David Seymour, conosciuto con lo pseudonimo di Chim, nacque il 20 novembre 1911 a Varsavia, Polonia, in una famiglia ebraica colta e cosmopolita. Il suo nome di nascita era Dawid Szymin, successivamente francesizzato in David Seymour durante il suo periodo parigino. Proveniva da un contesto familiare improntato alla cultura letteraria e umanistica: suo padre era editore di libri religiosi e di testi ebraici, circostanza che fornì a Seymour una sensibilità verso le narrazioni e un forte interesse per la comunicazione visiva.
Negli anni Trenta si trasferì in Francia, dove trovò terreno fertile per la sua vocazione fotografica. A Parigi frequentò ambienti artistici e intellettuali, maturando uno sguardo che combinava rigore documentario e attenzione umanistica. Con lo pseudonimo “Chim” – abbreviazione del cognome Szymin – iniziò a firmare i suoi lavori, un nome che sarebbe diventato noto in tutto il mondo.
La sua carriera lo portò a documentare eventi cruciali della storia europea: dalla Guerra civile spagnola alla Seconda guerra mondiale, fino alla ricostruzione del dopoguerra. Nel 1947 fu tra i cofondatori della celebre agenzia fotografica Magnum Photos, insieme a Henri Cartier-Bresson, Robert Capa e George Rodger.
La sua vita si concluse tragicamente il 10 novembre 1956, quando fu ucciso durante la crisi di Suez mentre documentava la situazione al confine tra Israele ed Egitto. Aveva 44 anni. La sua morte precoce privò la fotografia mondiale di una delle voci più attente alla condizione umana nel Novecento.
Formazione e primi passi nella fotografia
Dopo i primi studi in Polonia, Seymour si trasferì in Francia per approfondire la sua formazione. Inizialmente non scelse subito la fotografia, ma intraprese studi di grafica e arti visive all’Accademia di Belle Arti di Lipsia e successivamente alla Sorbonne di Parigi, dove seguì corsi di arte e scienze visive. L’interesse per l’immagine fotografica nacque progressivamente, favorito dall’ambiente parigino, crocevia di intellettuali, scrittori e artisti.
Dal punto di vista tecnico, Seymour si avvicinò alla fotografia come autodidatta, frequentando laboratori e osservando il lavoro dei fotoreporter che gravitavano intorno alle riviste francesi. Negli anni Trenta, l’espansione della stampa illustrata offriva nuove opportunità ai fotografi, e Chim si inserì rapidamente in questo scenario.
Uno dei suoi strumenti prediletti fu la Leica a telemetro con obiettivo 50 mm, macchina compatta che rivoluzionò il fotogiornalismo. La Leica consentiva di lavorare con rapidità e discrezione, elementi essenziali per un fotografo che puntava a catturare momenti autentici della vita quotidiana e degli eventi storici. Chim dimostrò fin da subito grande abilità nell’uso della luce naturale e nella composizione spontanea, privilegiando immagini cariche di intensità narrativa.
Le sue prime commissioni riguardarono reportage sociali e culturali in Francia. Collaborò con riviste come Regards e Vu, specializzandosi nella documentazione della vita dei lavoratori e degli ambienti popolari. La sua fotografia si distingueva per un equilibrio tra rigore informativo e attenzione empatica ai soggetti, anticipando il suo futuro stile umanista.
L’esperienza più significativa della sua giovinezza fu però la Guerra civile spagnola (1936–1939). Insieme a fotografi come Robert Capa e Gerda Taro, Seymour si recò in Spagna per documentare il conflitto. Le sue immagini non si concentrarono solo sulla battaglia, ma soprattutto sulle vittime civili, sui bambini e sulle donne, sottolineando il lato umano della tragedia. Questo approccio segnò la cifra stilistica della sua intera carriera.
Carriera fotografica e stile tecnico
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, Seymour si trovò costretto a interrompere la sua attività fotografica in Europa. Si rifugiò negli Stati Uniti, dove collaborò con diverse testate e lavorò per l’esercito americano come fotografo durante il conflitto. L’esperienza della guerra consolidò in lui l’idea della fotografia come strumento di testimonianza e responsabilità sociale.
Dal punto di vista tecnico, Seymour rimase fedele all’uso di macchine a telemetro come la Leica II e III e successivamente la Contax, sfruttando le pellicole in bianco e nero ad alta sensibilità che gli consentivano di fotografare anche in condizioni di luce scarsa. Il suo stile si caratterizzava per l’uso sapiente della profondità di campo ridotta, che isolava i soggetti dallo sfondo, e per la capacità di cogliere gesti e sguardi con grande naturalezza.
Dopo la guerra, Seymour tornò in Europa e nel 1947 fu tra i fondatori di Magnum Photos, agenzia che rivoluzionò il fotogiornalismo mondiale. All’interno di Magnum, Chim si distinse come fotografo di reportage sociali e umanitari, collaborando con organizzazioni internazionali come l’UNESCO. Uno dei suoi lavori più noti fu il progetto commissionato dall’UNICEF nel 1948 per documentare la condizione dei bambini europei dopo la guerra. Le immagini che ne derivarono, intense e commoventi, divennero un simbolo della ricostruzione e della speranza.
Il suo stile era profondamente diverso da quello più drammatico e d’azione di Robert Capa. Chim preferiva un approccio silenzioso e osservativo, basato sulla relazione empatica con i soggetti. Questo non significava mancanza di intensità: le sue fotografie trasmettevano emozioni profonde attraverso sguardi e dettagli apparentemente semplici, ma di grande potenza evocativa.
Negli anni Cinquanta, Seymour continuò a viaggiare e a documentare situazioni internazionali, dai conflitti politici alle condizioni sociali. Collaborò con le principali riviste dell’epoca, tra cui Life e Paris Match, contribuendo a definire lo standard del fotogiornalismo umanista del dopoguerra.
Opere principali
Il corpus delle opere di David Seymour è ampio, ma può essere sintetizzato in alcuni progetti fondamentali che hanno segnato la storia della fotografia.
La documentazione della Guerra civile spagnola costituisce una delle sue prime prove di rilievo. Le immagini realizzate tra il 1936 e il 1939 mostrano non solo la realtà dei combattimenti, ma soprattutto la vita dei civili travolti dal conflitto. In questo si distinse dai colleghi più concentrati sull’azione bellica: Chim mise al centro i bambini affamati, le madri disperate, i rifugiati.
Il reportage realizzato per l’UNICEF nel 1948 è forse la sua opera più celebre. Seymour percorse diversi Paesi europei devastati dalla guerra – tra cui Italia, Germania e Grecia – documentando le condizioni di vita dei bambini orfani e dei rifugiati. Le sue immagini divennero strumenti di sensibilizzazione internazionale e contribuirono a stimolare la solidarietà verso le vittime del conflitto.
Altro lavoro di grande rilievo fu la sua attività di ritrattista. Chim fotografò numerosi personaggi della cultura e della politica, tra cui Pablo Picasso, Henri Matisse, Ingrid Bergman e altre figure del mondo intellettuale europeo. In questi ritratti emergeva la sua capacità di instaurare un rapporto personale con il soggetto, traducendo in immagine non solo l’aspetto esteriore, ma anche l’intimità e la psicologia.
Le sue fotografie furono raccolte e pubblicate in diversi volumi, sia postumi sia durante la sua vita. Opere come “Children of Europe” (1951) consolidarono la sua fama internazionale. Ancora oggi, le sue immagini sono esposte nelle principali collezioni, tra cui il Museum of Modern Art di New York e il Centre Pompidou di Parigi.
Ultimi anni e morte
Negli anni Cinquanta, Seymour intensificò la sua attività di reporter internazionale. Si recò in Medio Oriente per documentare la complessa situazione politica e sociale di quella regione, fotografando i rifugiati palestinesi e gli sviluppi del conflitto arabo-israeliano.
Il 1956 segnò l’ultimo capitolo della sua vita. Durante la crisi di Suez, Seymour si trovava in missione per Magnum Photos, incaricato di documentare la situazione sul campo. Il 10 novembre 1956, mentre viaggiava lungo il Canale di Suez in una zona di combattimento, la sua jeep fu colpita da colpi di mitragliatrice egiziani. Chim morì all’istante, a soli 44 anni.
La sua morte ebbe un forte impatto sulla comunità fotografica internazionale. Magnum perse uno dei suoi membri più sensibili e visionari, mentre il mondo della fotografia vide spegnersi una voce che aveva saputo raccontare la fragilità e la resilienza dell’essere umano.
Il lascito di Seymour continua a vivere attraverso le sue immagini, che rimangono testimonianze preziose di un’epoca e di una sensibilità unica.

Mi chiamo Marco Adelanti, ho 35 anni e vivo la mia vita tra due grandi passioni: la fotografia e la motocicletta. Viaggiare su due ruote mi ha insegnato a guardare il mondo con occhi più attenti, pronti a cogliere l’attimo, la luce giusta, il dettaglio che racconta una storia. Ho iniziato a fotografare per documentare i miei itinerari, ma col tempo è diventata una vera vocazione, che mi ha portato ad approfondire la storia della fotografia e a studiarne i protagonisti, gli stili e le trasformazioni tecniche. Su storiadellafotografia.com porto una prospettiva dinamica, visiva e concreta: mi piace raccontare l’evoluzione della fotografia come se fosse un viaggio, fatto di tappe, incontri e visioni. Scrivo per chi ama l’immagine come mezzo di scoperta e libertà, proprio come un lungo viaggio su strada.