La Yallu Optical Co. nasce ufficialmente nel 1912 a Yokohama, in Giappone, quando il giovane ingegnere ottico Yoshiro Tanaka, all’età di venticinque anni, apre un piccolo laboratorio specializzato nella lavorazione di vetri di alta precisione. Tanaka segue la strada tracciata dal padre, che aveva iniziato a sperimentare ottiche rudimentali per attività scientifiche, ma con una visione molto più avanzata: sviluppare sistemi ottici per la documentazione fotografica professionale. Nei primi anni di attività, Yoshiro impara i segreti della scelta del materiale, sviluppando formule di vetro borosilicato e vetro al titanio con impurità otticamente riducenti. L’obiettivo è minimizzare le aberrazioni cromatiche e mantenere una elevata trasmissione luminosa nel visibile, caratteristiche peculiari che diventeranno marchio di fabbrica della Yallu Optical Co.
Il primo laboratorio era un ambiente modesto, ma dotato di strumenti di misura di precisione degni di ben altro prestigio. Un micrometro di interferenza permette la verifica della planarità delle lenti entro decimi di micrometro, mentre un banco ottico dotato di lampada al sodio a righe doppie serve a testare la dispersione delle lenti. Già nei primi cinque anni, la Yallu produce una lente acromatica da 50 mm f/2,8 che conquista fotografi professionisti in Giappone. La produzione era basata su un processo manuale, con tornitura del blocco di vetro, molatura controllata con abrasivi a granulometria decrescente, e lucidatura con pasta di ossido di cerio, seguita da ispezione tramite luce diffusa e riflettometria.
Yoshiro, sin dagli anni Dieci, mantiene un rapporto diretto con i ricercatori delle Università di Tokyo e Kyoto. Si susseguono scambi continui di formule compositive per vetri ottici (tra cui vetro Flint a bassa dispersione e vetro Crown ad alto indice) e collaborazioni per brevetti. Nel 1918 viene brevettato il rivestimento antiriflesso a strati multipli, impiantando tecnologie basate su ossidi metallici, in grado di realizzare film dello spessore di alcune frazioni di lunghezza d’onda. Questo rivestimento rappresenta un’eccellenza: riduce le riflessioni dal 4 % al 0,5 % per superficie, migliorando contrasto e resa cromatica.
L’azienda si evolve generazionalmente: nel 1925, quando Tanaka assume regole moderne per la gestione, costruisce un reparto di calibrazione spettrofotometrica, dotato di monocromatori e spettrofotometri a reticolo, per misurare con precisione la trasmissione centrata a 550 nm e le curve di dispersione. Questo permette di offrire schede tecniche dettagliate per ogni lente prodotta, distintiva di livello professionale.
La scelta di Yokohama non è casuale: il porto attivo favorisce l’importazione di materie prime di alta qualità dall’Europa e il commercio internazionale. Dal laboratorio analogico si passa a un vero e proprio impianto industriale, con un reparto dedicato a camere obscura per test di aberrazione sferica e coma sulle lenti. Nei primi anni Trenta, la Yallu spinge l’innovazione applicata alla fotografia scientifica, soprattutto con sistemi ottici per fotomicrografia, che richiedono tolleranze di planarità dell’ordine del micron e trasmissione sull’infrarosso vicino.
Durante gli anni Trenta la Yallu Optical Co. esplora nuove frontiere tecniche. L’azienda sviluppa lenti anastigmatica da 100 mm f/2 in vetro ED (extra low dispersion), sfruttando la tecnologia di produzione del vetro fluor-crown importata dall’Europa. La forma delle superfici è ottenuta mediante la procedura ZBAR (Zemax-Based Aberration Reduction), che consente di ridurre le aberrazioni sferiche combinando superfici asferiche e sferiche in un solo elemento. L’asfericità, ottenuta per molatura CNC ad alta precisione e compensata con una pulitura a ultrasuoni, garantisce una risoluzione fino a 200 linee per millimetro, superiore alla norma del periodo.
Nel 1937 compare il primo obiettivo zoom modulare, con escursione focale da 50 a 150 mm, costituito da gruppi flottanti controllati da slitte micrometriche. Il meccanismo di blocco è brevettato e utilizza molle a lamina per garantire assenza di gioco, con tolleranze di spostamento inferiori a 5 µm. Il diaframma centrale, basato su lamelle in acciaio temprato, vanta anch’esso una verniciatura anti-riflesso interna che evita flare indesiderati.
Negli anni Quaranta, durante la Seconda guerra mondiale, Yallu collabora con enti governativi per lo sviluppo di sistemi ottici militari: per i periscopi subacquei vengono testati rivestimenti che resistono all’acqua salata e alla pressione; per le ottiche di puntamento, emerge l’uso di vetri ad alta rifrazione e bassa dispersione, capaci di offrire visibilità nitida fino a lunghi ingrandimenti, e di resistere a shock termici. L’azienda studia schemi ottici telecentrici e inverse telecentrici, fondamentali nei sistemi di misura industriali.
L’introduzione di rivestimenti multistrato si riflette nel nuovo sito produttivo, inaugurato nel 1947, comprensivo di camere pulite ISO 5 per l’applicazione controllata dei rivestimenti tramite evaporazione termica sotto vuoto. Fotoni vengono depositati come ossido di magnesio, silicio e ittrio, in sequenza definita per ottimizzare la curva di riflettanza. Questi protocolli risultano precursori rispetto ai rivestimenti moderni utilizzati dopo gli anni Sessanta.
L’intero processo di controllo qualità, dalla molatura alla consegna, segue procedimenti quasi cinematografici, con operatori che ispezionano individualmente ogni lente e ne verificano la curvatura con interferometro Fizeau, misurando la differenza di fase con precisione del λ/20. Si tiene traccia di un dettaglio per lente, incluso lotto di produzione, sequenza di test e misure finali. Ogni dato confluisce nel database aziendale su schede codificate a mano.
Quando si parla di fotografia professionale intonata alla produzione di riviste, pubblicità e documentazione scientifica, Yallu gioca un ruolo da protagonista. Il fondamento è la coerenza geometrica e colorimetrica. Le lenti ottiche vengono tarate con precisione geometrica entro 2 µm di decentramento radiale, misurando angoli di Bouwers con chiamate digitali. Ne consegue un livello di correzione delle astigmatismi e delle distorsioni inferiore allo 0,02% in tutta la gamma focale utile.
Per soddisfare le esigenze dei fotografi ritrattisti degli anni Cinquanta, Yallu realizza ottiche a grande apertura: 85 mm f/1,4 con superfici asferiche multiple, brevettate nel 1951, capaci di mantenere un CMT (contrast modulation transfer) superiore a 0,7 a 30 linee/mm. I diaframmi a miela, con lamelle arrotondate, offrono un bokeh morbido e controllato. Tali obiettivi, successivamente comparati su riviste tecniche europee, vengono descritti come “sessivi nella resa tonale e nel controllo prossemico del soggetto”, qualità dovuta alla precisione del sistema di molatura e centraggio.
Yallu dota i suoi obiettivi di meccanismi di messa a fuoco automatica basati su motori a passo radiale (stepper motor) a 100 passi per giro, con sensori di fine corsa a effetto Hall e firmware analogico di temporizzazione. Questi sistemi, introdotti verso la fine degli anni Cinquanta, erano avveniristici rispetto alla concorrenza; integravano microcontrollori analogici che modulavano la corrente al motore per garantire movimenti fluidi e silenziosi, eliminando fenomeni di overshooting.
Nel campo del grandangolo per la fotografia architettonica, l’impresa progetta una serie di ottiche zero-distorsione da 24 mm f/3,5, basate su gruppi flottanti e doppietti asferici interni, capaci di offrire una curvatura di campo molto piatta. Il supporto interno a guide a ricircolo di sfere garantisce la stabilità degli elementi ottici anche sotto shock meccanici. Ciò risponde alla richiesta di archivi fotografici per la catalogazione di edifici storici, dove l’accuratezza geometrica è essenziale.
La passione di Yoshiro per la fotocromia lo porta a sperimentare vetri con temperatura di colorazione controllata: depositando film sensibili termici che reagivano ai raggi UV. In alcuni obiettivi di fascia alta, una reticella microstrutturata catturava parte dell’ultravioletto, prolungando la vita del rivestimento e migliorando la stabilità cromatica. Una ricerca che anticipa l’uso dei filtri anti-UV fino agli anni Ottanta.
Nel dopoguerra, Yallu avvia anche accordi con editori occidentali per produrre ottiche dedicate alla stampa professionale. Le tolleranze imposte agli stabilimenti per la produzione di lenti ottiche diventano degli standard ISO: l’accuratezza dimensionale al micron e la ripetibilità entro l’1%. Yallu si inserisce così nelle catene di fornitura internazionali, pur mantenendo un controllo rigoroso su ogni fase di produzione. Di fatto, la qualità delle lenti Yallu diventa un riferimento per le industrie fotografiche globali.
Gli stabilimenti Yallu, ricostruiti a metà Novecento, sono pensati come ambienti modulabili. Le aree di produzione vengono suddivise in celle dedicate alla formatura, molatura, lucidatura, rivestimenti, ispezione e imballaggio. Una cella di formatura utilizza sistemi di roto-centrifugazione per modellare una lente alzando la temperatura del vetro fino a circa 700 °C, mantenendola fluida il tempo necessario alla modellazione. Il raffreddamento è calibrato per evitare tensioni interne, verificate successivamente tramite polariscopio.
Successivamente, la lente passa al reparto dedicato alla molatura grossolana, dove materiali abrasivi di carburo di silicio vengono applicati con dischi rotanti controllati da PLC. La finitura fine è realizzata a mano o mediante micro-robot guidati da visione computerizzata: telecamere ad alta risoluzione analizzano la geometria della superficie, verificando con software CAD/CAM la conformità alla sagoma teorica. La lavorazione a ultrasuoni migliora la finitura superficiale, riducendo rugosità sotto i 1 nm Ra.
Il rivestimento applicato nei forni a vuoto è calibrato: si depositano strati alternati di ossidi di zinco, di titanio e silice, con controllo in-situ della riflettanza tramite monitor Ottico a sonda ellittica. I layer sono stesi con spessori calibrati tra 50 e 120 nm, ottenendo curve spettrali di riflettanza centrate nell’IR vicino e minimizzando l’effetto Newton fall-out. Il processo è gestito da monitoraggi PID, con registrazione in real-time dei dati su server locali.
Il controllo finale si basa su una strumentazione avanzata: interferometro a onda piana misura la rugosità e la planarità, mentre uno spectrophotometer valuta la trasmissione su una gamma da 380 a 1100 nm. Le leggere aberrazioni vengono caratterizzate tramite MTF tester a bande di frequenza da 10 a 100 c/a mm, misurando valori di contrasto residuo e calcolando la profondità di campo effettiva per ogni schema ottico.
La documentazione allegata a ogni obiettivo include un grafico di trasmissione spettrale, curva di MTF con linee orizzontali e verticali a 10, 30, 50 e 70 c/a mm, insieme a un certificato di centraggio e misura geometrica. Gli ingegneri di Yallu revisionano ogni lotto di produzione, analizzando parametri come il diochroismo, la cromaticità CIE e la stabilità meccanica.
Negli anni Sessanta, Yallu introduce sistemi di automazione della calibrazione, con robot cartesiani che posizionano le lenti su bancate motorie, eseguono scansioni tridimensionali e registrano dati in cloud protetti. Questo consente analisi statistiche di processo, individuazione di trend o anomalie con l’ausilio di algoritmi di controllo statistico, e implementazione del controllo qualità Six Sigma in ottica fotografica.