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La fotografia turistica

La fotografia turistica è un genere che si sviluppa parallelamente all’affermazione del turismo moderno e che, fin dalle sue origini, svolge una funzione di documentazione, memoria e promozione dei luoghi visitati. Le sue radici risalgono alla metà dell’Ottocento, quando la nascita della fotografia coincise con l’espansione dei viaggi legati al Grand Tour, pratica formativa e culturale delle élite europee. Prima dell’avvento della fotografia, i viaggiatori raccoglievano incisioni, litografie e acquerelli come testimonianze visive delle città e dei paesaggi attraversati; con l’invenzione del dagherrotipo nel 1839, questi strumenti furono progressivamente sostituiti dalle nuove immagini fotografiche, considerate più fedeli e scientifiche.

Le prime fotografie turistiche erano spesso realizzate da professionisti stabiliti in località di grande attrattiva culturale e naturalistica. Fotografi come Maxime Du Camp e Francis Frith si distinsero per i loro viaggi in Oriente e in Egitto, producendo album fotografici che riproducevano monumenti, templi e panorami, destinati a un pubblico europeo curioso di conoscere terre lontane. Queste immagini, seppur pensate per il mercato editoriale, cominciarono a circolare anche come ricordo per i viaggiatori, assumendo progressivamente la funzione di souvenir visivo.

Dal punto di vista tecnico, l’utilizzo delle lastre al collodio umido richiedeva ancora attrezzature ingombranti e procedure complesse, limitando la produzione fotografica al lavoro di specialisti. Tuttavia, già in questa fase, la fotografia turistica si impose come genere distinto, caratterizzato da una forte domanda di immagini riconoscibili e riproducibili, capaci di fissare i luoghi più celebri del viaggio. La necessità di rendere riconoscibili monumenti, piazze e paesaggi comportava l’uso di obiettivi grandangolari e di punti di vista privilegiati, spesso già consolidati nella tradizione pittorica.

A partire dagli anni 1860, la diffusione delle stampe fotografiche su carta albuminata e la possibilità di acquistare album di viaggio nei negozi delle città turistiche contribuirono a consolidare la fotografia turistica come fenomeno di massa. Le immagini non erano più appannaggio esclusivo degli studiosi o delle élite, ma cominciarono a circolare tra una borghesia sempre più mobile, alimentando l’immaginario collettivo dei viaggi e delle mete esotiche.

Diffusione nel turismo di massa e nella società del Novecento

Il passaggio tra Otto e Novecento segnò un’evoluzione decisiva della fotografia turistica. L’espansione delle ferrovie, l’apertura di grandi stazioni balneari e termali, lo sviluppo delle prime agenzie di viaggio come Thomas Cook trasformarono il turismo in un fenomeno accessibile a strati sociali sempre più ampi. Di pari passo, la fotografia divenne parte integrante dell’esperienza turistica.

Con l’avvento della fotografia su pellicola e la commercializzazione delle fotocamere portatili Kodak a partire dal 1888, i viaggiatori non furono più semplici consumatori di immagini prodotte da altri, ma cominciarono a realizzare in autonomia i propri ricordi visivi. Il famoso slogan “You press the button, we do the rest” segnò una rivoluzione nel rapporto tra fotografia e turismo: non era più necessario affidarsi a fotografi professionisti, poiché chiunque poteva fissare su pellicola le tappe del proprio viaggio.

Nel Novecento, la fotografia turistica si diffuse capillarmente, assumendo forme diverse: dalle cartoline illustrate fotografiche, che sostituirono progressivamente le litografie, alle fotografie amatoriali inserite in album di famiglia. La funzione della fotografia turistica si ampliò, divenendo non solo ricordo personale, ma anche mezzo di comunicazione sociale. Mostrare le immagini dei propri viaggi significava affermare uno status, condividere esperienze e consolidare identità collettive.

La fotografia turistica ebbe un ruolo fondamentale anche nella promozione dei territori. I governi, le compagnie ferroviarie e le agenzie turistiche commissionarono campagne fotografiche volte a valorizzare monumenti, spiagge e paesaggi montani. Le immagini venivano stampate su manifesti, guide e opuscoli, contribuendo a creare una vera e propria estetica del turismo.

Le tecniche fotografiche si adattarono progressivamente a queste nuove esigenze: la diffusione della fotografia a colori a partire dagli anni ’30 (prima con l’Autochrome dei fratelli Lumière, poi con Kodachrome) rese più vivide e accattivanti le rappresentazioni turistiche, enfatizzando la luminosità dei mari, la ricchezza dei giardini e l’impatto visivo dei monumenti. La fotografia turistica si avviava così a diventare uno degli strumenti principali dell’immaginario collettivo del Novecento.

Aspetti tecnici e attrezzature utilizzate nella fotografia turistica

Dal punto di vista tecnico, la fotografia turistica presenta caratteristiche peculiari legate alla necessità di catturare panorami ampi, architetture monumentali e scene di vita quotidiana in contesti spesso affollati. Gli strumenti utilizzati hanno subito un’evoluzione costante, influenzata dalle esigenze del viaggiatore e dalle possibilità offerte dal mercato.

Nell’Ottocento, i fotografi professionisti impiegavano camere di grande formato con lastre al collodio o successivamente al gelatino-bromuro, ottenendo immagini nitide e dettagliate, ideali per la riproduzione tipografica. Tuttavia, queste apparecchiature erano inadatte ai viaggiatori comuni, che spesso acquistavano fotografie già pronte. Con l’introduzione delle fotocamere pieghevoli a rullino nei primi decenni del Novecento, divenne possibile per il turista trasportare con sé uno strumento leggero e relativamente semplice da usare, capace di produrre stampe di qualità sufficiente per album e cartoline.

La ricerca di ottiche grandangolari fu una costante nella fotografia turistica, poiché permetteva di includere nelle inquadrature l’intero edificio o vasti tratti di paesaggio. In parallelo, le ottiche standard da 50 mm si diffusero per la loro versatilità, consentendo di catturare scene urbane e ritratti ambientati. Negli anni Cinquanta e Sessanta, con l’avvento delle reflex 35 mm, la fotografia turistica acquisì nuove possibilità creative: il controllo manuale dei tempi e dei diaframmi permetteva di adattarsi alle diverse condizioni di luce tipiche dei viaggi, mentre la disponibilità di pellicole con diverse sensibilità ISO favoriva la flessibilità operativa.

Con l’arrivo della fotografia digitale alla fine degli anni Novanta, il rapporto tra turismo e fotografia cambiò radicalmente. Le fotocamere compatte digitali consentivano di scattare centinaia di immagini senza il vincolo del rullino, favorendo un approccio più spontaneo e sperimentale. L’integrazione successiva della fotografia nei telefoni cellulari, e in particolare negli smartphone, trasformò la fotografia turistica in un fenomeno immediato e globale, con la possibilità di condividere le immagini in tempo reale attraverso piattaforme social.

Dal punto di vista tecnico, la fotografia turistica si caratterizza oggi per l’uso diffuso di stabilizzatori ottici e digitali, utili per catturare immagini nitide anche in condizioni di luce scarsa, e per l’impiego di sensori ad alta risoluzione che permettono di riprodurre fedelmente i dettagli architettonici e naturali. L’uso dei droni ha aggiunto una nuova dimensione, consentendo riprese aeree di paesaggi e città, che si inseriscono perfettamente nella tradizione della fotografia turistica intesa come esplorazione visiva dello spazio.

Fotografia turistica come fenomeno sociale e culturale

Oltre alle questioni tecniche, la fotografia turistica rappresenta un fenomeno sociale e culturale di grande rilievo. Essa ha contribuito a costruire l’immaginario collettivo dei viaggi, definendo canoni visivi che si ripetono nel tempo. La scelta di determinati punti di vista – ad esempio la Torre Eiffel ripresa frontalmente, o il Colosseo fotografato dalla piazza antistante – risponde a logiche di riconoscibilità e a una sorta di codificazione del vedere.

La fotografia turistica ha anche un forte valore antropologico, poiché documenta le interazioni tra i viaggiatori e i luoghi visitati. Le immagini non ritraggono solo i monumenti, ma spesso includono i turisti stessi, posizionati come protagonisti accanto a simboli culturali e naturali. In questo senso, la fotografia turistica non è solo rappresentazione del luogo, ma anche messa in scena dell’esperienza di viaggio.

Nel corso del Novecento, essa divenne parte integrante della costruzione dell’identità individuale e familiare. Gli album di viaggio rappresentavano un patrimonio iconografico privato, mentre le cartoline illustrate, spedite agli amici e ai parenti, costituivano una forma di comunicazione a distanza che univa il ricordo personale alla condivisione pubblica. Con l’avvento dei social network, questa dinamica si è amplificata: la fotografia turistica è oggi uno degli strumenti principali attraverso cui gli individui raccontano se stessi, collocandosi in un paesaggio globale condiviso.

Il carattere tecnico della fotografia turistica contemporanea si lega strettamente a questo aspetto sociale: la facilità di scatto, l’automazione delle impostazioni di esposizione e la possibilità di applicare filtri digitali rispondono alla richiesta di immagini immediatamente gradevoli e riconoscibili, pronte per essere condivise. Ciò ha trasformato radicalmente il rapporto tra produzione, consumo e circolazione delle immagini turistiche, confermando la centralità di questo genere fotografico nell’era digitale.

Archivi e collezioni della fotografia turistica

La lunga storia della fotografia turistica ha prodotto un patrimonio iconografico di straordinaria ricchezza, oggi conservato in archivi pubblici, musei e collezioni private. Fin dal XIX secolo, editori e fotografi professionisti realizzavano album e raccolte destinate ai viaggiatori, molti dei quali sono oggi documenti preziosi per lo studio della storia del turismo e della rappresentazione dei paesaggi.

Molti musei di fotografia, come il Musée d’Orsay di Parigi, il Victoria and Albert Museum di Londra o il Museo Alinari di Firenze, conservano collezioni significative di fotografie turistiche ottocentesche e novecentesche, che testimoniano l’evoluzione tecnica ed estetica del genere. Parallelamente, archivi statali e locali hanno raccolto cartoline, fotografie amatoriali e reportage commissionati da enti turistici, costituendo una fonte insostituibile per la ricerca storica.

Con l’avvento del digitale, una parte consistente di questo patrimonio è stata oggetto di progetti di digitalizzazione, che ne consentono la consultazione online e la diffusione a un pubblico vasto. L’analisi delle fotografie turistiche d’epoca permette non solo di comprendere l’evoluzione delle tecniche fotografiche, ma anche di studiare la trasformazione delle città, dei paesaggi e delle infrastrutture legate al turismo.

La fotografia turistica contemporanea, prodotta in quantità esponenziale da milioni di viaggiatori in tutto il mondo, rappresenta una nuova sfida per gli archivi. La conservazione delle immagini digitali, la loro catalogazione e la selezione di ciò che ha valore storico sono questioni aperte, che mostrano come la fotografia turistica continui a essere un campo di interesse vivo e dinamico, al confine tra documentazione tecnica e produzione culturale di massa.

La fotografia turistica spesso viene affiancata/confusa con la fotografia di viaggio, che potete approfondire qui:

La fotografia di Viaggio

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