Cardinal Creations Corporation, talvolta indicata come Cardinal Camera Corporation, fu fondata attorno al 1949–1950 negli Stati Uniti, con sede iniziale riportata a Long Island City, New York, all’indirizzo 36‑12 34th Street. L’azienda si specializzò nella produzione di fotocamere economiche in plastica bakelite, destinate al mercato usa e getta o come gadget promozionali, offrendo sistemi semplici ma funzionanti con pellicola in formato 127 roll‑film, capace di 16 esposizioni per rullo.
L’attività iniziò nel secondo dopoguerra, periodo in cui le tecnologie tradizionali della fotografia stavano evolvendo rapidamente. Cardinal Creations si posizionò offrendo apparecchi poco costosi, facili da produrre in serie attraverso calchi plastici, utilizzando lenti menisco a fuoco fisso e shutter pendulari istantanei, privi di regolazioni complesse. Questi elementi tecnici, pur elementari, rispondevano a una domanda di diffusione di massa, di facile utilizzo anche da parte di utenti non esperti.
La produzione era impostata su uno standard rigido: ogni camera era progettata per essere monofocale e automatica, senza parti mobili delicate se non lo shutter. La menisco lens era centrata e fissata nel corpo tramite garze auto‑bloccanti, la shutter pendulum era calibrata per attivarsi con un semplice impulso esterno, garantendo una esposizione approssimativa di 1/50 s (tempo tipico di shutter instant). Non esisteva sistema di messa a fuoco variabile né di avanzamento film sofisticato: il rullo era caricato manualmente con rotazione esterna del corpo, garantendo i famosi 16 fotogrammi.
Un aspetto tecnico rilevante è la scelta del materiale bakelite, una prima plastica termoindurente. Questo materiale era ideale per produzione economica: resistente, facilmente stampabile in stampi, robusto ma privo di elasticità e soggetto a crepe se caduto. Cardinal Creations ottimizzò il design con gusci spessi 2–3 mm, sostegni interni in metallo leggero per sostenere la lente e lo shutter, e superficie leggermente satinata per evitare riflessi indesiderati in fase di scatto.
La struttura organizzativa era essenziale: non emergeva un dipartimento tecnico di ingegneri ottici come nelle grandi aziende, ma si trattava di un laboratorio di progettazione snello che definiva gli stampi, il posizionamento ottico, il flusso di assemblaggio della plastica e le tolleranze meccaniche entro ±0,2 mm. La ridotta complessità consentiva una produzione a basso costo, rapida e sufficientemente affidabile per il mercato consumer.
Non sono note figure fondatrici individuali: la documentazione disponibile non menziona nomi come CEO o ingegneri, suggerendo che la società fosse un’entità minore, forse nata da un piccolo gruppo che sfruttava le capacità di stampa plastica in un periodo di diffusione fotografica popolare. Neppure la durata esatta dell’attività è documentata, comunque sembra confinata agli anni Cinquanta, producendo pochi modelli standardizzati, venduti come gadget o semplici fotocamere da regalo.
Questa semplicità dell’offerta e del marketing chiudeva il cerchio su un approccio tecnico-istituzionale minimale: nessuna complessità meccanica, nessun obiettivo intercambiabile, nessuna messa a fuoco, nessuna scena automatica. Solo un meccanismo funzionale, integrato in un guscio plastico stampato, rullo da 127 e lente menisco. L’obiettivo era rendere la fotografia accessibile a tutti, anche se a prezzo molto basso e con qualità limitata.
Modelli prodotti
Il modello più noto fu la Cardinal Camera, realizzato attorno al 1950, un apparecchio nero in plastica bakelite, capace di 16 esposizioni su pellicola 127. Questo modello era molto simile al Cinex Camera, anch’esso prodotto dalla stessa azienda: stesso formato, stesso tipo di lente fissa e shutter pendulum, stesso numero di esposizioni per rullo.
La lente menisco era tipicamente un singolo elemento in vetro ottico di bassa dispersione (CSF‑glass), con un’apertura fissa di circa f/11–f/16, progettata per garantire una profondità di campo estesa da circa 2 m a infinito. Non offriva alcuna regolazione di apertura o fuoco, ma funzionava per la maggior parte delle scene casuali. La shutter pendulum instant era azionata da una leva esterna: senza meccanismi di molleggio sofisticato, era calibrata per fornire una durata istantanea costante, sebbene deviazioni termiche potessero incidere sulla velocità effettiva dell’esposizione.
Il rullo da 127 era caricato manualmente dentro il corpo macchina; l’avanzamento film avveniva ruotando il cilindro esterno fino al numero corretto impresso sul portafinestra. La distanza tra il piano focale e il piano della lente era fissa e calibrata durante la produzione, in modo da mantenere una messa a fuoco accettabile per soggetti mediamente distanti. Il design interno era così minimalista da poter essere assemblato con pochissimi componenti: guscio plastico, lente, shutter, bobina posteriore, fermo di chiusura, che garantivano un costo di produzione bassissimo.
Il profilo tecnico-industriale dell’azienda indicava una logica di produzione in lotto grande, con stampi plastici che permettevano centinaia di pezzi al giorno. Non sono documentati processi di controllo qualità complessi, ma è plausibile che venissero adottati metodi base per garantire che ogni lente fosse centrata e ogni shutter funzionasse almeno per 10‑20 attivazioni. La semplicità consentiva anche una più facile riparazione: molti pezzi potevano essere sostituiti senza attrezzi sofisticati, sebbene dopo pochi utilizzi la plastica potesse rompersi o deformarsi.
Sul piano tecnico la Cardinal Camera e il Cinex erano identici: due versioni dello stesso prodotto, forse diversi solo nel marchio o nel packaging, pensati per vendita al dettaglio o distribuzione gratuita come omaggi promozionali. Le fonti suggeriscono che alcune di queste fotocamere erano distribuite in negozi low‑cost, supermercati, o utilizzate come gadget in eventi pubblicitari.
La documentazione testimonia che l’azienda non sviluppò modelli successivi con zoom, obiettivi intercambiabili o otturatori variabili. Al contrario, cessò l’attività tecnica poco tempo dopo, probabilmente entro la metà degli anni Cinquanta, quando aumentò la concorrenza da parte di fotocamere più raffinate e il formato 127 divenne meno popolare rispetto al 120 o al 35 mm.
Non sono reperibili cataloghi dettagliati o manuali tecnici, ma la descrizione presente nelle fonti storiche mostra che l’azienda non perseguiva una precision engineering, bensì un livello minimo di affidabilità fotografica. La lente menisco offriva una qualità ottica molto limitata, con aberrazioni visibili e vignettatura; lo shutter pendulum era soggetto a variazioni temporali e meccaniche; il guscio bakelite era fragile. Tuttavia, dal punto di vista tecnico, fu un prodotto coerente con una missione di democratizzazione della fotografia attraverso componentistica industriale a basso costo.
In sintesi il profilo tecnico di Cardinal Creations Corporation rivela un approccio produttivo centralizzato su un modello single‑product, con materiali semplici, design essenziale e obiettivo chiaramente commerciale: massima diffusione a prezzo minimo. Il supporto tecnico assente, la mancanza di manualistica, la qualità ottica elementare indicano che l’azienda non ambiva a innovazione ottica o meccanica, ma a fungere da produttore di massa per utenti occasionali.

Sono Manuela, autrice e amministratrice del sito web www.storiadellafotografia.com. La mia passione per la fotografia è nata molti anni fa, e da allora ho dedicato la mia vita professionale a esplorare e condividere la sua storia affascinante.
Con una solida formazione accademica in storia dell’arte, ho sviluppato una profonda comprensione delle intersezioni tra fotografia, cultura e società. Credo fermamente che la fotografia non sia solo una forma d’arte, ma anche un potente strumento di comunicazione e un prezioso archivio della nostra memoria collettiva.
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