Le radici della Erwin Adloff Apparatebau affondano nella Berlino degli anni Trenta, in un momento in cui la capitale tedesca era un crocevia di innovazione meccanica e ottica. All’incirca nel 1936–1937, un artigiano nominato Erwin Adloff, la cui formazione tecnica rimane in gran parte oscura, decise di dar vita a una piccola officina specializzata nella produzione di strumenti di precisione per la fotografia. L’azienda venne formalmente registrata nel quartiere di Wilmersdorf, zona rinomata per la sua concentrazione di laboratori di ottica e di officine meccaniche. È plausibile che Adloff avesse lavorato in precedenza per fornitori di componentistica metallica, apprendendo le tecniche di fusione di precisione e di tornitura necessarie per realizzare corpi macchina in metallo pressofuso.
Il contesto storico contribuì al rapido sviluppo dell’impresa. La diffusione del formato 35 mm stava ormai rivoluzionando l’approccio amatoriale e semi‑professionale alla fotografia: le aziende tedesche di medio picco iniziavano a esplorare nuovi concept di teleobiettivi telescopici e di chassis interni per pellicole a rullo. In questo fermento, la Erwin Adloff Apparatebau si pose l’obiettivo di creare fotocamere compatte, robuste e dotate di un aspetto estetico moderno, contrastando il dominio delle grandi case tedesche. L’atelier iniziale occupava un piccolo locale al piano terra di una palazzina di Charlottenburg‑Wilmersdorf, con una fresa per metalli, un banco di tornitura e un’area di montaggio manuale.
Secondo testimonianze indirette, il primo prototipo realizzato da Adloff fu chiamato “Tex”, un’apparecchio cast‑metal a doppio tubo telescopico, pensato per ottenere una focale di circa 50 mm con un ingombro minimo una volta richiuso. Il progetto era sufficientemente semplice perché potesse essere replicato a basso costo, ma presentava dettagli curati come il meccanismo di scorrimento dei tubi in metallo pressofuso e un otturatore tipo Singlo capace di veloci tempi di posa. L’impiego di lingotti di lega leggera riduceva il peso complessivo, mantenendo tuttavia un’elevata rigidità strutturale.
Tra il 1937 e il 1938 si registra la registrazione del marchio Adloff Tex su documenti commerciali e qualche annuncio su riviste specializzate tedesche, benché oggi restino pochissime copie di quei volumi. Il successo del prototipo spianò la strada al lancio di una seconda variante, la Nova, che condivideva la medesima carrozzeria telescopica ma montava un ottica più spinta, definita “Special Anastigmat f/4.5”. Entrambi i modelli furono prodotti in numeri limitati, probabilmente meno di un migliaio di unità ciascuno, prima che lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale interrompesse bruscamente ogni attività civile.
Il breve arco di vita dell’azienda (circa 1938–1940) si chiuse con la riconversione delle officine alle esigenze belliche. Piuttosto che scomparire del tutto, i macchinari e parte del personale furono dirottati verso la produzione di componenti ottici per l’industria militare, lasciando dietro di sé solo frammentarie documentazioni ufficiali. Tuttavia, la qualità costruttiva e l’innovazione delle soluzioni telescopiche, insieme al design compatto, hanno reso le fotocamere Adloff oggetto di collezionismo e di studi specialistici sulla micro‑fotografia del periodo pre‑bellico.
Modelli principali
La produzione di Erwin Adloff Apparatebau si sviluppò attorno a due modelli iconici: il Tex e la Nova. Entrambi impostarono i canoni della cosiddetta “mini‑folding camera” in metallo, combinando soluzioni ottiche, meccaniche e di ingegneria del layout interno per pellicole da 35 mm.
Adloff Tex
Il modello Tex fu il primo a entrare in produzione verso la metà del 1938. Era caratterizzato da un corpo in lega pressofusa, composto da due tubi telescopici a scomparsa che avevano lo scopo di ridurre gli ingombri di trasporto. In apertura completa, la lunghezza tra piano focale e ottica raggiungeva circa 80 mm, consentendo un passo focale teorico intorno a 5 cm. L’otturatore montato era un Singlo di fabbricazione tedesca, in grado di offrire tempi di esposizione variabili (1/25, 1/50, 1/100 s e la modalità bulb). Il caricamento della pellicola veniva gestito tramite speciali cassetti Hermes‑type, che estratti dal retro permettevano il cambio rapido del mini‑carrello interno. Il mirino ottico, di tipo galileiano, era fisso e forniva un’anteprima accurata del campo, nonostante la ridotta dimensione.
Adloff Nova
La Nova nacque pochi mesi dopo, nella seconda metà del 1938. Conservava la medesima scocca telescopica del Tex, ma offriva un’ottica più luminosa, denominata Special Anastigmat f/4.5, fabbricata in vetri selezionati con trattamento antiriflesso primitivo. Questo consentiva scatti in condizioni di luce ridotta e un controllo migliore sulla profondità di campo. La Nova venne inoltre dotata di un blind‑shutter intermedio che proteggeva la lente durante il trasporto, migliorando l’affidabilità del sistema ottico. Alcune versioni pos‑semplificate presentavano anche un innesto per filtri vetrati, utile per scopi paesaggistici e contrasto su emulsioni ortocromatiche.
Accessori e varianti
Erwin Adloff Apparatebau mise a catalogo una piccola serie di accessori dedicati:
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Cinghie in cuoio personalizzate, con fibbia metallica marchiata Adloff.
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Custodie in tessuto oleato con interno imbottito, tagliate su misura per Tex e Nova.
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Mirini ausiliari per riprese ravvicinate, avvitabili sul tubo frontale.
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Casse di trasporto in legno rivestito internamente, numerate in serie limitata.
Data la scarsità delle risorse e i tempi ristretti, non furono sviluppate versioni successive con movimenti di banco o grandangolari intercambiabili. Tuttavia, la peculiarità dei due modelli rimane nel design compatto e nella meccanica telescopica, anticipando concetti di fotocamere subminiature che avrebbero fiorito solo diversi anni dopo.
Caratteristiche tecniche
Il fulcro della produzione Adloff risiedeva nella combinazione di fusione di precisione, lavorazioni meccaniche di finitura e un accurato assemblaggio manuale. Ogni corpo macchina era realizzato utilizzando un particolare alluminio siluminico, scelto per il suo basso peso specifico e per la capacità di mantenere dettagli minuti dopo la pressofusione.
Fusione e fresatura
I tubi telescopici venivano prima realizzati tramite pressofusione in stampi di acciaio, seguendo tolleranze di ±0,1 mm per le superfici scorrevoli. Dopo la fusione, ogni pezzo passava su fresatrici manuali per rettificare le sedi dei tubi interni, garantendo un movimento fluido senza gioco e senza richiedere lubrificanti che avrebbero potuto danneggiare le superfici ottiche o le pellicole.
Tornitura e levigatura
Le ghiere di regolazione del fuoco e dell’otturatore venivano tornite con macchine a controllo manuale, con passaggi successivi di levigatura fine per rimuovere bavature e imperfezioni. La finitura esterna prevedeva un trattamento superficiale di passivazione chimica per migliorare la resistenza all’ossidazione, seguito da una verniciatura a spruzzo nelle poche colorazioni offerte (grigio antracite e marrone scuro).
Assemblaggio ottico
L’ottica Special Anastigmat f/4.5 e il menisco del Tex venivano centrati a mano con l’ausilio di un collimatore ottico rudimentale. Lettori di distanza non erano previsti, ma i tecnici Adloff regolavano manualmente la messa a fuoco tramite micro‑spessori metallici inseriti tra le lenti e la vite di fermo. Le lenti ricevevano un velo primitivo di olio siliconico per ridurre i riflessi, tecnica d’avanguardia per l’epoca.
Montaggio dello shutter
Il Singlo shutter, importato da un fornitore berlinese, veniva smontato pezzo per pezzo, ripulito e riallenato internamente prima di essere alloggiato nel corpo. I tempi venivano tarati su un cronografo ottico, assicurando una precisione di ±10% rispetto ai valori nominali. Ogni otturatore veniva poi testato con almeno cento cicli di scatto per verificarne l’affidabilità meccanica.
Controllo qualità
Un’ispezione finale prevedeva il caricamento di un breve spezzone di pellicola di prova in cassette Hermes, con sei esposizioni in condizioni di luce controllata. Le pellicole venivano sviluppate immediatamente e analizzate per verificare la corretta messa a fuoco e l’uniformità dei tempi di esposizione. Solo i corpi che superavano tali test venivano siglati con il numero di serie e inseriti in confezione originale.
Declino
La commercializzazione delle fotocamere Adloff si svolse in modo mirato: pochi rivenditori specializzati in apparecchi di fascia medio‑alta a Berlino e Monaco ricevevano direttamente i lotti prodotti. Il prezzo di listino era allineato a realtà nazionali di buona qualità ma non di massa, pari a circa 12—15 RM (Reichsmark) nel 1938, collocando Tex e Nova in una fascia di prodotto dedicata a fotoamatori evoluti e a giornalisti locali.
Con l’avanzare della crisi politica e l’intensificarsi delle nazionalizzazioni belliche, la Erwin Adloff Apparatebau vide ridursi drasticamente l’accesso alle materie prime metalliche. Già entro il 1939 la produzione si era quasi fermata e, con l’entrata in guerra della Germania, lo stabilimento venne convertito alla realizzazione di piccoli componenti ottici per apparecchi di rilevamento militare. Tutti i prototipi successivi, eventualmente in sviluppo, subirono la sorte dei progetti bellici classici: documentazioni distrutte o sequestrate, pezzi unici dispersi tra gli arsenali.
Dopo il 1945 non vi è traccia di un rilancio del marchio. Ogni tentativo di rintracciare Erwin Adloff o i suoi collaboratori post‑guerra non ha avuto esito: il destino dell’officina e dei suoi attrezzi rimane avvolto nel mistero. Alcuni collezionisti privati hanno recuperato poche decine di esemplari di Tex e Nova, oggi custoditi in piccole collezioni museali tedesche e in archivi fotografici di appassionati. Un unico set completo di Nova, con confezione originale, si trova esposto presso il Deutsches Kameramuseum di Plech, insieme ad altri reperti di micro‑fotografia pre‑bellica.
Il lascito di Erwin Adloff Apparatebau si concretizza nella sperimentazione tecnica di un formato compatto e in soluzioni meccaniche che influenzarono la generazione successiva di fotocamere subminiature. Nonostante la vita breve e l’impatto commerciale limitato, i modelli Tex e Nova rimangono pietre miliari per gli studiosi di storia fotografica, testimoni di un’epoca in cui l’arte meccanica tedesca tentava di riconciliarsi con la portabilità e la praticità d’uso.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
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