Nel cuore dell’America anteguerra, agli albori della rivoluzione dagherrotipica, il nome W & W. H. Lewis emerse con crescente notorietà nel panorama della manifattura fotografica. Si trattava di una bottega artigiana altamente specializzata, operativa tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi degli anni Cinquanta del XIX secolo, periodo in cui il dagherrotipo divenne la tecnica fotografica dominante nel continente nordamericano. L’azienda fu fondata dai fratelli William e William H. Lewis, due figure centrali nella storia delle forniture fotografiche statunitensi. Attivi a New York City, i Lewis si distinsero per la qualità eccelsa delle attrezzature per dagherrotipia, in particolare camere, supporti ottici, astucci per lastre, apparecchi per esposizione e sviluppatori chimici.
Il nome Lewis era sinonimo di precisione meccanica e sensibilità artigianale, due doti raramente combinate nel settore dell’industria nascente della fotografia. I fratelli provenivano da un background nella lavorazione dei metalli e nella meccanica di precisione, elementi che risultarono fondamentali per adattarsi alle esigenze tecniche del dagherrotipo. In un’epoca in cui la maggior parte dell’attrezzatura fotografica era ancora di derivazione europea o costruita manualmente su commissione, W & W. H. Lewis seppero industrializzare con maestria un processo ancora dominato da artigiani isolati, offrendo soluzioni affidabili, ripetibili e dal design robusto.
L’azienda fu tra le prime negli Stati Uniti a costruire fotocamere complete, ovvero comprensive di chassis in legno pregiato, sistemi di messa a fuoco tramite soffietti, e accessori per la preparazione delle lastre argentate. In questo senso, W & W. H. Lewis anticiparono la logica modulare della produzione fotografica, vendendo non solo le camere, ma anche componenti separati compatibili tra loro, come lenti intercambiabili o supporti per lo sviluppo e il fissaggio delle immagini.
Un altro elemento distintivo fu l’approccio commerciale: anziché rivolgersi esclusivamente a studi fotografici ben avviati, i Lewis capirono l’enorme potenziale del mercato emergente degli operatori itineranti e degli amatori benestanti, producendo strumenti facilmente trasportabili, più compatti dei modelli europei e ottimizzati per l’uso sul campo. Questo spirito anticipò l’espansione della fotografia al di fuori degli studi urbani, contribuendo a definire l’immaginario visivo dell’America di metà Ottocento.
Specificità tecniche e innovazioni nella produzione dagherrotipica
Tra i prodotti più noti del marchio W & W. H. Lewis, le dagherrotipiche a cassetta scorrevole rappresentarono un vertice progettuale, sia per la qualità costruttiva che per la funzionalità. Realizzate in mogano lucido o noce americano, queste camere erano progettate per ospitare lastre da 1/6 a 1/2 di formato, spesso montate su guide in ottone rifinito a mano. Le macchine erano dotate di soffietti in pelle conciata a mano, con pieghe rinforzate per garantire tenuta alla luce e flessibilità nel tempo, un elemento essenziale per il corretto allineamento dell’ottica e la messa a fuoco dell’immagine.
Un altro segno distintivo era il sistema di messa a fuoco posteriore, realizzato con un carrello a vite micrometrica che consentiva regolazioni estremamente precise. I Lewis svilupparono anche meccanismi di blocco meccanico a leva, permettendo allo stesso tempo rapidità operativa e precisione durante la posa. Le ottiche erano spesso fornite separatamente, ma l’azienda offriva montature compatibili con i principali obiettivi importati dalla Francia (come i Petzval di Chevalier o Lerebours et Secretan), oltre a costruire su richiesta alloggiamenti in ottone tornito per lenti acromatiche statunitensi.
Notevole fu anche il contributo della W & W. H. Lewis nella produzione di accessori chimici e da camera oscura. L’azienda commercializzava vasche per sviluppo in vetro o porcellana, morsetti per il fissaggio delle lastre durante il trattamento con vapori di mercurio, e contenitori sigillati per ioduro e bromuro. Di particolare pregio erano i fornelli da laboratorio portatili, costruiti in rame e pensati per un uso sul campo, capaci di garantire temperature costanti durante la fase di sviluppo.
Un’attenzione particolare fu riservata anche al settore della presentazione finale dell’immagine: i Lewis furono tra i primi a produrre astucci dagherrotipici standardizzati, rivestiti in pelle o tessuto decorativo, dotati di chiusura a scatto e vetro di protezione lucidato. Questi oggetti, spesso decorati con motivi floreali o geometrie dorate, erano pensati per la conservazione e la distribuzione delle immagini, in un’epoca in cui il dagherrotipo era non solo un documento visivo ma anche un oggetto di prestigio e affezione.
L’efficienza tecnica e l’eleganza dei prodotti Lewis li resero particolarmente apprezzati anche da grandi studi fotografici dell’Est americano, e molti esempi delle loro camere sono tutt’oggi conservati nei principali musei storici statunitensi, spesso firmati sul metallo con il marchio inciso “W & W. H. Lewis, New York”, testimonianza dell’orgoglio artigianale che contraddistingueva l’azienda.
La breve parabola dell’azienda e il suo ruolo nella storia della fotografia americana
La traiettoria commerciale della W & W. H. Lewis si sviluppò in un arco temporale piuttosto breve, riflettendo l’evoluzione tumultuosa della fotografia nel decennio 1840-1850. Nonostante la qualità indiscussa dei loro strumenti, l’azienda cessò le attività entro la metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento. Le cause non sono del tutto documentate, ma diversi fattori concorsero a questa chiusura anticipata. Innanzitutto, l’introduzione del processo al collodio umido a partire dal 1851 segnò un cambiamento radicale nelle esigenze tecniche degli operatori, rendendo rapidamente obsoleti molti strumenti nati per la dagherrotipia. I Lewis, fortemente specializzati in apparecchi e accessori per questa tecnica, probabilmente non riuscirono a riconvertire tempestivamente la produzione ai nuovi standard.
Allo stesso tempo, la crescente industrializzazione della fotografia negli Stati Uniti vide l’emergere di aziende ben più strutturate, come Scovill Manufacturing Company e Anthony & Scovill, capaci di integrare la produzione di fotocamere, lastre, prodotti chimici e carta da stampa, in un ciclo industriale completo. In questo nuovo scenario, la W & W. H. Lewis, per quanto brillante sul piano tecnico, non riuscì a competere con la scala e l’aggressività commerciale dei nuovi operatori.
Eppure, il ruolo dell’azienda non può essere ridotto a una parentesi. Al contrario, fu uno degli attori fondamentali nella definizione della filiera fotografica americana antebellum, contribuendo a emancipare gli Stati Uniti dalla dipendenza tecnica verso l’Europa. La produzione Lewis, sebbene oggi rara, è ricercatissima dai collezionisti di dagherrotipi proprio per la cura artigianale, la compattezza delle soluzioni tecniche e la rarità storica. Le camere e gli accessori Lewis rappresentano un punto d’incontro tra estetica e funzione, e documentano un momento chiave in cui la fotografia americana cominciava a trovare una sua autonomia tecnica e culturale.
Un altro aspetto fondamentale del lascito Lewis è l’influenza che ebbe sull’approccio “modulare” alla fotografia, che venne poi pienamente sviluppato da aziende successive. La possibilità di acquistare camere, obiettivi e accessori separatamente, ma compatibili, contribuì a rendere la fotografia più accessibile, più dinamica, e più rispondente ai bisogni specifici di ciascun operatore. Anche questo aspetto, oggi dato per scontato, fu pionieristico, e parte integrante della filosofia produttiva introdotta dai fratelli Lewis-

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
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