La Forte Photochemical Industry rappresenta una delle realtà industriali più longeve e tecnicamente significative nella storia della produzione fotografica dell’Europa orientale. Fondata nel 1922 a Vac, in Ungheria, con il nome originario di Forte Gyár, l’azienda si specializzò fin dai primi anni nella produzione di carta fotografica e successivamente in emulsioni sensibili, pellicole fotografiche e materiali chimici per lo sviluppo e la stampa. La sua nascita si colloca in un contesto socio-industriale di riorganizzazione dell’apparato produttivo ungherese dopo il primo conflitto mondiale, e la sua longevità nel settore testimonia la capacità dell’industria Forte di adattarsi ai mutamenti politici, tecnologici e commerciali del XX secolo.
La sede operativa fu costruita nei pressi di un’area industriale lungo il Danubio, con accesso diretto alle principali linee ferroviarie dell’Ungheria e collegamenti agevoli verso Budapest. Questa collocazione strategica permise alla Forte di espandersi rapidamente, e negli anni Trenta l’azienda era già riconosciuta per la qualità delle sue carte baritate e carte resin-coated (RC), che venivano utilizzate tanto in ambito amatoriale quanto in quello professionale. Il processo di realizzazione delle carte fotografiche si basava su emulsioni ai sali d’argento sensibilizzati al bromuro, applicate su substrati di carta selezionata, in un ciclo produttivo altamente controllato. La Forte sviluppò anche propri procedimenti di sbianca, fissaggio e viraggio, ispirati ma non identici ai metodi tedeschi di Agfa o ai procedimenti Ilford britannici.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la produzione subì una temporanea riconversione per fini militari, ma l’azienda riuscì a mantenere una linea ridotta di carta fotografica per uso documentale e riproduzione tecnica. Con la fine del conflitto e l’instaurazione del regime socialista in Ungheria, la Forte venne nazionalizzata e integrata nel sistema produttivo del COMECON, ovvero il Consiglio per la Mutua Assistenza Economica tra Paesi dell’Est. In questo nuovo assetto, la Forte divenne il fornitore ufficiale di materiali fotosensibili per la maggior parte dei Paesi del blocco orientale, diventando così un attore di primo piano nel mantenimento dell’autonomia tecnologica dell’Est rispetto all’Occidente.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, la Forte si dotò di impianti all’avanguardia per la fabbricazione di pellicole negative e positive in bianco e nero, successivamente anche a colori, sebbene la produzione cromatica rimanesse marginale rispetto alla concentrazione sulla fotografia monocromatica. Il prodotto più celebre dell’epoca fu la pellicola FortePan, una pellicola pancromatica da 100 ISO, disponibile in formato 35mm e in rullo 120, che si distinse per un grano fine, una buona latitudine di esposizione e una resa tonale uniforme, caratteristiche che la resero molto apprezzata sia dai fotografi professionisti che dai fotoamatori.
Altre pellicole come la FortePan 200 e FortePan 400 ampliarono la gamma, offrendo sensibilità più elevate e tempi di esposizione più flessibili, pur mantenendo una qualità di grana e nitidezza più che accettabili per il tipo di emulsione disponibile. La tecnologia utilizzata dalla Forte prevedeva l’uso di gelatina purificata di derivazione animale, combinata a sali di argento, bromuro e ioduro, con tecniche di stesura su supporti in triacetato di cellulosa prima e successivamente su poliestere. Queste emulsioni erano realizzate in camere bianche controllate, e la stesura avveniva tramite tamburi rotanti ad alta precisione, tecnologia che la Forte aveva sviluppato autonomamente, con adattamenti locali basati sui modelli occidentali degli anni Trenta.
Molto significative furono anche le carte fotografiche multigrade prodotte dalla Forte, in particolare la linea Forte Polywarmtone, una carta a contrasto variabile con base baritata e emulsione ai toni caldi, diventata particolarmente popolare tra i fotografi di camera oscura artistica degli anni Novanta. Questa carta era compatibile con i filtri multigrado Ilford e Kodak e veniva considerata una delle migliori alternative europee alle ben più costose carte occidentali. La risposta tonale calda, il dettaglio nei mezzitoni e la resistenza al trattamento in bagno alcalino la resero un punto di riferimento per la stampa fine art in bianco e nero. La sua composizione prevedeva una stratificazione di doppia emulsione a grana variabile, il cui contrasto poteva essere controllato tramite variazione del filtraggio magenta/giallo durante l’esposizione sotto l’ingranditore.
Durante il periodo del blocco orientale, la Forte mantenne relazioni tecnico-commerciali con aziende sorelle come Svema (URSS), ORWO (Germania Est) e Foma (Cecoslovacchia), condividendo tecnologie, emulsioni e componenti chimici in un sistema di standardizzazione pianificata. Tuttavia, Forte riuscì anche a differenziarsi per una filosofia produttiva più orientata alla qualità artigianale rispetto alla produzione seriale massiva delle industrie sovietiche. Ciò contribuì a costruire una reputazione solida nei circoli fotografici, anche oltre cortina.
Con la caduta del muro di Berlino e la successiva liberalizzazione dell’economia ungherese, la Forte entrò in una fase di transizione problematica, tentando di sopravvivere alla concorrenza sempre più aggressiva dei prodotti fotografici giapponesi, che avevano ormai invaso il mercato globale. L’azienda fu privatizzata nei primi anni Novanta e tentò di riconvertire la produzione con una nuova gamma di materiali destinati al mercato analogico in declino, mantenendo però una clientela affezionata tra i professionisti della camera oscura, fotografi d’arte e scuole di fotografia.
La seconda vita della Forte si giocò principalmente sul mercato della stampa artistica in bianco e nero. Prodotti come le carte Fortezo Museum Weight e le versioni Glossy e Semi-Matt della Polywarmtone conquistarono il favore dei fotografi che cercavano qualità senza compromessi e una alternativa alle carte prodotte nel Regno Unito o in Germania. Le emulsioni erano calibrate a mano, in piccoli lotti, e ogni foglio veniva sottoposto a severi controlli di qualità. La resistenza alla luce, la planarità della carta e la coerenza nei toni neutri e caldi rendevano i prodotti Forte estremamente apprezzati nel settore delle belle arti.
L’azienda proseguì l’attività fino ai primi anni 2000, affrontando tuttavia un declino commerciale dovuto all’avanzata inarrestabile della fotografia digitale, che ridusse drasticamente la domanda di materiali analogici. I tentativi di riconversione verso altri settori chimici — compresi alcuni esperimenti nella produzione di substrati per la stampa offset e di materiali per il settore medico e radiografico — non bastarono a compensare le perdite. La Forte dichiarò bancarotta nel 2007, ponendo fine a una storia industriale durata oltre ottant’anni.
Nonostante la chiusura, l’eredità tecnica della Forte non andò completamente perduta. Negli anni successivi al fallimento, piccole aziende indipendenti e gruppi di ex-dipendenti recuperarono parte del know-how, delle formule e dei macchinari, riproponendo sul mercato alcune emulsioni ispirate alle storiche pellicole FortePan. Inoltre, alcune scorte invendute della produzione originale rimasero in circolazione per anni, alimentando un mercato secondario di carta e pellicole “Forte NOS” (New Old Stock) vendute in Europa e Nord America.
La reputazione della Forte sopravvive oggi soprattutto tra gli stampatori analogici, che continuano a considerare la Polywarmtone una delle migliori carte baritate mai prodotte in Europa. Il suo tono caldo, la risposta omogenea alla viratura al selenio e al viraggio all’oro, e la sua texture vellutata, l’hanno resa un riferimento ineludibile per chi pratica ancora la camera oscura con rigore tecnico ed estetico. Diverse istituzioni fotografiche, tra cui scuole d’arte e accademie, hanno conservato stock di materiali Forte per uso didattico e archivistico, a testimonianza del valore storico e qualitativo della produzione.
Dal punto di vista tecnico, la Forte fu una delle poche industrie del blocco orientale in grado di mantenere standard comparabili alle migliori produzioni occidentali, con una gamma completa di emulsioni negative, carte fotografiche, prodotti chimici per sviluppo, fissaggio e stampa. La qualità della gelatina fotosensibile prodotta in sede, la purezza chimica dei reagenti, e la precisione nei procedimenti di essiccazione e taglio delle carte fecero dell’azienda un modello di riferimento, soprattutto per chi cercava affidabilità a costi contenuti.
L’impianto di Vac, dopo la chiusura, è stato parzialmente riconvertito in centro logistico, ma alcune sezioni originarie sono oggi oggetto di progetti di recupero storico-industriale. Collezionisti e appassionati di fotografia analogica conservano gelosamente pellicole Forte sigillate, considerandole testimonianze tangibili di un’epoca della fotografia ormai scomparsa, in cui la chimica e la luce si fondevano con l’abilità artigiana.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
La mia esperienza si estende oltre la scrittura; curo mostre fotografiche e pubblico articoli su riviste specializzate. Ho un occhio attento ai dettagli e cerco sempre di contestualizzare le opere fotografiche all’interno delle correnti storiche e sociali.
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