Michael Kenna nacque il 20 novembre 1953 a Widnes, nella contea di Lancashire, Inghilterra. Fotografo britannico, è noto per le sue fotografie in bianco e nero di paesaggi, caratterizzate da minimalismo, lunga esposizione e stampe artigianali in gelatina d’argento. Attivo da oltre cinquant’anni, ha pubblicato più di 90 monografie e realizzato oltre 500 mostre personali in tutto il mondo. Vive e lavora a Seattle, Washington, continuando a produrre opere che coniugano rigore tecnico e sensibilità poetica.
Formazione e sviluppo di una poetica tecnica (1953–1977)
Kenna cresce in una famiglia irlandese cattolica di umili origini, con sei figli. La sua prima formazione avviene presso il seminario di St. Joseph’s College, dove studia per sette anni con l’intenzione di diventare sacerdote. Questa esperienza segna profondamente il suo immaginario: il senso di silenzio, attesa e contemplazione che ritroveremo nelle sue fotografie affonda le radici in quell’ambiente monastico. A diciassette anni abbandona il percorso religioso per dedicarsi all’arte, iscrivendosi alla Banbury School of Art (1972), dove scopre la fotografia come linguaggio autonomo. Successivamente frequenta il London College of Printing, diplomandosi nel 1976 in fotografia commerciale.
Durante gli anni londinesi, Kenna acquisisce una solida base tecnica: studio della sensitometria, controllo dei tempi di sviluppo, conoscenza dei processi di stampa analogica. Lavora come assistente e stampatore per fotografi pubblicitari, affinando competenze che diventeranno centrali nella sua poetica. Nel 1977 si trasferisce a San Francisco, attratto dalla vivace scena artistica e dalla possibilità di esporre in gallerie. Qui incontra Ruth Bernhard, maestra del nudo e della stampa fine art, che lo assume come stampatore. L’esperienza con Bernhard è decisiva: Kenna apprende che il negativo è solo un punto di partenza, e che la stampa è un atto creativo, fatto di interpretazione tonale, mascherature, viraggi e controllo della superficie.
Sul piano tecnico, le prime opere di Kenna mostrano già la sua inclinazione per il bianco e nero e per la temporalità estesa. L’uso di pellicole a bassa sensibilità (Ilford FP4, Kodak Tri-X) e di esposizioni lunghe — talvolta fino a 10 ore — consente di registrare ciò che l’occhio non percepisce: il movimento delle nuvole, la scia dell’acqua, la luce che si accumula come memoria. Questa pratica richiede treppiedi robusti, cavo di scatto, calcolo dell’esposizione compensata per la reciprocità (effetto Schwarzschild), e una disciplina che trasforma la fotografia in atto meditativo.
Stile, attrezzatura e processi di stampa: la costruzione di un linguaggio (1978–oggi)
Kenna è considerato il maestro del minimalismo fotografico. Le sue immagini, quasi sempre quadrate, derivano dall’uso di Hasselblad 500CM/501CM e, in alcuni casi, di Holga e 4×5 view camera. Il formato 6×6 impone una geometria rigorosa: orizzonti centrati, simmetrie, linee pure. Le ottiche impiegate spaziano dai grandangoli da 40 mm ai teleobiettivi da 250 mm, ma la cifra dominante è la semplificazione: pochi elementi, isolati nello spazio, immersi in atmosfere di nebbia, neve, pioggia.
La tecnica di ripresa è inseparabile dalla temporalità. Kenna lavora all’alba, al crepuscolo o di notte, quando la luce è più malleabile. Le esposizioni lunghe trasformano il paesaggio: l’acqua diventa seta, le nuvole pennellate, le ombre si distendono. Questo approccio implica calcoli di esposizione empirici, spesso basati sull’esperienza più che sul fotometro, poiché in condizioni di buio totale la misurazione è inaffidabile. Kenna accetta l’imprevedibilità come parte del processo: “Il lungo tempo accumula ciò che l’occhio non vede, è come raccogliere memoria residua”, afferma in un’intervista.
Sul piano della stampa, Kenna è artigiano radicale. Lavora esclusivamente in gelatina d’argento, nel suo darkroom di Seattle. Ogni stampa è il risultato di un processo complesso: interpretazione del negativo, dodge & burn, sviluppo in più bagni, arresto, fissaggio, lavaggi prolungati, viraggio al selenio per stabilizzare i neri, asciugatura, pressatura, ritocco manuale, montaggio su passe-partout. Una singola stampa può richiedere un’intera giornata e numerosi provini. Kenna considera la stampa “un gioiello tridimensionale”, dove la luce è incisa nell’argento.
Le dimensioni delle stampe sono intime: in genere 20×20 cm su carta 8×10, montate su cartoncino 16×20. Questa scala ridotta accentua la concentrazione visiva e la relazione fisica con l’opera, in contrasto con la spettacolarità delle stampe monumentali contemporanee. La scelta è coerente con la poetica di Kenna: la fotografia come haiku, non come romanzo.
Opere principali e monografie: architettura editoriale di un pensiero
Il fotolibro è il veicolo privilegiato della visione di Kenna. Tra i titoli fondamentali:
- “A Twenty Year Retrospective” (1994) e “Retrospective Two” (2004): sintesi di due decenni di ricerca, con stampe duotone su carta di pregio, rilegatura rigida, saggi critici di Anne Tucker.
- “Japan” (2003) e “Forms of Japan” (2015): esplorazione di un paesaggio che diventa metafora zen, con immagini di Hokkaido, Kyoto, Honshu.
- “The Rouge” (1995): serie sullo stabilimento Ford di Dearborn, Michigan, in dialogo con la tradizione di Charles Sheeler.
- “Photographs and Stories” (2023): un’immagine per ogni anno di carriera, stampata su carta Kasadaka giapponese, con note autobiografiche.
- “Japan: A Love Story” (2024): monografia che raccoglie 100 fotografie realizzate in quasi quarant’anni di viaggi, stampate in duotone su carta naturale, rilegatura in seta e lino.
Ogni libro è un oggetto progettato: scelta della carta, del formato, del retino di stampa, del layout. La sequenza non è mai neutra: alterna pieni e vuoti, campiture nere e bianchi respiranti, costruendo un ritmo che richiama la poetica del silenzio. I repertori storici del fotolibro (Parr & Badger) collocano Kenna nel canone internazionale per la sua capacità di trasformare il libro in spazio meditativo.
Temi e geografie
Kenna fotografa luoghi di solitudine: giardini francesi, torii giapponesi, piers abbandonati, centrali elettriche, campi di concentramento. La sua opera oscilla tra natura e industria, tra assenza umana e tracce di memoria. Serie come “Impossible to Forget” (campi nazisti) introducono una dimensione etica, mentre cicli come Hokkaido o Mont-Saint-Michel esplorano la sospensione temporale. Ogni immagine è un atto di ascolto: “Fotografo il palcoscenico vuoto, prima o dopo la rappresentazione”, afferma Kenna.
Riconoscimenti e collezioni
Kenna ha ricevuto premi prestigiosi: Imogen Cunningham Award (1981), Art in Public Buildings Award (1987), Institute for Aesthetic Development Award (1989), Chevalier des Arts et des Lettres (2000), Officer des Arts et des Lettres (2022). Le sue opere sono in collezioni permanenti al Victoria and Albert Museum, alla Bibliothèque Nationale, al National Gallery of Art di Washington, al Tokyo Metropolitan Museum of Photography. Nel 2022 ha donato il suo archivio alla Francia: oltre 3.600 stampe, 175.000 negativi, provini, Polaroid e documenti, custoditi presso la Médiathèque de Photographie et Patrimoine.
Fonti autorevoli
- Wikipedia – Michael Kenna
- Bosham Gallery – Biografia e Darkroom Diaries
- Nazraeli Press – Photographs and Stories
- All About Photo – Michael Kenna
- Artsy – Long Exposure Technique
- Photocrowd – Shoot Like Michael Kenna
- Bosham Gallery – Silver Gelatin Printing
- MutualArt – Gelatin Silver Prints
- Bosham Gallery – Archivio donato alla Francia
- Prints4Sure – Japan: A Love Story
Mi chiamo Marco Americi, ho circa 45 anni e da sempre coltivo una profonda passione per la fotografia, intesa non solo come mezzo espressivo ma anche come testimonianza storica e culturale. Nel corso degli anni ho studiato e collezionato fotocamere, riviste, stampe e documenti, sviluppando un forte interesse per tutto ciò che riguarda l’evoluzione tecnica e stilistica della fotografia. Amo scavare nel passato per riportare alla luce autori, correnti e apparecchiature spesso dimenticate, convinto che ogni dettaglio, anche il più piccolo, contribuisca a comporre il grande mosaico della storia dell’immagine. Su storiadellafotografia.com condivido ricerche, approfondimenti e riflessioni, con l’obiettivo di trasmettere il valore documentale e umano della fotografia a un pubblico curioso e appassionato, come me.


