commerciale della sua attività rendono oggi difficile reperire materiale archivistico o tecnico dettagliato. Nonostante ciò, alcune fotocamere E.R.A.C. sono tuttora reperibili nel mercato del collezionismo britannico, spesso ben conservate e perfettamente funzionanti, a testimonianza di una produzione solida, seppur modesta.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
Attraverso il mio sito, offro una panoramica completa delle tappe fondamentali della fotografia, dai primi esperimenti ottocenteschi alle tecnologie digitali contemporanee. La mia missione è educare e ispirare, sottolineando l’importanza della fotografia come linguaggio universale.
Sono anche una sostenitrice della conservazione della memoria visiva. Ritengo che le immagini abbiano il potere di raccontare storie e preservare momenti significativi. Con un approccio critico e riflessivo, invito i miei lettori a considerare il valore estetico e l’impatto culturale delle fotografie.
Oltre al mio lavoro online, sono autrice di libri dedicati alla fotografia. La mia dedizione a questo campo continua a ispirare coloro che si avvicinano a questa forma d’arte. Il mio obiettivo è presentare la fotografia in modo chiaro e professionale, dimostrando la mia passione e competenza. Cerco di mantenere un equilibrio tra un tono formale e un registro comunicativo accessibile, per coinvolgere un pubblico ampio.