La Elgin Laboratories venne fondata nella cittadina di Elgin, Illinois, nei primi anni del Novecento, probabilmente tra il 1908 e il 1912, come diretta emanazione di competenze già consolidate nel settore della micromeccanica. Il nome stesso tradisce un’ascendenza legata alla Elgin National Watch Company, celebre manifattura orologiera che aveva fatto di Elgin un polo di riferimento per la produzione di meccanismi di precisione a partire dal 1864. Sebbene le fonti dirette sulla fondazione della Elgin Laboratories siano scarse, documenti d’archivio e brevetti riconducono la sua nascita alla figura di Dr. Charles M. Lydon, un ingegnere ottico e chimico industriale, già collaboratore esterno di diverse aziende operanti nel settore delle ottiche fotografiche.
A differenza della compagnia orologiera, Elgin Laboratories non si concentrò sulla produzione di movimenti meccanici, bensì si affermò per la progettazione e realizzazione di componenti ottici e chimici dedicati alla fotografia. Gli anni immediatamente precedenti la Prima Guerra Mondiale erano infatti un periodo di forti investimenti nella ricerca applicata, e diverse industrie cercavano di consolidare una produzione americana indipendente da forniture europee, soprattutto tedesche, nel campo della chimica fotografica e delle ottiche. Elgin Laboratories entrò in questo mercato in modo mirato, specializzandosi sin da subito in ottiche fotografiche ad alta risoluzione, elementi lenti acromatiche, rivestimenti anti-riflesso e in una linea di soluzioni chimiche brevettate per sviluppo e fissaggio di lastre e pellicole.
Le prime pubblicazioni tecniche in cui compare il nome Elgin Laboratories datano al 1915, con inserzioni pubblicitarie su riviste specializzate quali Photo-Era e Camera Craft, che promuovevano una nuova formula per il fissaggio rapido, detta “Elgin Rapid Fix A-3“, particolarmente efficace per il trattamento di negativi in vetro ad alto contrasto. La compagnia entrò quindi nel mercato fotografico con un doppio binario produttivo: da un lato soluzioni chimiche ad uso fotografico professionale, dall’altro ottiche fotografiche e microscopiche, in particolare obiettivi anastigmatici per formati medio-grandi.
L’impostazione tecnica dell’azienda rifletteva una concezione industriale molto moderna per l’epoca: laboratorio interno di test ottici, reparto di trattamento e rivestimento delle lenti sotto vuoto, linea dedicata alla preparazione di chimici fotografici in piccoli lotti per garantire la purezza. A questo si aggiungeva una linea di prodotti destinata al settore scientifico, come ottiche per microscopia e per apparati spettrografici, che permetteva una stabilità economica utile a finanziare la ricerca in ambito fotografico.
Obiettivi Elgin
I progetti ottici di Elgin Laboratories rispecchiano lo sforzo americano di affrancarsi dal predominio europeo nel campo della fotografia tecnica e scientifica. A partire dal 1920 l’azienda introdusse sul mercato una gamma di obiettivi chiamata Elgin Resolvar, realizzati per coprire formati dal 6×9 al 13×18 cm, destinati prevalentemente a fotocamere da studio o da campo. Il design ottico era del tipo anastigmatico a 4 o 5 lenti in 3 gruppi, con aperture comprese tra f/6.3 e f/4.5, secondo configurazioni riconducibili a doppio Gauss modificati, e occasionalmente a schema Tessar.
Le lenti venivano tagliate internamente da vetro ottico importato dalla Schott e dalla Corning, prima che Elgin sviluppasse, a metà anni Trenta, un proprio forno per la fusione e rifusione di vetro borosilicato ad alta trasparenza. I rivestimenti anti-riflesso, elemento ancora poco diffuso all’epoca, furono una delle innovazioni distintive di Elgin Laboratories: già nel 1935 veniva presentata la linea “Blue-Coated Resolvar“, trattata con fluoruri di magnesio per migliorare la trasmissione luminosa e ridurre i flare nelle riprese in luce diffusa.
Dal punto di vista meccanico, gli obiettivi Elgin erano montati su eliche in ottone nichelato e spesso forniti con otturatori Compound o Betax, prodotti negli Stati Uniti e in grado di garantire tempi da 1 secondo a 1/200. I diaframmi erano a iride a 10 lamelle, e nei modelli superiori si trovavano anche meccanismi di preset per il diaframma, utili nelle riprese a cavalletto. L’incisione sulla ghiera anteriore era spesso manuale, un segno distintivo dell’approccio artigianale dell’azienda, che puntava a una produzione di nicchia e di alta qualità, destinata a studi professionali e fotografi tecnici.
La resa ottica degli obiettivi Elgin è documentata da diverse prove comparative dell’epoca. I test su negativi 8×10 pollici mostrano una notevole correzione dell’astigmatismo ai bordi e una buona neutralità cromatica anche a tutta apertura. L’assenza di distorsione geometrica li rendeva particolarmente adatti alla fotografia documentaria, architettonica e scientifica, ambiti nei quali Elgin Laboratories costruì gran parte della propria reputazione.
Prodotti chimici per camera oscura
Parallelamente al comparto ottico, Elgin Laboratories sviluppò un’intera linea di chimici per lo sviluppo fotografico che riscossero un buon successo tra i laboratori professionali del Midwest americano. La formula del “Rapid Fix A-3”, come accennato, fu tra le prime a includere una percentuale di tiosolfato d’ammonio al posto del più tradizionale sodio, garantendo tempi di fissaggio ridotti e una maggiore stabilità nel tempo delle immagini. Il prodotto era venduto sia in forma liquida che in polvere, con istruzioni precise per la diluizione e il trattamento in camera oscura.
Altro sviluppo chiave fu il rivelatore “Elgin PX-20”, introdotto nel 1932, pensato per lastre ortocromatiche e successivamente adattato alle prime pellicole pancromatiche. A differenza dei rivelatori europei dell’epoca, il PX-20 incorporava agenti anti-velo come il bromuro di potassio e una base alcalina più stabile derivata dal carbonato di sodio pesato. Il risultato era una resa tonale più piatta e controllata, ideale per riproduzioni tecniche, mappe e documenti, ma anche per ritratto in studio quando si desiderava un contrasto contenuto.
Nella seconda metà degli anni Trenta l’azienda mise sul mercato una serie di kit completi per camera oscura, destinati a studi e laboratori: “Elgin Developer Kit”, “Pro-Lab Pack”, “Studio FX Kit”, che includevano rivelatore, arresto, fissaggio e un additivo per lavaggio (una primitiva forma di ipoclorito attenuato), tutto progettato per mantenere la neutralità dell’immagine e la permanenza dell’argento nel tempo. Il pubblico di riferimento erano fotografi professionisti, ma anche tecnici delle università e istituti di ricerca, ai quali Elgin forniva anche assistenza tecnica personalizzata.
La compagnia si distinse anche nella pubblicazione di manuali tecnici, come il celebre “Practical Photographic Chemistry for the Professional Lab”, del 1937, che divenne uno strumento di riferimento per la formazione tecnica in numerosi istituti americani. L’impostazione fortemente applicativa, unita a spiegazioni dettagliate dei processi chimici, fece sì che il volume venisse ristampato per almeno un decennio. Fu anche attraverso queste pubblicazioni che Elgin Laboratories consolidò la propria immagine di affidabilità scientifica e industriale.
Declino e scomparsa: crisi post-bellica e assorbimento industriale
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’intero comparto fotografico americano si trovò a fronteggiare una rapida trasformazione. Il boom dell’industria bellica aveva accelerato lo sviluppo di materiali sensibili, ottiche e processi chimici avanzati, ma la riconversione industriale verso il mercato civile non fu ugualmente efficace per tutti gli operatori. Elgin Laboratories, pur beneficiando di contratti per la fornitura di materiali ottici e reagenti ai corpi dell’esercito e alle università tecniche, iniziò a risentire della concorrenza da parte di colossi emergenti come Kodak, Ansco e Bausch & Lomb, i quali potevano permettersi economie di scala e una rete distributiva più capillare.
Tra il 1946 e il 1949 si registra un progressivo calo delle vendite, accompagnato da una riduzione delle linee di prodotto. I cataloghi Elgin, una volta ricchi di varianti e formati, diventano via via più essenziali. Il reparto ottico viene ridimensionato, mentre la produzione chimica viene parzialmente esternalizzata a piccoli laboratori affiliati della zona di Chicago. Diverse testimonianze riportano che tra il 1951 e il 1952 la compagnia avrebbe tentato una riconversione verso l’elettronica fotografica sperimentale, ma senza risultati tangibili.
L’ultimo documento certo riconducibile a Elgin Laboratories è un brevetto depositato nel 1953 per un “dispositivo di livellamento ottico per ingranditori da camera oscura”. Dopo quella data, la società sembra dissolversi, molto probabilmente assorbita da un’azienda più grande o liquidata per insolvenza. Nessuna delle sue sedi produttive storiche risulta più attiva negli anni Sessanta, e gran parte della documentazione tecnica sopravvive oggi solo in collezioni private e archivi universitari.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
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